RECENSIONE / “La scuola è di tutti” di Girolamo De Michele

di Luigi Saragnese – pubblicata su “Su la testa” Gennaio 2011

«La saldatura tra i baroni e una parte degli studenti è l`elemento più anomalo della protesta – osserva il ministro -. Chi gode di privilegi non vuole il cambiamento perché la riforma introduce elementi di trasparenza che limiterebbero il potere dei baroni. Evidentemente chi non vuole il cambiamento riesce anche a strumentalizzare i ragazzi». (1)
Non so se queste parole pronunciate dalla Gelmini il 25 Novembre, durante il dibattito alla Camera sul DDL sull’Università, possono essere catalogate fra le bugie o, piuttosto, fra le stronzate (bullshit) come fa Girolamo De Michele  ne La scuola è di tutti (Minimum fax, € 15), per definire, citando Frankfurt, “quel tipo di affermazione talmente distante dalla verità da non essere neppure falsa (perché anche una bugia ha a che fare, quantomeno per negazione, con la verità)”.
La scuola è di tutti passa in rassegna con straordinaria meticolosità e precisione una lunghissima sequenza di bugie e di stronzate che hanno segnato e stravolto il dibattito pubblico sui temi della scuola e dell’istruzione nel nostro paese da ormai troppi anni. Ne sono responsabili ministri e uomini politici con responsabilità istituzionali, giornalisti, uomini pubblici che godono la fama di “autorevoli”, attraverso l’uso disinvolto dei grandi mezzi di comunicazione di massa, così che “quello che fino a ieri era chiacchiericcio privato, oggi è diventato un discorso pubblico”.
Ed è davvero lunga la galleria  dei tanti che nel nostro paese passano per essere “esperti” di scuola e che De Michele passa in rassegna: si va dalla coppia Tremonti-Gelmini “C’è un numero da togliere (…) Il numero da togliere è il numero 1968” (Tremonti), “in quarant’anni di dominio ideologico della sinistra, la scuola ha perso il senso della sua missione” (Gelmini), a Galli della Loggia  e alla sua definizione della scuola come “ una macchina senz’anima”, ad Angelo Panebianco che dalle colonne del Corriere della Sera del settembre 2008 sostiene che “ l’abolizione del maestro unico fu dettata esclusivamente da ragioni sindacali” portando a  dimostrazione  della sua tesi non fatti ( i dati dello stesso MIUR denunciano una diminuzione di 20.000 unità nel periodo 1989/90 – 2007/08 nella sola scuola elementare)…ma una citazione di un suo articolo di vent’anni prima; passando per Max Bruschi, consigliere del ministro e presidente della “cabina di regia” che esalta  il ritorno al passato “in cui i risultati di apprendimento erano decisamente superiori rispetto al presente”; Paola Mastrocola con il suo vagheggiare con toni patetico-sentimentali  la scuola del passato e della tradizione, fino arrivare a Mario Giordano ed alle sue presunte analisi sui “disastri della scuola”.
De Michele compie qui davvero un’opera meritoria nell’indagare di quanto pressapochismo, chiacchiericcio da bar dello sport, rimasticature  e distorsioni , di vera e propria ignoranza sono infarciti i dibattiti pubblici sulla scuola: realmente gustoso, proprio nelle prime pagine del libro, è  il “surreale dibattito” tra il ministro Zaia e Gelmini sull’introduzione a scuola dello studio del dialetto veneto , tra Zaia “che cita Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar credendolo l’autobiografia dell’imperatore Adriano”  e Gelmini che “risponde con un italiano da matita rossa” tanti sono gli errori di cui è infarcita  lettera di risposta del Ministro.
