1ferreroeuropadi Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 4 giugno
Il leader del Prc alla partita decisiva: con la storia del «tesoretto» ho perso 2 voti su 3
Pare un grido di battaglia: compagni, sbertinottiziamoci! «Ehhhh… », sospira Paolo Ferrero. Ma certo che l’ha vista, la recensione su Liberazione del libro di Bertinotti. Le ironie del giornale che un tempo gli dedicava una pagina per descrivere la festa di compleanno («buonissimi tramezzini, piccoli supplì, leccornie varie ancorché semplici») contro l’ex Caro Leader descritto come uno «folgorato sulla via dall’Angelus Novus di Benjamin, quello che vola con la testa girata all’indietro».Perché ci sono sempre questi rancori, questi odii, queste vendette a sinistra?
«Non so… Forse dipende dalla cultura politica dell’amico/nemico… ». Dice che lui no: «Non credo di aver offeso nessuno, in questi anni. È capitato a me d’essere insultato molto pesantemente. Ma non credo di avere io offeso. Non mi pare». Forse per via del carattere, dell’infanzia passata in una silenziosa contrada di cento abitanti in Val Germanasca, dell’esperienza fatta di segretario della Federazione giovani evangelici valdesi, della passione per il violino invece che per la grancassa: «Non sono rissoso. Mai stato. Credo che le mie tesi possano essere maggioritarie nel Paese. Quindi sarei interessato a spiegarle meglio possibile. Ma, certo, in una campagna elettorale come questa è difficile. Urlano tutti come se vendessero detersivi: il mio lava più bianco del tuo. È complicato spiegare le proprie ragioni». Tanto più che gli spazi per le minoranze, accusa, sono sempre più angusti: «È una partita truccata».
Diciamo che c’è un «regime bipolare asimmetrico ». La destra dilaga su tutte le tivù, il Pd e l’IdV hanno uno spazio e se lo tengono, e a tutti gli altri zero. E non è una questione solo di destra. Da quando sono segretario non sono mai stato invitato a Ballarò. Nonostante non mi risulti essere di An». Eppure è convinto che sì, ce la può fare a passare il 4 per cento: «Hanno cercato in tutti i modi di distruggerci. Pensando che sulle nostre ceneri possa esser costruita una sinistra più moderata ». Sempre convinto che la secessione di Vendola sia avvenuta su commissione del Pd? Sorride: «Ha dei dubbi?». Dice che ha ragione Oliviero Diliberto: «Togliere la falce e il martello dal simbolo è stato un errore grave. Non si devono buttare via le radici. Occorre riconoscere gli errori dello stalinismo. Ma per andare avanti. Non per tornare indietro. Bossi, molto più intelligentemente, dato che le radici non le aveva se le è costruite: il Po, la Padania, i celti… Una tesi politica ha bisogno di radici. E la sinistra le ha buttate via».
Non è una radice ingombrante, il comunismo? «Il crollo del muro di Berlino è stato un passaggio necessario. Sarei andato col piccone anch’io. Ma non si può dire che sia stata una ‘nuova partenza’. Dopo il crollo del muro non è arrivata affatto una società perfetta: è arrivato il trionfo di una certa economia i cui risultati li stiamo subendo in questi mesi. È chiaro che non tutto il bene sta da una parte e non tutto il male dall’altra. Il nostro, del resto, è il partito della ‘rifondazione’ comunista».
Per carità, ammette che se in certe roccaforti storiche operaie la Lega è dieci volte più forte un problema c’è: «Dipende da tante cose. Per cominciare, dalla concertazione, che ha ridotto gli spazi della contrattazione collettiva. A quel punto tanti hanno pensato: visto che le battaglie fatte con gli altri non mi danno niente, meglio che pensi a me stesso. Visto che non riusciamo a far pagare le tasse a tutti, meglio che mi tenga le mie. È un sentimento che può portare a guai seri. Perché se poi i conti non ti tornano devi inventarti un capro espiatorio. Di chi è la colpa della crisi? Del sistema capitalistico? No: dell’immigrato. E mi creda, la situazione può peggiorare ancora».
Non bastasse, riconosce, «siamo stati identificati con quelli della Casta». Lo dice anche Bertinotti… «Adesso sì. Ma al congresso il problema l’abbiamo posto noi. Lasciamo stare… E abbiamo pagato cari gli errori fatti dal governo Prodi. Cosa si aspettavano da noi, i nostri elettori? L’abolizione della legge 30, la riduzione della povertà, il riconoscimento di alcuni diritti civili, più sicurezze sul lavoro… Cosa gli abbiamo dato? Niente di niente». «Abbiamo perso due voti su tre, noi, per queste scelte. Se lo ricorda il ‘tesoretto’? Quando ci siamo trovati quei soldi in più dovevamo distribuire reddito alle famiglie più povere. Invece Padoa- Schioppa ha preferito abbassare un po’ il debito pubblico».
Non era un obiettivo nobile? «L’Europa ci aveva fissato un parametro di 2 punti e mezzo. Noi no, abbiamo voluto andare oltre: all’1,9. E invece di dare quei soldi alle famiglie che stavano alla canna del gas (e che avrebbero capito che noi stavamo dalla parte loro) siamo andati ad alleggerire di 8 miliardi il debito. Assurdo: a 8 miliardi l’anno quanti ce ne vogliono per rientrare? Duecento anni! Non ha senso. Difatti Tremonti se ne fotte, del debito. E libera i soldi per distribuirli al suo blocco sociale». Sta teorizzando che è meglio stare sempre all’opposizione? «No, puoi anche stare al governo: ma solo se hai la forza per fare le cose che vanno fatte. Noi non ci siamo riusciti. E abbiamo perso due voti su tre».
Basta, adesso: «Occorre ripartire dai bisogni delle persone. Punto primo, i salari: altro che gabbie salariali! Bisogna arrivare invece a un salario minimo europeo. Unico modo per evitare una drammatica guerra tra i poveri e arginare il razzismo.
L’idea di uscire dalla crisi tornando ai contratti degli anni Cinquanta è insensata. Hanno fatto l’Europa della moneta, delle frontiere aperte, del più grande mercato del mondo? È ora di fare un passo avanti: un mercato del lavoro europeo, un sistema fiscale europeo, un sistema dei diritti e europeo». E poi «invece di privatizzare e liberalizzare puntiamo sui salari, sul riciclo dei rifiuti, sulle energie pulite… È indecente buttare via 14 miliardi di euro per comperare degli aerei militari. Liberiamo quei soldi per investirli nello sviluppo». Si accende un sigaro: «E poi, scusi, cos’è questa storia che chi vota il Pd o Di Pietro vota contro Berlusconi?». Non è così? «È una frottola. In Europa non stanno affatto contro Berlusconi. In Europa otto volte su dieci votano insieme». Su tutti, però, ce l’ha con la Bce: «È assurdo che la Banca centrale europea risponda ai tecnocrati delle banche centrali e sia interessata solo alla stabilità della moneta e non alla piena occupazione». Non fa il suo mestiere? «Per niente. Nel momento in cui lavora sui tassi, la Bce può fare salire la disoccupazione al 30%. Ma chi li ha eletti? Chi sono? Per conto di chi si muovono? In confronto la Banca federale americana è bolscevica».