Un contributo del circolo Rosa L. del Prc di Catania
Un rosario per la Sicilia. Il giorno della rivoluzione
Uno spettro si aggira per l’Europa-Lo spettro della rivoluzione. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate perché l’evento si compia. Da Pippo Baudo a Cristiano Magdi Allam.
Forse abbiamo esagerato. Per ora lo spettro passeggia per la Sicilia, a Palermo il 3 Agosto. Ciò non deve rassicurare i reazionari. Il quarantotto (1948) in Europa, cominciò proprio lì, dal monastero della Gancia, dalle parti di Piazza Marina.Gli storici diranno se questa data potrà allinearsi a quelle fauste del 4 e del 14 luglio e del 7 novembre, o se, piuttosto, non inauguri un nuovo ciclo rivoluzionario.
Se, infatti, le prime decapitavano i re e distruggevano il vecchio mondo, quelle che il 3 Agosto ci annunzia, postmoderne, sembrano volerle riattaccarle.
In ogni caso Crocetta ha messo in moto il processo, un movimento largo, mondiale, non limitato ad un solo paese. Ha chiamato “revolution day” l’evento di Palazzo Fatta. Non solo fa più fino, una cosa graziosissima direbbe un palermitano, ma costituisce una gigantesca operazione strategica. L’uso dell’inglese non solo favorisce un più ampio contagio, ma suggerisce un approccio più moderato. Non gli eccessi sanguinari della rivoluzione francese, ma un più liberale decorso secondo le false contrapposizioni ideologiche tra le due rivoluzioni. Una differenza non colta da Carlo I° Stuart mentre viene decapitato per ordine del parlamento inglese.
Ma l’area della rivoluzione è più ampia di quella guidata da Rosario, più larga e frastagliata.
Si va da “Rivoluzione siciliana” di Cateno De Luca, all’ultraleninista “Partito della Rivoluzione” ( senza partito niente rivoluzione) di Vittorio Sgarbi, al maoismo postdemocristiano della “rivoluzione culturale” di Pippo Baudo, che comunque a Crocetta si affida. Tanti rivoli che si irradiano da quell’unico fiume che ha travolto la politica, l’economia, le istituzioni: la rivoluzione che da Raffaele Lombardo è nata e si è affermata in Sicilia, e che conosce ora una pausa ed una crisi per la congiura demo plutocratica dell’UE, della Corte dei Conti, e della magistratura catanese opportunamente commissariata. Una rivoluzione certo che, come tutte, ha richiesto la rottura della legalità e che non è certo un pranzo di gala, come affermava Mao, anche se è possibile saccheggiare la ricca mensa regionale.
Ma le vere rivoluzioni criticano continuamente, interrompono in ogni istante il loro corso, ritornano su ciò che sembrava cosa compiuta, per ricominciare da capo.
E’ questo il compito storico, la missione, che l’inesorabile procedere della Storia ha imposto a Rosario Crocetta; l’assumere sulle proprie spalle la croce ed il sacrificio della rivoluzione da portare a compimento. In questa salita al Golgota, qualcuno lo spinge e lo conforta: un redattore de “il manifesto quotidiano comunista”, stanco di una rivoluzione che russa, scruta instancabile chi possa accendere la scintilla che incendierà la prateria. Un tale Giannetti vede in ferrandelli chi potrà sconfiggere la sinistra salottiera che ha bloccato i processi rivoluzionari, e garantisce ora per Crocetta guastafeste.
Ferrandelli è caduto nel ridicolo e Crocetta si è dato a pratiche e riti apotropaici, contro la iettatura. Giannetti non ha più scritto.
Comunque la rivoluzione è partita. Dalle poche notizie di cronaca, solo questo sappiamo. Eran trecento, erano giovani e forti…
A chi, preoccupato, ricordava Sapri, si mostravano le prime fila dell’assemblea. Tra tutti si ergeva un vero capo rivoluzionario, che aveva guidato, con Lombardo, la prima fase della rivoluzione: LUMIA!
Due soli quotidiani, La Sicilia e La Repubblica, hanno dato spazio all’evento.
Non avrebbero potuto ignorarlo: l’avevano propagandato, due per ciacuno, nei giorni precedenti. Ma non solo: La Sicilia di Mario Ciancio aveva, con simpatia, scandito la crescita di consensi verso Crocetta, da Briguglio a Berretta, da Raja a Bianco, da Granata a Cardinale.
Critici maliziosi hanno sostenuto che si sia trattato soltanto di inserzioni pubblicitarie a pagamento, e non di condivisione del progetto. Possibile, ma difficile da credere, senza l’esibizione delle fatture.
Chi avrebbe mai pagato?
Perchè si tratta “di una candidatura che nasce dal basso”, via web, e che è contro tutte le istituzioni.
