da unmondonuovo.it
1 Crisi economica e crisi del capitalismo. Come uscirne? E soprattutto: in Europa questa crisi aprirà secondo te spazi alle forze comuniste, del cambiamento e della trasformazione per una alternativa sistemica, oppure c’è il rischio di una svolta reazionaria?
La crisi capitalista che oggi viviamo, e che ha tutte le caratteristiche di una classica crisi di sovrapproduzione e sottoconsumo, è l’espressione di una crisi più profonda, strutturale e sistemica, che mette in evidenza i limiti storici del capitalismo e pone all’ordine del giorno il suo superamento rivoluzionario.
Una centralizzazione e concentrazione del capitale senza precedenti, e la finanziarizzazione dell’economia inaspriscono le contraddizioni e riducono di molto la base sociale di sostegno al sistema capitalista nella sua forma attuale. Sono oggettivamente interessati al superamento del capitalismo (e non solo del “neoliberismo”) oltre al proletariato, tutte le classi e ceti sociali antimonopolisti, come anche i popoli soggiogati dall’imperialismo. Ma la maturazione, a livello mondiale, delle condizioni oggettive necessarie alla trasformazione rivoluzionaria non trova, secondo noi, la corrispondenza necessaria a livello soggettivo. Nonostante gli importanti processi di trasformazione progressista e rivoluzionaria (come in America Latina), la tenace resistenza dei popoli alle aggressioni imperialiste (come in Asia Centrale) e gli importanti processi di riallineamento di forze a livello mondiale (che coinvolgono Cina, ma anche India, Brasile e altre “potenze emergenti”), pesano ancore le sconfitte del socialismo in URSS e paesi dell’Europa orientale. Inoltre, nonostante importanti segnali di ripresa, il movimento comunista e rivoluzionario si trova ancora molto indebolito.
Globalmente, il rapporto di forze continua ad essere favorevole all’imperialismo. Ciò non soltanto rende molto più difficile alle forze rivoluzionarie approfittare della crisi, ma c’è anche il rischio che il grande capitale e il suo potere possano approfittare della crisi (come succede adesso in Portogallo) per inasprire ancora di più l’offensiva neoliberista e colpire ancora di più le conquiste storiche dei lavoratori, per strutturare il suo sistema di potere in termini ancora più antidemocratici. Che uscita c’ è dalla crisi? Tutto dipenderà, oltre che dal pericoloso gioco delle contraddizioni interimperialiste (che tendono ad inasprirsi), dall’evoluzione della lotta di classe e dalla capacità delle forze progressiste, antimperialiste e rivoluzionarie di trovare un legame con i lavoratori e popoli dei loro paesi e di imprimere un senso chiaramente antimonopolista e anticapitalista alla sua lotta. La situazione a livello mondiale è ancora di resistenza e accumulazione di forze. L’imperialismo continua all’offensiva, ripresa in seguito alle sconfitte del sistema socialista. Però, come abbiamo rilevato al nostro 18° Congresso, grandi pericoli coesistono con grandi potenzialità. La cosa più importante è avere fiducia nelle masse e nella forza decisiva della loro lotta organizzata, e insistere con fiducia per raggiungere l’obiettivo del socialismo.
È con questa prospettiva che lottiamo in Portogallo. Ed è in questo quadro generale che inseriamo la situazione in Europa e la lotta che portiamo avanti contro l’Unione Europea del grande capitale e delle grandi potenze, per un’Europa di progresso, pace e cooperazione.
Anche in Europa, lo sviluppo della situazione dipenderà dallo sviluppo della lotta, cominciando dalla lotta ideologica, che nel nostro continente è particolarmente acuta e sofisticata nella sua dimensione antirivoluzionaria ed anticomunista. La crisi, particolarmente con l’aumento della disoccupazione e della povertà e con l’aumento dell’ingiustizia e delle disuguaglianze sociali (che continueranno anche dopo un’eventuale uscita dalla recessione), mette in risalto l’incapacità del capitalismo a dare risposta ai problemi dei lavoratori e dei popoli. Ciò apre ovviamente spazi all’azione dei comunisti e di altre forze veramente progressiste, ma esige sempre una critica senza sosta ad una certa fraseologia “antineoliberista” e “neokeynesiana” che viene contrapposta a tutte le spinte veramente trasformatrici e rivoluzionarie, per cercare di ricondurle nel letto della nebulosa socialdemocratica. Ma la crisi genera anche sentimenti di paura ed insicurezza, che possono essere sfruttati dalle forze più reazionarie. I recenti attacchi contro diritti e libertà fondamentali e particolarmente lo sviluppo del revisionismo storico anticomunista e antisovietico, come anche l’inquietante crescita del militarismo e delle aggressioni contro paesi sovrani, sono pericoli che bisogna combattere, sia a livello dell’azione ideologica che dell’azione pratica. È il risultato di questa lotta che sarà determinante.
