Documento N°1
Si assume integralmente le relazione del Segretario Regionale uscente Antonio Marotta
1 Lo scenario nazionale ed internazionale
La crisi mondiale morde tutti i territori e viene utilizzata dalla borghesia finanziaria e industriale per comprimere i salari e i diritti dei lavoratori, si allarga la forbice tra una quota sempre più ridotta di ricchi che divengono ogni giorno più ricchi e una larga maggioranza di popolazione che diviene sempre più povera, con un precipitare delle condizioni di vita di larga parte del ceto medio.
Occorre un nuovo modello di sviluppo fondato sulla redistribuzione dei redditi e delle opportunità tra i gruppi sociali e tra i popoli, sulla difesa e valorizzazione dell’ambiente, sul controllo e la tassazione della speculazione finanziaria, su un nuovo sistema di relazioni internazionali e la cooperazione tra i popoli, su modelli responsabili di consumo dentro un quadro eco e socio sostenibile.
Per fare tutto questo occorre un intervento dello stato nell’economia,occorre un’altra politica e un’altra Europa, occorre rimettere i cicli economici sotto il controllo pubblico e rendere le decisioni pubbliche davvero democratiche, bisogna che l’economia non sia finalizzata a soddisfare l’esigenza del massimo profitto di pochi ma i bisogni delle comunità, estendendo e concretizzando la sfera dei beni comuni: acqua, servizi, energia,informazione e conoscenza, lavoro, democrazia.
2. Il contesto socio-economico siciliano ed il blocco dominante.
La fine dell’intervento straordinario e più in generale la riduzione del ruolo pubblico nell’economia, la destrutturazione delle PP.SS. e lo smantellamento dei grandi poli pubblici e privati, hanno lasciato in eredità un tessuto industriale fragile e dipendente, disperso in pochi poli industriali e immerso nel contesto di un’economia assistita.
Il blocco dominante nel sud si è sviluppato intorno al controllo del potere politico, dei flussi di denaro, alle professioni, alla rendita edilizia e finanziaria.
Questo ceto dominante ha avuto la capacità di costruire un blocco sociale variegato che comprende vasti strati popolari.
L’intreccio tra affari, politica e criminalità, il suo costituirsi come ceto egemonico che vive sul crinale tra legalità e illegalità, bene è sintetizzato dall’espressione borghesia mafiosa.
In questo contesto il sottile strato operaio dei poli industriali sopravvissuti e delle aziende sparse sul territorio, gli agricoltori che hanno raccolto i frutti e l’eredità del grande ciclo di lotte del dopoguerra ma che vivono assediati dalle multinazionali del settore che controllano la produzione e la distribuzione su scala globale, la CGIL, la FIOM, il Sindacalismo di base, gli studenti alla ricerca di un futuro e di un senso da dare alla propria vita, la piccola borghesia intellettuale che ha trasformato il proprio disagio e le proprie aspirazioni in critica sociale e politica costituendo quello zoccolo di borghesia progressista che storicamente vota sinistra o centrosinistra, quegli imprenditori locali che vorrebbero agire in un tessuto “normale”, i giovani e le donne che percepiscono il legame tra la loro condizione svantaggiata e il sistema politico–sociale dominante,i funzionari onesti, il mondo cattolico impegnato nel sociale, la società civile che si oppone alla mafia e alla corruzione, rappresentano i soggetti di un’opposizione sociale che è nostro compito tentare di riunire in un blocco sociale progressista capace di ribaltare i rapporti di forza.
3. Gli equilibri politici ed il governo Lombardo
La riduzione dei flussi clientelari non ha posto fine al clientelismo, ma ha solo reso più feroce la lotta per il controllo e la gestione delle risorse disponibili.
Il centro destra ha assunto la rappresentanza del blocco sociale dominante conseguendo un vasto consenso elettorale.
Il governo Lombardo, nato dalla alleanza con l’Udc di Cuffaro, il Pdl di Firrarello e Alfano, ha progressivamente rotto i rapporti col centro destra, prima escludendo dal governo l’Udc e nel dicembre 2009 sancendo la rottura anche col Pdl.