Ed infatti, per la gioia del nostro redattore de il manifesto, Crocetta nelle istituzioni gioca a fare “il guastafeste”; ma è anche capace di un loro uso alternativo. Rivendica “i miei agganci (da eurodeputato) che non sono pochi per recuperare quei cinque miliardi e mezzo che la Sicilia rischia di dover mandare indietro” (primo punto del programma).
C’è qualcosa di molto siciliano nel linguaggio, qualcosa di nuovo anzi d’antico, che evoca cose di cui, per prudenza, è meglio tacere.
Tutti lo lodano, ma il punto di svolta è l’adesione di cristiano Magdi Allam. Secondo i latini, nomen omen: il cognome evoca il segno (diminuito) che guidò Costantino alla vittoria, il nome l’istituzione di una pratica religiosa a ricordo imperituro della vittoria di Lepanto, che chiuse, per sempre, alle porte dell’Europa. Cristiano Magdi Allam, come ricorderete, è un musulmano apostata, fanatico integralista cattolico. Quasi un accenno di una grazia divina che discende su Rosario.
Non si può trattare soltanto di una contingente simpatia. Crocetta ha rivendicato con forza la sua polimorfa identità: poeta, cattolico, comunista. Per fortuna, di recente, l’ultimo aggettivo è caduto, alleviando così il comunismo dal peso di uno dei suoi torti. In compenso il nostro ha fornito alla stampa la notizia delle sue frequentazioni domenicali, e persino il nome del suo confessore. Matteo aveva detto: “quando pregate, non fate come gli ipocriti che si mettono a pregare nelle sinagoghe o agli angoli delle strade, per farsi vedere dalla gente.
La simpatia verso di lui è universale. Solo nel suo partito, forse perché lo conoscono bene, resiste ancora un nucleo di silenzi e di mugugni. E’ questa la sorte di un autentico capo rivoluzionario. Anche Lenin era minoranza nel partito bolscevico, al suo ritorno a Pietroburgo.
Dunque un capo rivoluzionario, un nuovo principe, avanza sulla scena.
Nicolò Machiavelli ha avvertito come un principe debba fuggire lo essere sprezzato ed odiato. E’ necessario allora che i tratti del nuovo condottiero siano tali da non inquietare alcuno.
Crocetta ha la cultura politica necessaria. Non a caso ha frequentato a lungo l’area cossuttiana del Pci e certamente dalla cultura cattolica ha appreso le virtù “della dissimulazione onesta”: “una industria di non far vedere le cose come sono”.
Fortini, in un suo saggio, racconta come esista una documentazione fotografica di un congresso della terza internazionale. In una inquadratura c’è Karl Radek. In un’altra, non appena Lenin ha finito di parlare, Radek gli si volge ridendo, poi sopra le carte del tavolo lancia avanti le mani. Si possono confrontare le copie della medesima pellicola. Sulla seconda ha operato la censura di Stalin. In quanto a Radek il viso è scomparso. Non le mani, esse si agitano accanto a quelle di Lenin.
Crocetta ha operato con più nettezza sulla sua biografia su La Sicilia. Tutto il suo passato è cancellato, la lunga militanza nel Pci, nel Prc, nel Pdci, nel Pd, il fratello senatore del Pci. Radek è stato cancellato e ucciso dal suo avversario. Crocetta si è cancellato da se stesso per eigenza di mercato elettorale.
Nella stagione del grillismo imperante e della coazione a copiarlo, niente è più degradante dell’avere militato in un partito, per di più di sinistra. Così l’avventura di Rosario, sindaco ed eurodeputato, si colora di mistero. Deve essere avvenuta, a sua insaputa, una via di mezzo tra l’investitura della “ggente” e un adivina provvidenza che regola il corso delle cose. “Vergine di servo encomio” se non verso se stesso, e vergine anche da tutte le manovre, i conflitti, le lotte che inevitabilmente si accompagnano alla democrazia rappresentativa. Politico per partenogenesi, a lui si addice il carisma del capo, l’elezione per acclamazione.
Per costruire una tale figura occorre intrecciare due diverse tradizioni: quella anglosassone, il self made man, e quella mediterranea del Messia. L’una e l’altra le troverete nelle note autobiografiche pubblicate da La Sicilia.
In ogni caso bisogna partire dagli umili. Una volta si rivendicava la condizione operaia del padre. Ora conviene dire che le origini sono umili, umili come quelle del figlio del falegname in palestina, o del figlio del fabbro in Romagna. Avrebbe voluto farsi prete, ma è stato costretto a farsi sindaco. Infaticabile stava in Municipio financo di notte. Anche il figlio del fabbro teneva accese le luci tutta la notte a palazzo Venezia.
Al finire della farsa qualcuno spenga la luce.
(fine prima parte)
Catania 15/8/2012