Cambiare è necessario.
La Sicilia che va ad elezioni regionali anticipate conosce il massimo degrado delle sue istituzioni, il saccheggio delle sue risorse, la devastazione delle sue coste, del territorio della società e della politica.
Quasi un terzo dei deputati all’ARS è indagato, il Presidente Lombardo, inquisito per mafia nel procedimento Iblis, mai raggiunto da una mozione di sfiducia, annunciata ma subito ritirata dal suo principale alleato, il PD, si dimette mantenendo tutti i suoi poteri. Centinaia di consulenti e di consiglieri d’amministrazione vengono nominati rafforzando così le sue ramificazioni clientelari.
Lombardo è solo l’ultimo dei presidenti legati organicamente alla mafia. Da Portella delle Ginestre a Nicolosi e a Cuffaro. Tutti hanno governato in funzione diretta degli interessi del blocco di potere economico-mafioso che domina l’isola. Borghesia mafiosa l’abbiamo chiamata.
La loro capacità di governo, quella di Lombardo in particolare, si è fondata sulla sostanziale subalternità di tutte le forze politiche ad una idea di blocco interclassista, sicilianista, articolato in mille ramificazioni clientelari e corporative, garantito dal controllo e dalla gestione delle risorse pubbliche su cui si fonda l’alleanza tra ceti politici isolani e governi nazionali. L’incapacità di una qualsiasi progettualità spiega il mancato utilizzo e spesso lo spreco dei cospicui finanziamenti europei.
L’autonomismo straccione, il ribellismo ed il servilismo assieme, quale leva di ricatto e contrattazione con chi, a Roma, comanda.
Lombardo ha precorso i tempi, assai prima di Monti la Sicilia ha conosciuto un “governo tecnico” forte dell’appoggio decisivo del PD, dell’UDC, di un settore del PDL (Miccichè), dell’intervento diretto della Confindustria isolana (Venturi, Vecchio) e del silenzio dei sindacati.
Si è così del tutto dissolta la speranza di chi aveva puntato su una sia pur blanda volontà riformatrice del centrosinistra e con esso l’opposizione istituzionale. Le manovre economiche di Lombardo e di Monti hanno aggravato la situazione già disperata dell’isola (tagli alla sanità ed alla scuola, riforma delle pensioni, art. 18…). Ora tutti quelli che hanno sostenuto fino alla fine Lombardo minacciano rivoluzioni e dicono che bisogna cambiare, almeno i volti. Perfino la Confindustria vorrebbe facce nuove.
Cambiare almeno gli uomini, purchè siano onesti, tutti vanno bene.
E così Crocetta fa la sua “rivoluzione della dignità” riempiendo le liste di uomini di Lombardo e di almeno uno degli assessori della giunta precedente. Nello stesso tempo si dichiara aperto, dopo le elezioni, ad una intesa con gli uomini dell’altro raggruppamento di lombardiani, raccolto intorno a Miccichè. Marciare divisi, colpire uniti. Crocetta, impavido, vuole essere il Monti della Sicilia. Lo ha dichiarato.
Certo gli uomini vanno cambiati ma essi sono soltanto l’espressione, i pupi, di politiche che li trascendono. Politiche che tutti dal PD all’UDC, da Musumeci a Miccichè hanno condiviso.
Sono queste politiche che vanno sconfitte, per farlo bisogna partire dai bisogni, dai desideri che gli uomini e le donne di Sicilia hanno espresso, dalle lotte degli oppressi, degli sfruttati, degli umiliati ed offesi, dai lavoratori, dai disoccupati, dai precari.
Cambiare è possibile.
Nel vuoto delle istituzioni regionali sono cresciuti nell’isola movimenti di opposizione ricchi della critica dell’esistente e della capacità di proposta.
Dalle lotte vittoriose nel referendum per l’acqua bene comune, a quelle contro i rigassificatori ed i termovalorizzatori, contro le trivellazioni in val di Noto, alle lotte operaie contro lo smantellamento dell’apparato industriale (Termini e non solo), alle manifestazioni contro il ponte di Messina, a quella contro il MUOS di Niscemi e per la smilitarizzazione di Sigonella.
Ed ancora le lotte di studenti e di docenti (precari e non) contro il degrado (fisico e non) delle scuole e dell’Università e contro l’uso capitalistico dell’istruzione. Da tutto questo viene una spinta al cambiamento che chiede unità e capacità di incidere sul governo della Regione. In alcuni casi l’unità ha permesso la sconfitta di quel blocco di potere; in modi diversi Palermo e Palagonia hanno indicato una via da perseguire.
