Tra il 9 e il 10 gennaio 2013, all’interno dell’Ufficio di Informazione del Kurdistan nel cuore di Parigi, furono uccise a colpi di pistola tre militanti curde impegnate anche dall’esilio a costruire la pace per il loro popolo: Sakine Cansiz era tra le fondatrici del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ancora considerato un’organizzazione terrorista dalla Turchia, dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea. Fidan Dogan era impegnata a livello diplomatico in Europa nel processo di soluzione democratica della questione curda. Leyla Saylemez era una giovane militante che aveva deciso di dedicare tutto il suo tempo alle attività dei giovani. Tutte e tre avevano dovuto sperimentare l’esilio, e sono state colpite perché rappresentavano la forza delle donne nel movimento curdo.
Con la dichiarazione finale della prima conferenza delle donne del Medio Oriente si è deciso di fare del 9 gennaio la giornata contro i femminicidi politici.
La Francia collabori a fare piena luce e a individuare tutti i responsabili, materiali e politici, dell’assassinio di Sakine, Fidan e Leyla.
Ricordiamo che il PKK di Ocalan che combatte contro l’ISIS è ancora nell’elenco delle organizzazioni terroristiche per USa e Unione Europea.

Verità e giustizia per Sakine, Rojbîn e Leyla uccise a Parigi il 9 gennaio 2013
La ragion di Stato non prevalga sul rispetto della vita umana e sui diritti dei popoli
Sono passati due anni dal terribile giorno del 9 gennaio 2013, quando le attiviste curde Sakine Cansiz, Fidan Dogan (Rojbîn) e Leyla Saylemez furono assassinate a sangue freddo con una pallottola in testa, negli uffici del Centro di Informazione del Kurdistan, situato in rue La Fayette 147 a Parigi. Da quel giorno, i rappresentanti della comunità curda e i familiari delle vittime, sostenuti da molte organizzazioni e persone impegnate per la verità e la giustizia, hanno moltiplicato le iniziative e lanciato numerosi appelli alle autorità francesi per chiedere che venga fatta piena luce su questo odioso delitto politico.
Molti elementi dell’indagine, tra cui una registrazione audio e un documento scritto pubblicato su Internet un anno dopo il delitto, dimostrano che il presunto assassino, Ömer Güney, ha agito per conto dei servizi segreti turchi (MIT). Un anno dopo la divulgazione di questi elementi, coerenti con diversi altri indizi dell’indagine, l’inchiesta giudiziaria non ha proseguito di un passo. Una rogatoria internazionale inoltrata alle autorità turche da quasi un anno, rimane ancora senza risposta. Nonostante le autorità turche abbiano aperto un’inchiesta sul caso, ad oggi non hanno condiviso alcuna informazione con la giustizia francese. Inoltre, le autorità francesi sembrano restie a rimuovere il segreto militare su informazioni di intelligence che potrebbero consentire all’indagine penale di proseguire. I giudici istruttori assegnati al caso, infatti, sono ancora in attesa di una risposta alla richiesta di declassificazione avanzata lo scorso settembre.
Nonostante la personalità delle vittime e la gravità del crimine che ha sconvolto un intero popolo, né i familiari, né i rappresentanti della comunità curda sono stati ricevuti dalle autorità francesi. Del resto la Francia ha continuato il suo rapporto con la Turchia come se nulla fosse accaduto. Durante i suoi incontri successivi con l’attuale Presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan, nei mesi di gennaio, giugno e ottobre 2014, il signor Hollande non ha mai sollevato il caso del triplice omicidio. Nessuna richiesta di collaborazione con la giustizia francese, così come nessuna domanda sul coinvolgimento del MIT è stata indirizzata alla Turchia da parte delle autorità francesi.
Rispondendo alle questioni poste da deputati sull’omicidio delle tre attiviste curde, il governo francese ha sempre affermato che non può intromettersi in una causa pendente davanti alla giustizia. Ma fino a quando lo Stato francese metterà i propri interessi politici ed economici davanti alla giustizia e alla verità, i giudici non potranno andare lontano. Senza la volontà politica della Francia, senza fare alcuna pressione sulla Turchia, questo delitto politico non potrà essere risolto.

A rischio di offendere la reputazione della Francia, il paese dei delitti politici impuniti, non permetteremo che l’omicidio di Sakine, Rojbîn e Leyla sprofondi nell’oblio. Chiediamo alla Francia:
· di adoperarsi con ogni mezzo per identificare, arrestare e giudicare gli autori e i mandanti di questi omicidi politici;
· esercitare pressioni sulle autorità turche per spingerle a collaborare pienamente con la giustizia francese;
· consentire nel più breve tempo possibile la declassificazione delle informazioni richieste dai giudici inquirenti.


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