Sul piano concreto il suo governo, nelle diverse versioni, ha risposto ai problemi e alle contraddizioni poste dalla crisi alle classi dominanti isolane, soprattutto nella ripartizione e nella destinazione delle risorse, con un’operazione spregiudicata: sfidando le forze politiche e sociali siciliane sul terreno della riforma sanitaria e della P.A., in un quadro complessivo di ristrutturazione dei poteri e della spesa economica.
Questo progetto, dopo la rottura col centrodestra, si è avvalso dell’appoggio del Pd e del sostegno di Confindustria Sicilia, che è entrata nella compagine governativa.
4. Gli effetti delle politiche liberiste e il fallimento di Lombardo.
Questo progetto si è scontrato anche con la crisi economica che sta acuendo drammaticamente le contraddizioni imposte alla Sicilia dallo sviluppo diseguale: chiudono impianti industriali significativi come quelli di Termini Imerese e di Carini, la Nokia a Catania, si contrae la produzione nei cantieri navali di Palermo, Trapani e Messina, come pure alla St-M e negli stabilimenti dell’Anic di Gela. Contemporaneamente, cresce la quota delle produzioni poste fuori mercato dalle politiche agricole e dagli accordi comunitari con i paesi del Nord Africa, che causano il formarsi del latifondo capitalistico, l’utilizzo schiavistico della forza lavoro migrante per colpire il salario, le tutele sociali e i diritti dei braccianti agricoli in Italia e nel meridione in particolare.
Le politiche liberiste, da Prodi a Berlusconi a Monti, hanno fatto lievitare, in misura crescente, i processi di saccheggio delle risorse e di pauperizzazione dei territori meridionali, condannando alla inazione e alla disperazione larghi settori sociali, a cominciare da quelli dei giovani e delle donne oltre che dei pensionati condannati a percepire redditi al limite della sopravvivenza.
Questa condizione è destinata ad aggravarsi ulteriormente, fino a colpire la totalità del lavoro dipendente sia pubblico che privato. Una situazione esasperata in primo luogo dalle politiche del governo Berlusconi, in particolare con le riforme Gelmini e Brunetta, con la legittimazione del lavoro precario, con le misure volte a favorire gli evasori e la formazione di fondi neri, con l’emarginazione delle parti sociali, con le collusioni comprovate con elementi della criminalità organizzata.
Il governo Monti ha proseguito con una politica di tagli al welfare e agli investimenti, di attacco ai redditi e ai diritti dei lavoratori, responsabilità da condividere, nonostante le continue schermaglie tattiche, con le forze politiche che lo sostengono, determinate a dare seguito alle scelte della UE in materia di fiscal compact, di pareggio di bilancio, di privatizzazioni .
La riforma sanitaria ha comportato il rilancio del rapporto privilegiato della Regione con le cliniche private e gli ambienti politico-affaristici che le gestiscono, la cancellazione di centinaia di posti letto e di decine di ospedali, e al contempo una penalizzazione cinica dei territori periferici e dei presidi sociosanitari. Essa è stata utilizzata per costruire un potere “bianco” dai forti connotati clientelari più consistenti e diffusi di quello creato da Totò Cuffaro, la cui caratteristica è data dalla moltiplicazione delle figure apicali, in gran parte legate all’MPA, e delle risorse a loro destinate, e dalla contemporanea contrazione della spesa per servizi e forniture anche minimi, accompagnata da una aziendalizzazione violenta dei rapporti di lavoro.
Lo stesso meccanismo e i medesimi procedimenti sono stati attivati nell’amministrazione regionale, con una moltiplicazione senza precedenti degli sprechi, delle consulenze, delle nomine, per imporre un controllo totalitario personale e delle forze del terzo polo alleate per sopperire ad una sfiducia crescente e per porre sotto controllo e ricatto i settori portanti dell’economia isolana. In continuità con la peggiore tradizione della storia della Democrazia cristiana e della borghesia mafiosa. Da questo punto di vista l’inchiesta Iblis offre in minima parte, anche se certamente significativa, l’immagine della natura e delle relazioni tra l’Mpa, le forze del terzo polo e gli ambienti conclamati della criminalità mafiosa, oltre che degli intrecci economici con l’imprenditoria dei nuovi cavalieri del lavoro.
