“Buna Lager” è la prima comparsa pubblica di uno scritto di Primo Levi dopo il suo ritorno da Auschwitz. Si tratta di una poesia pubblicata sul settimanale comunista di Vercelli “L’amico del popolo” il 22 giugno 1946, poi confluita nel volume delle poesie di Levi.

Buna Lager
Piedi piagati e terra maledetta,
Lunga la schiera nei grigi mattini.
Fuma la Buna dai mille camini,
Un giorno come ogni giorno ci aspetta.
Terribili nell’alba le sirene:
«Voi moltitudine dei visi spenti,
Sull’orrore monotono del fango
È nato un altro giorno di dolore».
Compagno stanco ti vedo nel cuore
Ti vedo negli occhi compagno dolente
Hai dentro il petto freddo fame niente,
Hai rotto dentro l’ultimo valore.
Compagno grigio fosti un uomo forte,
Una donna ti camminava accanto.
Compagno vuoto che non hai più nome,
Uomo deserto che non hai più pianto,
Così povero che non hai più male,
Così stanco che non hai più spavento,
Uomo spento che fosti un uomo forte:
Se ancora ci trovassimo davanti
Lassù nel dolce mondo sotto il sole,
Con quale viso ci staremmo a fronte?

Il mattino del 27 gennaio soldati a cavallo dell’Armata Rossa arrivarono ad Auschwitz. Non trovarono che poche migliaia di prigionieri a cui annunciare che finalmente erano liberi. Dopo pochi mesi gli alleati, con la forza determinante dell’Unione Sovietica, avrebbero debellato il nazifascismo in Europa.

Auschwitz e tutto l’universo concentrazionario rispondeva ad una logica di annichilimento dell’essere umano, nella sua riduzione a numero ma anche a schiavo in un sistema che rappresentava il trionfo del capitalismo. Armi, vettovaglie, materiali, stoffe, tanti gli impieghi a cui furono costretti i prigionieri dei campi, con turni massacranti, in condizioni durissime: malnutrizione, abbigliamento inadeguato, violenze continue.

Questo è stato il nazifascismo: oppressione, schiavitù e discriminazione religiosa, politica, sociale. Abbiamo dimenticato tutto questo? Può darsi. Per questo nella #giornatadellamemoria vogliamo ricordare le centinaia di campi che ancora esistono nel mondo: a Lipa in Bosnia, a pochi km dai confini UE, in Libia, di fronte le nostre coste meridionali, nelle nostre città con i tanti CPR lager dove i processi di accoglienza si trasformano in oppressione e violenza.

Ci sono mille e altre ragioni per non dimenticare quello che è successo, molte di più ce ne sono per fare in modo che non accada nuovamente lottando contro le discriminazioni e i lager di oggi e di ieri.

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