A parlare Alberto Campailla, siciliano, del movimento studentesco pisano
Intervista di Bartolo Lorefice per rifondazionecomunistasicilia.it
Alberto Campailla, 21 anni, siciliano, iscritto al terzo anno di Giurisprudenza a Pisa, è stato uno degli studenti che, nei giorni caldi della contestazione contro la Riforma Gelmini (dal 19 al 23 dicembre) ha messo in atto, insieme ad altri 7 studenti del movimento pisano, una forma radicale di protesta: lo sciopero della fame.
Alberto, quali obiettivi vi eravate prefissati di raggiungere con lo sciopero della fame?
Venivamo da due mesi di mobilitazione intensa e soprattutto di piazza e, l’indomani del 14 dicembre è stato per tutto il movimento un momento di grande riflessione sulle pratiche e gli obiettivi.
Da lì è venuta l’idea dello sciopero della fame, ovvero porre al centro della discussione l’idea che oltre le necessità e i bisogni questo movimento vuole esprimere un ‘amore e una fame di cultura, quindi rovesciando quella retorica che vede questa generazione come disinteressata e fatta di bamboccioni.
Quali risposte sono venute da parte delle istituzioni?
Nessuna. Da due anni questo movimento esercita una pressione nelle piazze e non solo.
A partire infatti dalla legge 133 passando per la nota ministreriale sulla didattica (ora DM17) fino alla legge Gelmini, abbiamo inseguito un dialogo con la classe politica che mai è arrivato.
Non solo, in questo autunno il governo e la maggioranza hanno tentato anche di criminalizzare gli studenti proprio per non entrare nel merito della riforma, e quindi parlare del precariato di cui definitivamente saranno vittime i nostri ricercatori, l’entrata dei privati nel CDA degli atenei, l’istituzione dei prestititi d’onore conseguente allo svuotamento del sistema tradizionale del Diritto allo studio universitario fondato sul reddito, o la dequalificazione della didattica e tanto altro..
Ma se a destra c’è stato il tentativo di disconoscimento e attacco verso chi come gli studenti ha espresso un dissenso e pone drammaticamente nel dibattito politico la questione dei finanziamenti alla cultura e alla ricerca italiana, nello stesso tempo il centrosinistra non riesce ad esercitare una opposizione efficace, nemmeno ci prova! Ricordo che il PD in passato faceva grandi aperture di merito su quel DDL, successivamente rientrate.
L’unico elemento di interlocuzione avuto con le istituzioni è stato l’incontro con Napolitano del 22 dicembre, che ha mostrato una grande sensibilità alle nostre questioni e consapevolezza che gli studenti non possono essere trattati come un elemento folkloristico, ma vanno ascoltati sempre perchè continuamente si decide il futuro di una intera generazione.
Adesso che la riforma Gelmini è diventata legge, pensate di portare avanti la lotta? Quale sarà la piattaforma del movimento?
Ora la battaglia si sposta sui decreti attuativi ed essenzialmente sugli atenei, infatti inizieranno a lavorare le commissioni statuto che dovranno rivedere l’assetto attuale della governance universitaria. Noi ci saremo anche in questa fase, e pronti ed organizzati per continuare a dare battaglia, ma con un elemento in più.
Ovvero costruire l’Altra Riforma, cioè la risposta dal basso a chi attacca l’università pubblica,
In pratica avvieremo un percorso di interlocuzione con le altre componenti (precari,ricercatori strutturati e sindacato) che ci faccia arrivare alla costruzione dell’alternativa,di una proposta di riforma dell’università.
All’attacco ai diritti, allo smantellamento dei servizi, all’aziendalismo, all’impoverimento dell’offerta didattica e all’autoritarismo che propone il DDL attraverso questa nuova governante, noi rispondiamo con la lotta e con una piattaforma che è l’Altra Riforma.
Vogliamo lavorare ad un percorso di dialogo con la CGIL, che ci porti agli stati generali della conoscenza in primavera.
Il nostro paese sta vivendo un periodo di pesante crisi. Il governo Berlusconi risponde alla crisi finanziando le banche, e togliendo diritti e prospettive ai giovani e agli operai. Pensi che si possa pensare ad una “fusione” delle ragioni degli studenti e degli operai in un unico movimento, così come avvenne nel 68?