Ma la polemica, la confutazione, culturale prima ancora che politica, di quanto si è andato scrivendo e dibattendo sulla scuola in questi anni, senza quasi mai dare la parola a quanti la scuola la fanno tutti i giorni, rappresenta solo una parte, sicuramente la più divertente del bel libro di De Michele. Ancor più interessanti sono i capitoli in cui l’autore compie uno sforzo davvero notevole di raccolta di dati, documenti, informazioni e di analisi su alcuni temi cruciali , che nel rispondere ad interrogativi di stretta attualità  disegnano anche una ipotesi se non un modello di “ scuola che vogliamo”, come scuola democratica, egualitaria e di massa, alternativa non solo a quella presente della Gelmini, ma anche a quella filo industriale della Fondazione Agnelli o a quella del centro sinistra che fa suoi i valori del mercato e dell’impresa. La sua è una appassionata, ma non acritica difesa della scuola e della sua funzione, di chi ci lavora e dell’insegnamento come mestiere, non come “missione”
Prendiamo la questione della valutazione degli apprendimenti degli allievi  o quella analoga della valutazione del “merito degli insegnanti. De Michele cita  Tremonti : “Il ‘68 ha portato via i voti sostituendoli con i giudizi. I numeri sono una cosa. I giudizi sono una cosa diversa. I numeri sono una cosa precisa, i giudizi sono spesso confusi. Ci sarà del resto una ragione perché tutti i fenomeni significativi sono misurati con i numeri. Un terremoto è misurato con i numeri della scala Mercalli o Richter. Il moto marino è misurato in base alla scala numerica della «forza», la pendenza di una parete di montagna in base ai «gradi», la temperatura del corpo umano ancora in base ai «gradi». La mente umana è semplice e risponde a stimoli semplici. I numeri sono insieme precisi e semplici. Il messaggio che trasmettono è un messaggio diretto. Se gli stessi fenomeni – terremoto, moto marino, pendenza, temperatura corporea – fossero espressi non con numeri ma attraverso frasi complesse con finalità descrittive, il messaggio resterebbe impreciso. E’ esattamente quello che accade nei due segmenti di base e perciò fondamentali della nostra scuola, quello elementare e quello medio. Qui non ci sono più i numeri perché al loro posto sono stati inventati i giudizi. Tra numeri e giudizi c’è una differenza profonda. Ogni valutazione deve mettere capo a una classifica. Questa è la logica della valutazione. Se non c’è una classifica, non c’è neanche una reale valutazione.”
In queste parole è riassunta la filosofia che ha ispirato una vera e propria ossessione per la misurazione, base delle campagne gelminiane che hanno portato all’eliminazione dei giudizi, sostituiti dai voti nella scuola elementare e media, alla sacralizzazione dei risultati delle indagini OCSE-PISA, alla generalizzazione dei test Invalsi per “misurare oggettivamente“ gli apprendimenti degli allievi, a lanciare, come avviene proprio in queste settimane,  la valutazione del “merito” degli insegnanti, una pasticciata ed improvvisata sperimentazione in alcune scuole di Torino e Napoli che dovrebbe portare a Marzo –Aprile del prossimo anno a distribuire ad una manciata di “bravi” insegnanti una mensilità in più.
Accade dunque, spiega De Michele, che prima si ammetta che solo certi aspetti della didattica siano misurabili, poi che quegli aspetti misurabili  “devono essere misurati”: è  così che quella parte della didattica che viene misurata diventi la didattica, ed infine tutta la didattica “escludendo tutto ciò che non può essere ridotto a numero”.
Quando poi i numeri non tornano perché contraddicono quelli OCSE-PISA, come è accaduto sui risultati di apprendimento degli studenti, che davano migliori risultati  per quelli del Sud rispetto ai loro coetanei del Nord, ecco allora che si provvede a correggerli degli effetti dei “comportamenti opportunistici”. Riassumendo: “le rilevazioni internazionali non necessariamente rispecchiano né sono in grado di cogliere i particolari profili della scuola italiana, ma le rilevazioni nazionali hanno (validità misuratoria) solo se rispecchiano quelle internazionali. Insomma, se gli studenti meridionali sono peggiori vale, se sono migliori non vale.”
La scuola indagata da La scuola è di tutti è la scuola di una società  che tende a rinchiudersi e a negare il mondo esterno, a preferire un “di più” di sicurezza in cambio di minore libertà. Per questo  riemergono  teorie pedagogiche disciplinari e autoritarie, di cui i voti e il grembiulino sono la metafora; è la società nella quale  i reality “educano a  nominare, cioè a discriminare ed escludere, e insegnano che l’unico modo per stare insieme è in una classifica nella quale uno vince, e gli altri perdono”.
Contro tutto questo, diciamo con De Michele, la scuola resiste.
Recensione di Benedetta Tobagi
audio  della presentazione del libro a bologna