La pretesa arrogante e avventuristica di Raffaele Lombardo di determinare, non solo la costruzione di un sistema di consenso clientelare, assistito e diffuso, financo un controllo totalitario dell’economia siciliana, ha portato a scelte scellerate di cui pagano le conseguenze larghi settori sociali e interi territori: così è stato per la Fiat di Termini Imerese con la scelta della Dr Motor, così per la privatizzazione dei trasporti navale e i collegamenti con le isole minori, così per le autorizzazioni rilasciate per la realizzazione del Muos di Niscemi, così nella gestione delle aree destinate alla raccolta dei rifiuti.
Il risultato di tutto ciò è l’appressarsi senza ritorno della Sicilia al dissesto finanziario e il peso sempre più insostenibile dell’indebitamento pubblico, senza alcun beneficio per la popolazione e senza alcuna strategia di lungo periodo, ma solo per inseguire il proprio interesse e la ricerca del consenso di questo o quel gruppo da beneficiare.
5. Il ruolo subalterno del PD.
Il Pd, dopo alcuni tentennamenti e nonostante un significativo dissenso interno, è rimasto di fatto coinvolto nel fallimento dei governi Lombardo, di cui condivide appieno la responsabilità.
Tale fallimento investe senza condizionali coloro che hanno spinto con forza per l’abbraccio consociativo e trasformista con Lombardo e l’Mpa, fino alla partecipazione spartitoria degli assetti di potere.
Non si salva neanche quella parte del Pd che, attraverso l’accordo con l’Udc e pezzi di Confindustria Sicilia, pensano di esportare in Sicilia il modello Monti, un’ipotesi di governo ispirato alla modernizzazione dell’apparato regionale, all’accelerazione spinta delle privatizzazioni, ad un rilancio dell’economia fondata sugli aiuti alle imprese contestualmente ad un allentamento dei vincoli ambientali e dei controlli. I riferimenti di questo progetto sono Monti e Marchionne.
Si pone pertanto con forza la necessità della rottura del sistema di potere e dei suoi intrecci privatistici e affaristici.
6. Il vento del cambiamento e l’antimafia
Le istanze di cambiamento che hanno dato un contributo decisivo a porre fine all’esperienza di Berlusconi si sono materializzate con forza con i movimenti referendari e con la successiva vittoria che ha sancito il rifiuto del nucleare, il diritto all’acqua pubblica e ai servizi pubblici in generale, il no al legittimo impedimento. Tutti temi di grande rilevanza politica.
In questa battaglia si è realizzata una grande convergenza di tutte le forze politiche e sociali riconducibili alla sinistra, compresa la base del Pd, i movimenti di cittadini che si sono voluti riappropriare di un protagonismo civile, un nuovo sentire che si va diffondendo tra la maggioranza dell’opinione pubblica e che sembra determinare un’inversione di rotta dopo decenni di liberismo.
Quasi contestualmente all’importante vittoria referendaria, sono arrivati i risultati nelle amministrative di Milano, Napoli, ecc.
Un’istanza di cambiamento che è emersa anche nelle recenti elezioni amministrative di Maggio in Sicilia non meno che in Italia, con le vittorie delle coalizioni di sinistra a Palermo, Barcellona e Palagonia e con gli ottimi risultati ottenuti in tanti comuni dell’isola
Il vento di cambiamento che si respira è arrivato a mettere in discussione persino il controllo mafioso in luoghi che apparivano inaccessibili. Amministrazioni e Consigli in odore di inquinamento mafioso vengono travolte sul piano elettorale, i ragazzi di Libera e delle altre associazioni contro il racket propongono un’altra economia e divengono dei modelli da emulare, persino Confindustria dopo anni di omertà e connivenze spesso gravi si dà delle regole e faticosamente cerca di farle rispettare, magistrati e forze dell’ordine non mollano l’azione di contrasto nonostante il governo Berlusconi abbia ridotto i mezzi a ciò destinati (salvo assumersi propagandisticamente il merito delle operazioni).
Oggi forse i tempi sono maturi perché ritorni d’attualità il concetto di antimafia sociale, un’antimafia che viva nelle lotte e nelle pratiche, che sia non solo istanza di legalità ma anche di giustizia sociale, perché le due cose sono strettamente incardinate l’una all’altra.