La lista unitaria della sinistra (PRC-PdCI-Verdi-SEL) che abbiamo contribuito a costruire, e la più ampia coalizione intorno a Claudio Fava prima, e ora a Giovanna Marano indicano che anche nelle istituzione, all’ARS, è possibile portare la volontà e la forza del cambiamento. In ogni caso è in campo con noi una sinistra nuova, alternativa, di classe.
Le piaghe della Sicilia
L’isola mostra assieme i disastri di una vecchia industrializzazione priva di controlli (da Gela a Priolo a Milazzo) e della sua crisi. A quei territori devastati, agli uomini ed alle donne avvelenate, alle falde acquifere inquinate, si vogliono sovrapporre altre e più pesanti localizzazioni (dai rigassificatori alle trivellazioni delle coste volute dal sindaco di Pozzallo). A tutto questo si accompagna lo smantellamento di imprese (Termini), la crescita della disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, e del lavoro nero.
Nelle campagne, alla crisi agricola si accompagna la crescita del caporalato verso i migranti e l’estendersi di un mercato del lavoro caratterizzato dalla illegalità e dalla marginalità. Ritorna il fenomeno dell’evasione scolastica favorito dal degrado della istituzioni scolastiche, vecchi edifici non a norma, rischio sismico, chiusura ed accorpamento di scuola, progressiva estinzione del tempo pieno ed assieme l’assenza di politiche di diritto allo studio (dall’asilo all’università) i tagli di Monti e lo scandalo della istruzione professionale assolutamente gigantesca e priva di qualsiasi relazione con le qualifiche richieste dal mercato del lavoro, autore del disastro il Prof. Centorrino, vicino al PD, di fama immortale per aver consigliato ai siciliani l’astensione dalla lettura di Sciascia, Pirandello, Camilleri per la visione troppo pessimistica della Sicilia che dalle loro pagine poteva trarsi. In quei giorni infatti si apriva l’età dell’oro della presidenza Lombardo. L’insieme di tutte queste politiche fa sì che alla deindustrializzazione dell’isola si accompagni un vero e proprio processo di descolarizzazione.
Le stesse considerazioni valgono per la sanità. Lombardo e Russo hanno messo in discussione, ancor più di prima, la sanità pubblica con una nuova e più forte espansione della sanità privata, rafforzando nel contempo il controllo delle strutture pubbliche con uomini di fiducia. Uomini di Lombardo al posto di quelli di Cuffaro.
Così l’isola priva delle infrastrutture necessarie (Ponti, Ferrovie, Trasporti) vede i suoi territori soggetti ad una crescente devastazione abientale. E vede con la crisi delle ferrovie, degli aeroporti, dei porti, allontanarsi sempre più il “continente” e le coste sud del mediterraneo. Il moltiplicarsi di ipermercati e di out-let, mentre distruggono il piccolo commercio.
costruiscono le condizioni di una società alienata. Non a caso, consumo di territorio e speculazione edilizia in questo, come in molti altri casi, rappresentano uno dei vettori principali per il riciclaggio dei capitali mafiosi. Anche la grande distribuzione è in crisi con effetti disastrosi per l’occupazione. Consumo di territorio e devastazione edilizia soprattutto abusiva determinano il periodico devastante ripetersi di alluvioni, frane, smottamenti.
Le coste sono degradate (porti turistici, etc.) e si prevede di affidare il demanio marittimo a società private per un ulteriore rovina. Nello stesso tempo, l’isola già pattumiera di produzioni inquinanti, viene investita da progetti di prospezioni petrolifere in mare.
Su tutto incombe la militarizzazione NATO: da Sigonella a Trapani Birgi, al MUOS di Niscemi al porto di Messina adibito a pattumiera delle navi militari da rottamare.
Per la pace nel Mediterraneo
Smilitarizzare Sigonella, no MUOS.
La difesa del territorio e delle sue coste, la smilitarizzazione dell’isola per una politica di pace nel mediterraneo denuclearizzato, è parte fondamentale del programma del PRC. D’altra parte la cancellazione del MUOS e la smilitarizzazione di Sigonella è condizione ineludibile dello sviluppo aeroportuale in Sicilia adeguato alla collocazione geopolitica dell’isola. Le radiazioni del radar di Niscemi (MUOS) mentre dirigono bombardierie e droni da Tripoli a Kabul impediscono l’uso delle strumentazioni elettroniche del volo aereo da Fontanarossa all’aeroporto di Comiso.
Cittadinanza ai migranti
Ma non basta disarmare. Una politica di pace richiede una regione che rispetti i migranti, che si ponga contro i respingimenti in mare, che operi per la chiusura dei centri di detenzione e che costruisca le condizioni per la cittadinanza a partire dal diritto di voto e per la valorizzazione delle culture altre, per la repressione dello sfruttamento schiavistico degli stranieri.