2 Il processo di costruzione dell’Unione Europea sembra andare in crisi. Che ne pensi di questa affermazione? E qual è oggi il compito dei partiti comunisti e delle forze della sinistra anticapitalista in Europa? Quali le iniziative e le battaglie comuni?
Il PCP condivide l’idea secondo cui l’Unione Europea è in crisi, una crisi non soltanto economica, sociale, politica o istituzionale, ma più che altro strutturale. È una crisi inseparabile dalla stessa crisi del capitalismo, ma a cui si aggiunge qualcosa di più: il tentativo di creare un potere supernazionale imperialista che si contrappone all’identità e alla sovranità dei popoli, e che porta in sé il seme del suo stesso fallimento. L’indirizzo federalista, neoliberista e militarista che il Trattato (la “costituzione”) di Lisbona ha rinforzato potrà eventualmente affrettarlo. Il caso dell’Irlanda ha messo bene in mostra le contraddizioni e le fragilità che minano l’UE.
Il PCP è un partito patriottico ed internazionalista e il suo atteggiamento verso l’Unione Europea e la sua opinione sui compiti che hanno di fronte i partiti comunisti e altre forze di sinistra anticapitalista in Europa scaturisce dal modo in cui vediamo la dialettica dei nostri compiti nazionali e internazionali.
Il nostro contributo alla lotta contro l’UE dei monopoli sarà più consistente nella misura in cui riusciremo a svolgere i nostri compiti nazionali poiché non consideriamo che l’ambito nazionale sia “superato”, anzi costituisce il fondamento più solido e lo spazio primordiale per la lotta di classe e la trasformazione sociale. Consideriamo che sono compiti prioritari quelli di rafforzare il partito, consolidare il suo carattere di classe e la sua indipendenza di classe, rafforzare il suo legame alla classe operaia e alle masse. Secondo noi, lo sviluppo della lotta popolare è il fattore determinante. Pensiamo sia fondamentale per noi contribuire all’esistenza di un forte movimento sindacale di classe, unitario e combattivo. Contemporaneamente, attribuiamo la più grande importanza al rafforzamento della cooperazione e unità nell’azione tra tutti i partiti comunisti e forze della sinistra anticapitalista, ma con salvaguardia della piena indipendenza di ciascuno e – lo diciamo con franchezza, senza pretendere di dare lezioni a nessuno – respingendo forme organizzative e strutturali ispirate dall’UE.
L’azione comune nell’ambito del Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica è un aspetto della cooperazione. Ma la cooperazione tra comunisti e con i loro alleati più coerenti non può, e non deve, limitarsi all’ambito istituzionale o alle battaglie elettorali come le elezioni del 7 giugno al Parlamento Europeo. Bisogna cooperare allo sviluppo delle lotte dei lavoratori, contro l’offensiva del capitale e nella difesa dei diritti fondamentali, dei salari, degli orari di lavoro, della lotta contro la disoccupazione e il lavoro precario, contro lo smantellamento delle funzioni sociali dello Stato, per il diritto alla sanità, all’educazione, alla sicurezza sociale. La difesa delle libertà e dei diritti fondamentali e la lotta contro l’anticomunismo sono molto importanti.
È vero che a volte è difficile superare la realtà di agende molto diverse nei vari paesi e concertare azioni e campagne unitarie con obiettivi concreti e comuni sentiti dalle grandi masse. Ma dobbiamo adoperarci per riuscire: nella lotta contro il “Patto di Stabilità e Crescita” e l’intento di utilizzarlo ancora una volta per scaricare sui lavoratori i costi delle iniezioni miliardarie di capitali, con cui sono stati premiati i banchieri responsabili della crisi; nella lotta contro il Trattato di Lisbona e tutto ciò che esso comporta, in senso reazionario, antidemocratico e militarista. La lotta contro il militarismo e la guerra è un compito particolarmente urgente, specificamente la lotta per la dissoluzione della NATO.
3 Che giudizio dai delle elezioni europee e delle recenti elezioni in Portogallo e in Germania? E che giudizio dai del risultato del PCP e della CDU?
In Portogallo, le elezioni europee sono state le prime di un lungo ciclo elettorale, con le politiche il 27 settembre e le amministrative l’11 ottobre. Il PCP vi si è presentato in alleanza con il Partito Ecologico “I Verdi” in una coalizione elettorale, la Coalizione Democratica Unitaria, che ha contato anche con la partecipazione di molte migliaia di indipendenti. Il risultato più significativo delle elezioni al Parlamento Europeo è stata la clamorosa sconfitta del partito di Governo, il Partito Socialista, a causa del forte scontento generato dalla sua politica di destra. Da parte sua, la CDU ha aumentato i suoi voti e mantenuto i due deputati comunisti in un quadro di riduzione del numero di deputati assegnati al Portogallo.