Un’antimafia che ha i suoi modelli in Placido Rizzotto, Pio la Torre, Peppino Impastato, nelle decine di quadri sindacali, di militanti socialisti e comunisti caduti sotto il fuoco della mafia, ma che guarda anche con profondo rispetto e attenzione ai tanti insegnanti e volontari che nei quartieri a rischio contrastano la cultura mafiosa, al sacrificio di Don Pino Puglisi, di magistrati, come Falcone e Borsellino, imprenditori come Libero Grassi, che hanno saputo fare della loro vita intera una testimonianza contro l’attività mafiosa e lottato per estirpare quel sottobosco, quella zona grigia tra legalità e illegalità, in cui essa prospera.
7. Politica e antipolitica e il Movimento 5 stelle
Questo generale vento di cambiamento si intreccia oggi con la paura e la rabbia per una crisi economica che pare non avere fine e che viene fatta pagare sempre agli stessi, determinando una grande possibilità di trasformazione sociale.
Queste spinte però non trovano oggi a sinistra una sponda politica.
Esiste una questione morale che da comunisti abbiamo sempre sollevato. Ma la politica ha sempre avuto questi difetti, anche in misura maggiore, ma oggi la politica è incapace di dare risposte ai bisogni dei cittadini. La crisi della politica è dovuta al sopravvento preso dai processi economici, con la loro apparente oggettività, che hanno limitato l’arco delle scelte politiche e hanno al tempo stesso progressivamente indotto allo smantellamento del ruolo del settore pubblico nell’economia e nella società.
In tale contesto la politica appare inutile, e i politici rappresentano solo un costo parassitario, ma noi ricordiamo con orgoglio la nostra storia e ricordiamo che non tutti i partiti sono uguali.
Oggi l’alternativa che si propone all’attenzione mediatica è il movimento di Beppe Grillo. Movimento complesso che intreccia rivendicazioni condivisibili, istanze di cambiamento in senso democratico della società, richiede trasparenza e onestà, ma presenta anche lati oscuri per quanto riguarda la democrazia interna, la cultura personalistica e carismatica che trasmette, le posizioni non chiare e a volte non condivisibili sui problemi del lavoro, sull’immigrazione, ecc.
Con questo movimento bisogna essere capaci di raccoglierne le sfide sul piano delle istanze positive che avanza, ma anche di sfidarlo a nostra volta a una maggiore coerenza sul piano della democrazia interna e delle posizioni circa le politiche sociali e i diritti civili.
8. Il centro destra e la minaccia del neo-centrismo.
In Sicilia il blocco sociale che ha determinato il successo del berlusconismo è ancora dominante, oggi tuttavia il centrodestra appare attraversato da numerose divisioni, frastornato da un clima nazionale da crepuscolo degli dei, indebolito perché comunque costretto a stare ai margini di quel potere essenziale per mantenere le clientele e la coesione interna.
Abbiamo la consapevolezza di doverci opporre non solo a un possibile ritorno del centro destra ma anche a una possibile vittoria elettorale neocentrista: sia nel disegno che richiama l’asse Bersani-Casini-Monti; sia nello schema che riproduce il patto di potere che, con l’esperimento Lombardo, ha devastato la società e le istituzioni.
Un disegno pericolosissimo, che, la storia è maestra indiscutibile, in passato ha favorito oggettivamente sempre gli interessi forti, a cominciare da quelli della borghesia mafiosa.
9. La Sinistra e le prossime elezioni regionali
Noi dobbiamo guardare a casa nostra, ripartire innanzi tutto da noi stessi, per contribuire a costruire una sponda politica credibile per le istanze di cambiamento e per tutte quelle forze che sono impegnate nella difesa del lavoro, della democrazia, dei beni comuni, dei diritti civili.
Per questo intanto ci impegniamo a rilanciare il progetto della federazione della sinistra,nel quadro di un più vasto processo aggregativo che veda il coinvolgimento a diverso titolo di altre forze politiche, associazioni, forze sociali, singoli cittadini, uomini e donne che credono nella necessità di ricostruire percorsi unitari della sinistra che tengano insieme la radicalità dei contenuti con la capacità di conseguire risultati reali, quelle stesse forze, quegli uomini e quelle donne che si sono sperimentate nella lotta contro il Ponte sullo stretto, nelle battaglie sindacali di questi anni, che si sono opposti allo smantellamento della costituzione, che hanno criticato il trasformismo di Lombardo e del PD, che hanno animato la campagna referendaria.