Il lavoro prima di tutto.
Occore tenere assieme, in un programma di governo e di lotte, obiettivi che possano sembrare contraddittori ma che devono unificare le spinte di chi lavora e di chi un lavoro cerca.
La difesa dell’apparato industriale comporta assieme la trasformazione delle aziende e dei prodotti, una vera e propria riconversione industriale, e l’intervento sul territorio per il risanamento e la riconversione ambientale. Una politica di questo tipo richiede innanzitutto un sistema forte di ammortizzatori sociali, forme di cassintegrazione che critichino nei fatti la riforma Fornero.
Questi processi possono e devono impiegare e riqualificare significative forze lavoro.
La situazione di Gela, di Priolo, di Milazzo parlano da sé: tumori, malformazioni neonatali, crescita del tasso di mortalità soprattutto infantile, inquinamento dei fondali marini e delle falde freatiche. Riconversione industriale e piano energetico regionale vanno assieme. La progressiva riduzione della energia prodotta da combustibili fossili e la sua sostituzione con energie rinnovabili (eolico, solare, termovoltaico…) diffuse sotto il territorio e sotto il diretto controllo delle comunità locali propongono già un modello di nuove imprese e la crescita di nuove competenze, occorre però che la Sicilia non sia mero luogo di assemblaggio di dispositivi altrove progettati e costruiti. Esistono le competenze e gli apparati necessari.
Una prospettiva di questo tipo può permetterle di saldare lotte di fabbrica per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro con le lotte dei cittadini contro l’inquinamento.
Il ricatto occupazionale è l’ostacolo fondamentale esso può essere in parte rimosso da una azione diretta della regione.
Reddito minimo garantito
L’introduzione del reddito minimo garantito, la erogazione cioè di un salario sociale di cittadinanza privo di condizioni può, nello stesso tempo, garantire, contro il crescere della disoccupazione e lo esaurirsi del welfare familiare, condizioni minime di sopravvivenza ed un baluardo contro le pratiche padronali, con forte presenza mafiosa, di uso del lavoro nero, illegale e marginale.
Ancora può agire contro i processi di abbandono dell’istruzione superiore ed universitaria, pesantemente colpita anche dalla incostituzionale introduzione di numeri chiusi e dall’aumento vertiginoso dei costi (tasse, affitti, mense)
Contro la descolarizzazione
Un piano generale di adeguamento alle norme di sicurezza nelle scuole (numero di alunni per classi) e di ripristino delle condizioni di stabilità degli edifici permetterebbe occupazione nel settore edile. Così come tutte le politiche di riordino urbanistico e di riuso dell’enorme patrimonio edilizio abbandonato che consentono di bloccare il consumo dei suoli.
Difesa e sviluppo dell’agricoltura
Particolare attenzione va rivolta al comparto agricolo che costituisce tuttora un settore decisivo dell’economia isolana. Stanno venendo infatti a compimento gli effetti delle politiche nazionali e regionali che condannano l’agricoltura siciliana ad una crisi strisciante e forse irreversibile.
In questo quadro drammatico, resistono esperienze individuali e collettive di gestione di nuove aziende agricole, che offrono sul mercato, soprattutto d’esportazione, ma anche a “Km zero”, prodotti di qualità, ottenuti con metodo biologico, che vanno sostenute e il cui know-how va diffuso sul territorio.
Accogliendo le proposte di Altragricoltura, lanciamo alcuni obiettivi irrinunciabili:
un piano di risanamento finanziario delle aziende agricole produttive in crisi contrattandone direttamente l’attuazione con l’UE e il Governo Nazionale;
azioni forti per far recuperare ai produttori siciliani quote di valore aggiunto fin qui sottratto dai grandi operatori commerciali e della finanza;
la ridefinizione del prossimo PSR come occasione per il rilancio della funzione sociale dell’agricoltura siciliana nel rapporto con i sistemi produttivi ed economici del Mediterraneo rimettendo al centro il lavoro, la tutela del territorio ed il diritto ad un cibo sano e garantito per i cittadini siciliani;
un sistema premiale per le aziende agricole che regolarizzano la manodopera degli immigrati;
un’incisiva azione pubblica per la formazione tecnica e professionale dei giovani agricoltori e lavoratori agricoli;
una profonda ristrutturazione degli Enti ed Uffici regionali in modo da improntarne la funzione alla trasparenza ed all’efficacia riorientandoli alla capacità di garantire servizi rurali ed alle imprese all’altezza dei compiti e delle attese di una forte economia agricola come è quella siciliana.
