9°Congresso Prc. Circolo Rosa L. Catania 18/11/2013
Documento politico approvato all’unanimità
Le ultime elezioni comunali hanno sancito una tendenza di lungo periodo: la scomparsa della sinistra politica. L’esperienza fallimentare di Rivoluzione civile si è frantumata nella contrapposizione di una falsa autonomia del politico a sostegno di Bianco e di una immaginaria autonomia del sociale (i delusi e gli indipendenti).
La prima ottiene assessori ma si svuota di militanti ed entra in crisi (SEL e PDCI),l’altra sconta la sua autoreferenzialità ma riesce comunque ad intervenire.
La scomparsa della sinistra è certo frutto delle sue politiche e della inadeguatezza dei gruppi dirigenti dei simulacri di partito, sempre più comitati elettorali.
Ma è ovvio che un tale disastro trova le sue radici nella composizione sociale della città e della regione, nella disgregazione delle classi, dall’eclissi dei nuclei di classe operaia, dal crescere del lavoro nero e precario, dalla disoccupazione non solo giovanile. E, in questa disgregazione, dal ruolo, mai represso, delle pratiche clientelari e mafiose delle classi dirigenti pronte a cambiare bandiere e punti di riferimento come mostrano la composizione delle maggioranze attorno a Bianco e Crocetta. L’una e l’altra esperienza di Governo sono caratterizzate dal totale asservimento al progetto di Confindustria Sicilia, da una spinta incontrastata alle privatizzazioni (il caso Humanitas è la cartina di tornasole), dal rilancio dell’accumulazione selvaggia attraverso l’aggressione all’ambiente e ai territori, da una redistribuzione delle risorse pubbliche a favore dei potentati economici e della grande imprenditoria, da un drastico ridimensionamento del welfare e dei trasferimenti agli enti locali. La riorganizzazione della pubblica amministrazione e del sistema sanitario obbediscono a questa logica, garantendo una continuità alle scelte avviate da Cuffaro e Lombardo. La stessa cancellazione delle Province si muove, in un contesto segnato da decisionismi di stampo neoautoritario e da campagne mediatiche neopopuliste, per fare cassa, fino a mettere in crisi i servizi essenziali nei territori. A Catania e in Sicilia si va oltre il trasformismo storico delle classi dirigenti: in questi giorni, rotto l’argine di facciata dell’appartenenza al campo di un’antimafia di comodo, con la copertura di un antiberlusconismo di maniera che tutto copre e giustifica, si procede, per esplicita ammissione del governatore e del vicepremier,alla costruzione di larghe intese con Alfano, Schifani, Firrarello e Castiglione. Lo avevamo ampiamente previsto al congresso regionale e denunciato alle elezioni regionali.
L’opposizione più radicale alle Giunte Bianco e Crocetta è condizione necessaria per unificare le molteplici esperienze che nella città e nella regione si muovono. Ma verificare significa raccogliere in una trama dal basso, non sussumere ed imporre. La costruzione di un soggetto unitario della sinistra impone oggi il rifiuto di ogni tentazione elettoralistica, ma al contrario la concretizzazione di vertenze che coinvolgano chi a questa Catania e a questa Sicilia, dalla mobilitazione contro il Muos alla lotta per l’affermazione dei beni comuni, si oppone.
La costruzione di un’Agorà dove la pluralità delle esperienze facciano tra di loro attrito è compito primario (dal Comitato viva la Costituzione all’Osservatorio sul Catania, da Catania bene comune a Catania città aperta, dal Comitato no Pua fino alle realtà dei movimenti, a cominciare da quelle degli studenti e per il lavoro). Questo percorso non esclude il partito, anzi al contrario ne esalta la funzione. Ed infatti “ i comunisti sono la parte più risoluta dei partiti operai,quella che sempre spinge avanti… Essi hanno un vantaggio sulla restante massa del proletariato per il fatto che conoscono le condizioni, l’andamento e i risultati del movimento proletario”.
Naturalmente sappiamo che il nostro partito è lontano da questo obiettivo, deve lottare,con se stesso, per avvicinarvisi. Nelle nostre condizioni è ancora più difficile.
La nostra storia parla di una continua balcanizzazione, dell’assenza di un progetto. La struttura stessa dei circoli cittadini, la mancata comunicazione tra loro, l’assenza di una discussione collettiva nella federazione non permettono la costituzione di quella massa critica di militanti che è necessaria.
Riproponiamo ancora una volta l’unificazione in un’unica realtà cittadina dell’insieme dei circoli. Una scelta che preservi le forme di intervento politico che li hanno caratterizzati (Gap, lavoro culturale, vertenze sociali e di quartiere, lavoro sindacale,…).
La costruzione di una struttura cittadina è condizione di quella ricognizione, lavoro di inchiesta che già nel passato abbiamo prodotto, della disgregazione sociale e della parziale ricomposizione dei settori proletari.
Il lavoro di inchiesta e la sua traduzione nell’organizzazione del conflitto è il programma della rifondazione comunista. Inchiesta sulle condizioni di lavoro, inchiesta sul lavoro precario e nero, inchiesta sui quartieri e sui servizi pubblici.
Impegnare i compagni in un lavoro programmato di inchiesta, anche attraverso un processo di formazione, è la condizione per uscire dal politicismo che ci opprime, e per conoscere, oltre alle strutture del potere che soffocano la città, anche e soprattutto quelli, molti più di noi, che contro di esso lottano.
Sulla base di queste valutazioni, e nel pieno convincimento che vadano saldati questione democratica, attuazione della Costituzione e conflitti sociali antiliberisti, sosteniamo il primo documento e quegli emendamenti, anche allo statuto, che meglio interpretano questo percorso.
Centineo, Cosentino,Cristaldi,Pugliese,Rappazzo