Con la morte di Gabriele Centineo abbiamo perso un compagno ed un amico carissimo, dolce e determinato.Rifondazione comunista ha perso un dirigente di vasta e complessa cultura, capace di grande connessione sentimentale con le compagne e i compagni, con i Giovani comunisti. La democrazia costituzionale italiana ha perso una autorevole soggettività, portatrice di una quotidiana, paziente ma puntigliosa e non mediabile radicalità democratica.Il suo complesso itinerario culturale e politico affonda le radici nell’impianto della sinistra socialista, di Raniero Panzieri, da Gabriele amatissimo. Di Panzieri, in tutta la sua lunga e coerente militanza, Gabriele ha sempre coltivato e praticato due caratteristiche principali, metafora di una contraddizione solo apparente: attenzione estrema verso le innovazioni teoriche e politiche, grande curiosità nei confronti delle esperienze e dei movimenti di lotta, dell’autogestione, del mutualismo, in una concezione della militanza molto progettuale, aperta, inclusiva.Ma senza cedere mai alla doppia deriva dell’”autonomia del sociale” contrapposta all’”autonomia del politico”. Gabriele ha saputo, infatti, essere insieme uomo di movimento e uomo di partito. Fondatore del Pdup e poi di Democrazia Proletaria, che lo ha visto fondatore e costruttore, sempre critico, mai ingabbiato nel realismo politico. Ma sempre comunque uomo di partito. Questa ricchezza ha portato in Rifondazione Comunista di cui oggi era segretario provinciale nella sua Catania.Gabriele non è stato soltanto un grande militante di partito. Ha creduto, lottato, nella Cgil per tutta la vita. Anzi la Cgil è stata la sua vita. Proprio questo affetto lo portava alla critica verso le linee che non condivideva e la sua scientificità lo portava ad organizzare l’opposizione nel sindacato. È perchè il suo punto di riferimento non era l’apparato, erano i vissuti, i bisogni, le ansie, le pulsioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Non è possibile, infine, per noi, che da lui abbiamo tanto imparato, come capacità di inchiesta e di analisi strutturale, dimenticare il suo impegno antimafia. Per Gabriele la mafia non era un gruppo di terroristi sparatori folli, pizzini e folklore, nicchia di arretratezza, come il potere ha voluto e vuole far credere. Gabriele ha studiato la mafia come intreccio con l’economia, l’amministrazione, la politica, come processo di valorizzazione del capitale, segmento della moderna accumulazione capitalistica. Il dossier che stilò, insieme ad altri compagni, sui “Cavalieri del lavoro” di Catania, sulle connessioni fra Confindustria e mafia, è un esempio controcorrente di grande lucidità ed efficacia.Gabriele ha amato molto Bloch, il comunista eretico, il comunista dell’utopia come orizzonte quotidiano, non sogno massimalistico ed idealistico, ma fattore materiale di democrazia progressiva e di rivoluzione.Gabriele, infatti, come tutte e tutti noi, pensava che c’è proprio tanto bisogno di rivoluzione.In questo momento del dolore, un caro abbraccio ad Emma, con-sorte di una vita, alle figlie Maria Carla e Paola, a tutti i compagni e alle compagne che in queste ore, a Catania e non solo, stanno piangendo la morte di Gabriele. Ciao Gabriele, la terra ti sia lieve.
Giovanni Russo Spena
Paolo Ferrero
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Il comunicato stampa di Maurizio Acerbo e Paolo Ferrero
Il ricordo di Domenico Stimolo sul sito dell’ANPI Sicilia
L’ultimo articolo di Gabriele su questo sito
L’articolo in ricordo su Meridio News
Il ricordo di Antonia Cosentino
Il post di Alfio Nicotra