di Roberto Farneti (Liberazione del 23/09/2011)
Intervista a Piergiovanni Alleva, giurista e professore di diritto del lavoro
«Vedo che Bonanni non la pensa così. Ma anche se la corretta interpretazione di quelle cinque righe aggiunte all’accordo del 28 giugno fosse quella divulgata dalla Cgil, è comunque un’illusione ritenere che basti questo per neutralizzare l’articolo 8. Perchè la legge è più forte di qualsiasi accordo». Piergiovanni Alleva, giuslavorista e responsabile della consulta giuridica della Cgil, non condivide l’entusiasmo di Susanna Camusso dopo la formalizzazione dell’accordo tra sindacati e Confindustria su contratti e rappresentanza. E annuncia la presentazione di un referendum per togliere di mezzo la norma “salva Fiat”, inserita nella manovra economica dal ministro Sacconi. Una norma oltretutto incostituzionale, perché consente a soggetti privati – tali sono sindacati e imprese – di derogare non solo contratti nazionali ma persino leggi dello Stato.
La Cgil canta vittoria. Secondo Susanna Camusso, l’inserimento della clausola aggiuntiva che impegna tutti i firmatari, Confindustria compresa, ad «attenersi all’accordo interconfederale del 28 giugno, applicandone compiutamente le norme» sarebbe «il segnale che l’operazione del governo sull’articolo 8 non è stata condivisa dalle parti». Basta ciò per poter dire che questa bomba che minaccia le fondamenta del diritto del lavoro è stata disinnescata?
Dal punto di vista giuridico sicuramente no. Perché l’articolo 8, a parte il fatto che è incostituzionale, finché non sarà dichiarato tale o non sarà abrogato per altra via è una norma di legge. Ed è una norma che conferisce una potestà diretta ai rappresentanti aziendali dei sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale o territoriale. Tali soggetti potranno fare accordi in deroga sia ai contratti nazionali che alle precedenti leggi del lavoro. Questa potestà discendente dalla legge non può essere inibita da un accordo. E quindi se qualche sindacalista locale, malgrado l’accordo del 28 giugno, decidesse di avvalersi delle deroghe previste dall’articolo 8, avremmo al massimo una responsabilità di tipo disciplinare interno del singolo appartenente a una determinata organizzazione. Risultato: la sanzione sarebbe acqua fresca, ma intanto il contratto derogatorio resterebbe valido e i lavoratori coinvolti perderebbero il diritto. L’unica difesa che si può ipotizzare – ma è complicato – è che i lavoratori medesimi possano chiedere un risarcimento ai sindacalisti che si sono avvalsi dell’articolo 8 o al sindacato nazionale che non li ha tenuti a freno, visto che l’accordo del 28 giugno impegna tanto i vertici quanto le strutture periferiche. Ecco perché l’articolo 8 deve essere tolto di mezzo.
Tanto più che già si vedono interpretazioni diverse. Bonanni ha chiarito che, secondo lui, le parti sociali si sono semplicemente impegnate «a gestire in piena autonomia tutti i punti che lo stesso articolo 8 demanda alla volontà di sindacati e imprese». Forse le tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non verranno toccate, perché la Cisl ha già chiarito che non vuole. Ma la prima parte dell’articolo 8, ha precisato Bonanni, «rimane un fatto positivo», con riferimento alla legalizzazione retroattiva degli accordi di Pomigliano e Mirafiori.
Quella clausola aggiuntiva impegna tutti i firmatari e le rispettive strutture a tutti i livelli a rispettare l’accordo del 28 giugno, accordo che, a determinate condizioni, consente deroghe a contratti ma non a leggi nazionali. Tuttavia, quella stessa clausola non prevede l’impegno esplicito di non applicare l’articolo 8. Per cui, anche se l’interpretazione corretta di quelle cinque righe fosse quella della Cgil – e cioè “l’articolo 8 c’è ma non lo usiamo” – è chiaro che quello che sta venendo fuori è un feroce guazzabuglio. Che va gestito promuovendo un referendum abrogativo dell’articolo 8, come ci apprestiamo a fare.
Che effetti immediati può avere l’articolo 8 sui ricorsi che la Fiom ha presentato contro la Fiat?
Sicuramente li avrà. E’ probabile che nelle cause di Torino il terzo comma ci sarà giocato contro per confutare la ultrattività – che la Fiom invece sostiene – del contratto nazionale del 2008. Ma io li aspetto a pie’ fermo. Anzi, ci farebbero un favore. Perchè per noi è il modo più veloce per arrivare in Corte Costituzionale.