L’analogia con il 68′ e in generale con gli anni settanta è valida, a mio avviso, se si parla di una nuova vertenzialità, di una conflittualità sociale che sembrava non esistesse ma che invece l’approfondirsi della crisi economica pone in maniera assoluta.
Tanto è cambiato in trent’anni, ma partendo da lì siamo consapevoli che bisogna dialogare con la galassia del mondo del lavoro e lo abbiamo capito il 16 ottobre, quando siamo scesi in piazza alla manifestazione della FIOM.
Oggi abbiamo un blocco di potere costituito dalla destra e da Confindustria che continuamente prova a smantellare lo stato sociale e i diritti ovvero il furto di tutti i beni comune (sociali e naturali) della nostra società. Questo tentativo lo vediamo a Pomigliano prima e Mirafiori dopo che mostrano le palesi intenzioni di questo sistema economico e di questa politica.
Quindi dismissione del diritto allo studio e della dignità del lavoro appaiono un attacco frontale e forse fatale alle possibilità di protagonismo e mobilità sociale in questo Paese. Poi c’è la crisi economica che queste misure le richiama. Essa fa saltare ogni vecchia distinzione, infatti se guardiamo anche i tradizionali “garantiti” o addirittura alle piccole imprese travolte dalla competitività della globalizzazione che impone manodopera a basso costo e qualità minore, ci si rende conto come tutti facciamo i conti con l’approfondirsi di questa crisi.
Il nostro orizzonte è rappresentato per questo dalla convocazione di uno sciopero generale,intanto aderendo alla giornata di mobilitazione lanciata dalla FIOM il 28 gennaio
Pensi che, complessivamente, il movimento studentesco rimarrà in piedi anche nei prossimi mesi o, piuttosto, dobbiamo aspettarci un calo della contestazione?
Rispetto all’Onda, questo movimento ha una maggiore consapevolezza sia contenutistica che della fase, ovvero la riflessione sulla crisi economica porta con sè una serie di considerazioni e di azioni. Il 22 e 23 gennaio saremo a Marghera al meeting di Uniti contro la Crisi per parlare di conoscenza, modelli di sviluppo, informazione con centri sociali, pezzi di CGIL, movimenti di lotta da Chiaiano alla comunità aquilana.
Io faccio parte di una organizzazione studentesca, ed avendo fatto l’autunno di mobilitazione in prima linea ho notato come le strutture studentesche siano percepite come un elemento di forza organizzativa e di elaborazione da sfruttare. Questo credo sia un elemento da analizzare con attenzione proprio perché è in controtendenza con un momento storico dove l’antipolitica è sovrana ed è alimentata dalle mancate risposte della classe politica partitica e, conseguentemente, attecchisce facilmente il populismo dei vari Beppe Grillo. Per rispondere alla tua domanda, tutti questi segnali ci indicano che questo movimento si riorganizzerà, muterà forme e traccerà nuovi obiettivi, ma non scompare,quello è un intero popolo in tumulto, è la Generazione P.
Chiudiamo in maniera propositiva. Che messaggio ti senti di dare ai tanti giovani che rimangono alla finestra, guardano da lontano la politica e il movimento, sfiduciati dalla partitocrazia, ritenuta come mero strumento di potere e di clientele?
Credo che più che una risposta, posso dare un consiglio.
Quello di interessarsi, partecipare e rendersi conto che il futuro dobbiamo guadagnarcelo con le lotte, nessuno ce lo regala e non verrà dal cielo. Se vogliamo costruirci un altro futuro dobbiamo riprendercelo pezzo per pezzo.
Non sono però un ideologo dell’autosufficienza dei movimenti, invece credo che abbiamo bisogno del sindacato, dei partiti per costruire alleanze come studenti e pensare prospettive come giovani.
Il mio invito è quello di lasciare a casa la diffidenza e l’indifferenza ma invece di lanciarsi in tutti gli spazi e i contenitori di democrazia che esistono e si pongono come obiettivo la costruzione dell’alternativa, sempre con la consapevolezza che le battaglie possiamo vincerle.