Facciamo dunque nostro l’appello, promosso da diverse personalità, intellettuali, sindacalisti, operatori socioculturali, per la costruzione di un Polo dell’alternativa che possa dar vita intanto ad una lista unitaria della sinistra e delle forze dell’alternativa.
Questa sfida, oltre ovviamente alla federazione della Sinistra, Sel, Idv, i Verdi, auspichiamo che veda partecipi il mondo dell’associazionismo, dei movimenti, dei comitati che si battono per tutelare le specificità e le ricchezze naturali dei loro territori, i movimenti in difesa dei diritti sociali e civili, degli ambientalisti e dei pacifisti che lottano contro la militarizzazione dell’isola, da Sigonella a Birgi, a Niscemi, e che possa raccogliere il sostegno delle forze sindacali che hanno agito e agiscono il conflitto sociale.
Noi certamente non escludiamo nessuno che condivida in linea generale i nostri programmi e la nostra concezione della democrazia e dell’impegno politico, ma oggi davvero su questi elementi discriminanti non sembrano esserci punti di condivisione col gruppo dirigente del PD, con la politica di questo partito,con la sua storia recente e meno recente, sul piano nazionale e regionale, tali da lasciare immaginare possibili alleanze.
La sinistra unita può avere l’ambizione di puntare a traguardi prima impensabili e conquistare il governo di una regione storicamente poco permeabile alle sue proposte ma mai come oggi attraversata da crisi e contraddizioni che rendono possibile ogni esito. In ogni caso essa deve puntare a garantire la presenza di una vera opposizione in quella assemblea regionale da cui è stata assente da oltre 5 anni, lasciando lì il campo libero ad ogni sorta di inciucio.
Non si può a questo punto fare a meno di puntare l’indice contro leggi antidemocratiche che hanno fortemente limitato, e limitano, il diritto di rappresentanza nella nostra regione, allo scopo specifico di escludere le forze scomode e garantirsi gli spazi per ogni genere di compromesso e di inciucio.
La Sicilia deve sciogliere i nodi prodotti da riforme istituzionali di tipo presidenziale ed elettorale, che negano il diritto alle minoranze di essere rappresentate all’Ars e negli enti locali. Occorre abbattere lo sbarramento del 5% che non ha riscontro in nessuna parte d’Italia e lavorare per dare vita ad una nuova stagione di civiltà, di democrazia, di partecipazione, di giustizia e legalità sociali.
10. Il candidato Presidente.
La scelta del candidato presidente della coalizione, la formazione della lista, devono ispirarsi a questi principi e non possono riprodurre modelli leaderistici e di delega, oltre che di indefinitezza programmatica.
Pertanto avvieremo, a partire dal giorno dopo il congresso e sulla base dei contenuti che sono propri di rifondazione, un confronto coi candidati già in campo, senza tuttavia escludere la possibilità di individuarne altri possibili e offrirli alla coalizione di sinistra che auspichiamo si possa formare, in modo che davvero tutti insieme ci possiamo ritrovare sul candidato o la candidata più adeguato/a a rappresentarci in questa difficile competizione.
La sfida dell’alternativa va fondata sul metodo delle pratiche di relazione, sulla ricchezza della pluralità delle culture, sulla valorizzazione del pensiero della differenza, nell’impegno a porre come centrali il diritto al lavoro e al reddito di cittadinanza, la tutela e la fruizione sociale dell’ambiente e del territorio, la proposta di un modello di crescita compatibile che privilegia le risorse locali, che punta sulle fonti energetiche naturali e rinnovabili, che antepone la questione dell’assetto geologico e della sicurezza degli edifici ad ogni altro problema, che combatte l’omofobia e sostiene i movimenti LGBTQ, che colloca la Sicilia al centro di una rete di relazioni di pace e cooperazione con i paesi del Mediterraneo, che si impegna senza indugi e opportunismi per il riconoscimento dei diritti dei migranti e il loro pieno riconoscimento quale parte integrante e fondamentale della società siciliana.
Documento approvato a maggioranza in commissione politica e approvato a larga maggioranza dalla platea congressuale.
Palermo, 7/8 Luglio 2012.