di Tania Poguisch, Segreteria regionale PRC
Quello che è successo nell’ultimo mese nei paesi del Maghreb e del mondo arabo ci parla di un processo straordinario di un protagonismo generazionale di tanti giovani donne e uomini che ancora una volta ci fanno rimbalzare nella sponda Europea del Mediterraneo il forte desiderio del diritto di libertà di movimento che non è riconosciuto a questi giovani, mentre alle merci si.
In un contesto socio- politico scandito da una retorica securitaria che in Italia si è espressa nella Legge sulla Sicurezza, è senz’altro strano il lancio di solidarietà espresso dal governo Berlusconi e in particolare ci sembrano incredibili le parole del ministro Maroni sui richiedenti asilo chiamati fino a qualche giorno fa “clandestini” con cui bisognava mostrare i denti ed essere cattivi.
Ricordiamo anche il maggio 2009, periodo in cui era in atto l’iter legislativo dell’allora pacchetto sulla sicurezza che non era divenuta legge e durante il quale è stato fatto il primo reale e pubblico respingimento in mare (fino ad allora era più facile assistere agli speronamenti che non hanno risparmiato neanche quei 40 giovani che erano partiti dalla Tunisia qualche settimana fa per ricongiungersi ai familiari che vivono già in Italia, Francia e ai quali il governo di Ben Alì in accordo con quello italiano non concedeva possibilità di visti).
Un lungo elenco di tragedie e dolori, una politica violenta ed arrogante che da più di un anno non consentiva più a nessuno di raggiungere le varie sponde del Sud Mediterraneo, ad esempio la stessa Lampedusa, perché il ministro Maroni che ieri ha riempito le pagine dei giornali parlando di solidarietà ed accoglienza, aveva inviato navi da pattugliamento in Libia guidate dai militari libici pronti a mettere in campo i famosi accordi Italia-Libia. Anche l’Europa attraverso le operazioni dell’agenzia europea Frontex ha finanziato una serie di misure per far controllare le frontiere respingendo i migranti in mare e alimentando la speculazione della vendita di esseri umani spesso abbandonati nel deserto se i familiari non pagavano il riscatto. Nota la vicenda di uomini, donne e bambini trattenuti nel Sinai da trafficanti senza scrupoli e probabilmente lasciati morire perché il Viminale aveva messo in moto la macchina del controllo ferreo in mare.
E adesso quello stesso capo del Viminale sbandiera all’Italia l’intenzione di voler accogliere creando il villaggio della solidarietà in un angolo deserto della Sicilia, in una ex zona militare usata da soldati USA. Un’area che si offre a diventare un nuovo ghetto recintato e che non riconoscerà dignità umana e desiderio di libertà a tutti coloro che non necessariamente sono i richiedenti asilo, che piuttosto sono quei giovani con alti titoli di studio e formazione scesi nelle piazze del Mediterraneo arabo con una profondità di coscienza politica che lo stesso “civile ed avanzato Occidente” ha perso.
Si vuole ancora una volta mortificare la generazione di giovani donne e uomini che hanno un loro diritto di fuga e che ancora una volta le politiche securitarie travestite da un obsoleto volto umano vogliono imbrigliare nelle maglie del bieco sfruttamento. Non ci convince l’azione di governo che appoggiava i dittatori come Ben Alì e Mubarak, non ci convince questa nota di “buonismo” del governo della paura che ha costruito prima socialmente e poi ha tradotto in legge una serie di norme disumane per difendere l’Occidente dai clandestini criminali che giungevano dal mare.
I contenuti della legge sulla sicurezza sono impressionanti: si istituisce l’immigrazione clandestina come reato, si normano i respingimenti e si introducono i CIE, ex CPT, strutture che possono trattenere i migranti fino a 180 giorni, con meccanismi che possono dar vita a un cortocircuito continuo tra tribunali e gli stessi Cie e che sono sempre stati noti come luoghi un cui è sospeso il diritto.
Quali richiedenti asilo vuole trasferire nel villaggio della solidarietà il capo del Viminale? Quelli che vivono ai margini delle città come Roma o Firenze, abbandonati e mai sostenuti da un governo che non li ha “trattati” secondo il loro status giuridico violando i diritti umani?
I giovani tunisini o egiziani arrivano con i barconi perché il ministro Maroni fa finta di dimenticarsi quale legge regolamenta l’ingresso in Italia. Crediamo che tanta solidarietà deve essere impiegata creando un accesso diverso a questi giovani della posterità moderna, riconoscendo e accogliendo il loro desiderio di libertà di movimento, quella libertà che gli è stata sempre negata e che adesso gli viene riconosciuta sotto il falso intento di dargli il volto dell’asilo.
Una ennesima ambiguità della migrazione contemporanea che non vuole finalmente riconoscere quei processi di soggetivizzazione che uomini e donne si stanno conquistando in quelle piazze dell’altra sponda mediterranea e che accomunano i giovani di Parigi, Roma, Berlino o Londra. E’ il diritto al futuro e alla libertà di movimento la nuova parola per una reale democrazia. Il ministro Maroni si impegni a costruire altre politiche locali e di accoglienza e non un ennesimo villaggio dal palinsesto controllato e già visto.