15 ottobre 1987. 34 anni fa veniva ucciso Thomas Sankara, presidente rivoluzionario del Burkina Faso, da colui che riteneva amico e compagno, Blaise Compaoré. Compaoré uccise Sankara perché quest’ultimo voleva combattere l’analfabetismo, educando il popolo burkinabé. Perché combatteva la povertà, gli sprechi, i privilegi. Perché faceva costruire case, scuole e ospedali per i poveri, e combatteva la desertificazione.

Thomas Sankara voleva che il suo paese fosse libero; che il Burkina Faso non pagasse il debito estero dell’epoca coloniale accumulato dalla Francia; che non fosse sottomesso a USA e NATO, contro imperialismo e neocolonialismo. Aveva rinunciato a tutti i benefici della sua carica presidenziale: al momento della morte possedeva 150 dollari, una chitarra e la casa dov’era cresciuto.

Thomas Sankara doveva morire perché non si sottometteva. Il Che Guevara africano, così lo chiamavano, era troppo scomodo, troppo buono, troppo rivoluzionario, pensava ai poveri e non a sé stesso o agli interessi dei grandi banchieri. Dopo 34 anni, finalmente l’11 ottobre di questo anno, Compaoré e i suoi co-cospiratori, responsabili dell’assassinio di Sankara e altre 12 persone, sono finalmente a processo.

Noi ricorderemo per sempre il compagno Sankara e le sue lotte per la giustizia, l’eguaglianza e la libertà.

“Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio di inventare l’avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l’avvenire.” – Thomas Sankara