Non è facile fare un bilancio globale di queste elezioni in ambito europeo. Il fatto più notevole continua ad essere l’astensione, che riflette la presa di distanza del popolo da istituzioni opache e antidemocratiche. Le forze di destra e socialdemocratiche, che in alleanza hanno dominato il Parlamento Europeo e portato avanti la costruzione europea del grande capitale, continuano ad avere un’ampia maggioranza. L’estrema destra razzista e filofascista ha fatto passi in avanti. I partiti comunisti e le altre forze della sinistra anticapitalista hanno complessivamente tenuto le loro posizioni, anche se è vero che l’assenza dei comunisti italiani costituisce una perdita considerevole, e per la quale esprimiamo ai compagni di Rifondazione Comunista e del Partito dei Comunisti Italiani la solidarietà del PCP.
Per ciò che concerne la Germania, tocca ai compagni del Partito della Sinistra e del DKP analizzare le elezioni politiche tedesche. È ovvio che l’SPD è stata penalizzata per i suoi servigi all’imperialismo tedesco nella coalizione con la Democrazia Cristiana di Merkel, e che il buon risultato della Linke, che salutiamo, riflette anch’esso degli spostamenti dovuti alla sterzata a destra della socialdemocrazia. Non crediamo però che si possano tirare dall’esperienza tedesca nè da nessun’altra, conclusioni di validità universale, e crediamo meno ancora all’idea, sollevata in Portogallo dal Blocco di Sinistra, che bisogna “ricomporre la sinistra” a spese dei comunisti e contro i partiti comunisti. Al contrario, pensiamo che i partiti comunisti abbiano un ruolo insostituibile e che la loro diluizione in uno spettro più ampio non può che nuocere alla lotta dei lavoratori e allo sviluppo del processo di trasformazione rivoluzionaria della società.
Per ciò che concerne le elezioni in Portogallo, consideriamo molto positivi i risultati del PCP e della CDU, sia per quello che sono, che per quello che rappresentano in quanto indirizzo positivo di consolidamento e aumento della loro forza elettorale.
Bisogna tenere presente che abbiamo dovuto disputare tre elezioni in soli cinque mesi, che la nostra organizzazione ha dovuto fare grandi sforzi, che la differenza di mezzi è stata enorme e che la CDU è stata sistematicamente sminuita e discriminata dai media, che hanno gonfiato un’insopportabile bipolarizzazione tra PS e PSD (il più grande partito della destra) e che hanno favorito con sfacciataggine le forze politiche che potevano contendere il nostro spazio elettorale, come ad esempio il Blocco di Sinistra. La lotta ideologica che è stata imposta al PCP, presentato come qualcosa di “eccezionale” nel panorama politico europeo e come un “bersaglio da colpire”, è stata e continuerà ad essere molto pressante. Alle elezioni politiche, in cui abbiamo aumentato il numero di voti ed eletto un deputato in più, la CDU è stata bollata come il grande “sconfitto”. Alle amministrative, la perdita da parte della CDU della città di Beja, un municipio emblematico in cui vinceva dal 25 aprile [1974], è stata anch’essa presentata come una “sconfitta storica” omettendo il fatto che la CDU ha aumentato il numero di voti e ha perso soltanto a causa della confluenza e trasferimento di voti dalla destra sul PS. In questo contesto e nonostante i risultati meno positivi alle amministrative, valorizziamo molto i risultati raggiunti dalla CDU, che è stata e continua ad essere la grande forza della sinistra, con profonde radici nel popolo e forti posizioni nelle autonomie democratiche. Continuiamo ad avere la maggioranza in 28 municipi, abbiamo eletto più di 3500 candidati e siamo la prima forza nell’area metropolitana di Lisbona. Tutto questo in un quadro di forte bipolarizzazione.
4 La Socialdemocrazia è in crisi in tutta Europa. Ed anche in Portogallo ha perso la maggioranza assoluta. Che giudizio date sulla socialdemocrazia in Europa ed in Portogallo, e che rapporto avete voi con il PS?