La Sicilia bene comune
Messa in sicurezza di un territorio fragile per l’abusivismo edilizio, riconversione industriale ed ambientale, adeguamento delle strutture scolastiche, così come un diverso modello della sanità e dei beni comuni a cominciare dall’acqua e dal ciclo dei rifiuti, contro ogni privatizzazione, palese o camuffata, la Sicilia bene comune ha bisogno delle cure e della passione dei suoi cittadini e delle sue cittadine.
Oltre la delega, referendum, bilanci partecipativi
Tutto questo non può essere affidato alle sole rappresentanze istituzionali. Richiede, al contrario, l’intervento organizzato delle cittadine e dei cittadini, delle loro organizzazioni sociali, dai comitati di scopo ai sindacati, la regione così, assieme ai referendum propositivi, dovrebbe elaborare norme di indirizzo perché, a tutti i livelli, siano costruite strutture che consentano ed incentivino forme di bilancio partecipativo. Nei comuni, nelle circoscrizioni, nei consorzi di comuni…
Democratizzare la vita quotidiana
Perché la questione decisiva è ridare la parola ai cittadini e alle cittadine, democratizzare la vita quotidiana per far vivere la democrazia oltre la delega e l’autoreferenzialità degli eletti e/o la loro diretta dipendenza da quei potentati spesso occulti, che li hanno scelti. L’orrore dei loro volti ed i costi crescenti della politica derivano in prima istanza dal fatto che le istituzioni sono state espropriate della sovranità popolare anche attraverso meccanismi elettorali (maggioritari, con premi) che vogliono garantire il governo piuttosto che il controllo su chi governa e la mera gestione delle risorse piuttosto che il ruolo programmatore della regione. Riportare la democrazia nelle istituzioni significa ritornare a leggi proporzionali pure e ad una condizione degli eletti pari a quella degli elettori, stabilire una soglia (€ 3000 al mese) invalicabile per le retribuzioni, e mantenere il numero degli eletti, è elemento sufficiente, assieme alla rigorosa riforma dei meccanismi amministrativi, autonomi dal potere politico ma controllati dai rappresentanti, per scoraggiare qualsiasi tendenza al professionismo politico.
Necessaria ancora la limitazione, per legge a due mandati.
Eguaglianza/differenza
Costruire la democratizzazione della vita quotidiana impone di rimuovere quegli ostacoli di classe, di genere, di saperi che organicamente si oppongono al dispiegarsi dell’iniziativa dei cittadini e delle cittadine. La democrazia infatti si fonda sul conflitto, trasparente a se stesso, tra interessi contrapposti, desideri, bisogni, idee diverse. È l’opposto dell’unità nazionale che Monti vuole imporci. Naturalmente perché questa democrazia viva è necessario lottare per l’eguaglianza reale quale strumento della valorizzazione della differenza e delle diversità. Un conflitto che, nelle pratiche e nelle culture che agisce, rimuova tutto quello che ad esso si oppone. Ed il primo conflitto assieme e dentro quello di classe, è quello tra i generi. Esso attraversa ogni aspetto delle politiche che la regione deve affrontare e deve legare emancipazione e liberazione delle donne. La loro condizione materiale, già difficile, è stata aggravata dalle politiche antioperaie di Monti. Dalle pensione agli asili nido, dalla sanità all’assistenza, dagli orari del lavoro e della città, al lavoro di cura una montagna di disgrazie si è scaricata soprattutto sulle loro spalle. L’offensiva clericale inoltre sulla 194, sulla Legge 40, continua e si rafforza.
Uno sguardo di genere
Occorre quindi uno sguardo femminista nella elaborazione di tutte le politiche regionali. La definizione di norme per le politiche di genere per una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne. In altre regioni (Umbria) sono in atto tentativi simili.
Uno sguardo femminista sulla produzione legislativa della regione dovrebbe essere assicurato da una commissione, autonoma dal Governo, ma da esso istituzionalizzata, che attinga al patrimonio di lotte, di proposte, di conoscenze che il movimento femminista ha costruito anche in Sicilia.
Contro le discriminazioni e i pregiudizi
Assieme, nei limiti dei poteri regionali, vanno assunti, immediatamente, tutti i provvedimenti necessari contro l’omofobia e le discriminazioni di genere e di religione e/o di etnia.
Un intervento prioritario è da effettuare nel settore della salute riproduttiva, nella applicazione della legge 194, nella sperimentazione della RU86, nel superamento della legge 40.
Una scelta di civiltà impone alla regione il riconoscimento delle coppie di fatto (etero e/o omosessuali) almeno sul terreno delle politiche sociali (casa, sanità, assistenza).
A cura di Gabriele Centineo
Comitato Regionale PRC
Circolo “ROSAL” Catania