La crisi della socialdemocrazia è il risultato della sua deriva verso la destra, deriva che si è accentuata con le sconfitte del socialismo e l’indebolimento del movimento comunista internazionale. Il suo ruolo storico nella collaborazione di classe e nella contenzione del movimento rivoluzionario è stato messo ancora più in evidenza. Praticamente tutti i partiti socialisti e socialdemocratici, particolarmente in Europa, si sono non soltanto arresi al neoliberismo, sono diventati essi stessi una colonna portante dell’imperialismo. Il fatto che all’Internazionale Socialista, per delle ragioni su cui non ci dilungheremo qui, accanto a partiti interamente servili al grande capitale, partecipino partiti e movimenti con orientamento progressista e persino antimperialista (e coi quali il PCP ha sempre avuto rapporti amichevoli), non cambia per niente questa realtà.
In Portogallo, che ha vissuto una profonda rivoluzione sociale, il ruolo del PS è sempre stato quello di fare nella società capitalista tutto ciò che la stessa destra non era un grado di fare perchè gli mancava base sociale di sostegno. La storia del Dr.  Mário Soares è, in questo ambito, paradigmatica. E per quanto concerne la situazione attuale, il PS che 4 anni fa ottenne un grande sostegno elettorale per sconfiggere la destra (il partito di quello stesso Dr. Durão Barroso, che è stato appena rieletto Presidente della Commissione Europea), ha utilizzato la sua maggioranza assoluta per fare al governo la politica del grande capitale, scatenando contro i lavoratori e i loro diritti la più grande offensiva dal 25 Aprile [1974] e aumentando ancora di più la sottomissione del Portogallo ai dettami dell’Unione Europea e dell’imperialismo USA.
Questa politica ha sollevato una fortissima resistenza popolare, e il PS ha subito una grande sconfitta nelle elezioni europee del 7 giugno. Anche se è riuscito ad essere il partito più votato alle politiche del 27 settembre, e José Sócrates è stato chiamato a formare il governo, ha perso la maggioranza assoluta e sarà costretto a fare un governo di minoranza.
5 Con la vittoria del PS inizia una nuova stagione di opposizione e lotta, per una politica di “rottura e cambiamento”. Quali sono le battaglie che intendete fare e su quali temi caratterizzerete la vostra battaglia politica nel paese?
La nostra parola d’ordine di “rottura e cambiamento” corrisponde ad un contenuto concreto di grande spessore. Esprime la convinzione profonda del PCP secondo cui i gravissimi problemi dei lavoratori, del popolo e del paese – che precedono lo scoppio della crisi capitalista ma che questa ha esacerbato – possono essere risolti soltanto tramite una rottura con i 33 anni di politiche di destra, di restauro del potere dei monopoli e dell’imperialismo e con un cambiamento patriottico e di sinistra che richiede la (ri)nazionalizzazione del settore bancario commerciale e di altri settori chiave dell’economia, con un vero rispetto per il regime specificato nella Costituzione della Repubblica (nel cui preambolo viene ancora definito come obiettivo il socialismo) che contiene tutta una piattaforma economica e sociale profondamente progressista. Nessuna circostanza ci farà abbandonare quest’ obiettivo di “rottura e cambiamento”, e qualsiasi piattaforma di intesa politica dovrà partire da questa realtà. Allo stesso tempo ci battiamo per misure concrete immediate che permettano di affrontare i problemi più urgenti che si pongono ai lavoratori ed ai ceti meno abbienti della popolazione. Perciò, proprio all’apertura della nuova legislatura, il 15 ottobre scorso, il Gruppo Parlamentare del PCP ha presentato (è stato il primo a farlo) un insieme articolato di disegni di legge, così mettendo in atto quanto previsto nel suo programma elettorale.
Abbiamo presentato in Parlamento disegni di legge che sono bandiere di lotta nelle strade. L’indirizzo fondamentale dell’azione del PCP è di essere laddove vivono e lottano i lavoratori e di stimolare ed appoggiare le loro lotte. Innanzitutto sui luoghi di lavoro, laddove si trova il nocciolo del conflitto capitale/lavoro. Ma anche altrove, presso le popolazioni, gli agricoltori, i pescatori, i piccoli e medi imprenditori, le donne, i giovani, i pensionati, ed altri ceti popolari. Ci sono settori professionali – come i professori e gli statali – che hanno delle rivendicazioni molto sentite e che andranno in lotta per soddisfarle. È dovere dei comunisti esserci ed agire per rafforzare le strutture unitarie del movimento popolare e innanzitutto del movimento sindacale di classe. Oggi, come ai tempi difficili che precedettero la nostra rivoluzione liberatrice del 25 Aprile 1974, “la lotta di massa è il motore della rivoluzione”. È’ da qui che partiamo verso eventuali convergenze ed alleanze politiche, che in questo momento non si intravvedono all’orizzonte ma che il PCP persegue con coerenza, purchè queste siano basate sulla rottura e il cambiamento che il paese richiede e non su una fraseologia “di sinistra” vaga e illusoria che cerca soltanto di mascherare un adeguamento allo stato di cose esistente.