di Bruno Steri – responsabile Ufficio di Programma PRC_FDS
Abbiamo letto il programma proposto dal Front de Gauche agli elettori francesi, sintonizzandoci
mentalmente sull’auspicabile prospettiva di un programma unitario della sinistra italiana che
aspiri ad una dimensione europea e che sia all’altezza di questi tempi difficili. Non perdiamo
infatti il vizio di anteporre, logicamente e politicamente, i contenuti alle ipotesi di alleanza, col
presupposto (purtroppo nient’affatto scontato nei fatti) che le seconde siano conseguenti ai
primi. Va precisato che un programma (anche un programma elettorale) non può essere inteso
come una mera sequela di tesi e dichiarazioni d’intenti ma configura un’architettonica, un
sistema di proposizioni entro cui il particolare scaturisce da visioni generali e le proposte di
breve periodo si trovano ad essere incastonate in progettualità di più ampio respiro. Ciò è
richiesto a maggior ragione in una fase storico-politica che tende a mettere in questione assetti
(nazionali e sovranazionali) e istituti della convivenza civile – si pensi al carattere strutturale
della crisi o alle incerte sorti della stessa Unione Europea – e a ridurre la polpa della dialettica
politica contingente all’osso dei fondamentali. Insomma abbiamo voluto gettare un occhio un
po’ più attento alla riflessione e alla proposta della sinistra d’alternativa francese, con il
pensiero alle nostrane vicende italiche.
Capitale finanziario e sovranità popolare
Nell’Introduzione, il testo dei compagni francesi (d’ora in avanti ProgrammaFdG) muove da una
constatazione di carattere generale: in Europa e più in generale nel mondo l’esplodere di
ineguaglianze, precarietà e povertà, così come è documentato da tutte le statistiche ufficiali,
nonché l’incombere sul pianeta di una vera e propria catastrofe ecologica sono stati
determinati in questi ultimi decenni dal “dominio del capitale finanziario”. E’ appena il caso di
ricordare che l’espressione “capitale finanziario” per un verso descrive genericamente l’attuale
peculiare potere della “finanza” e quindi l’odierna torsione del sistema capitalistico a seguito
della cosiddetta “finanziarizzazione” dell’economia; per altro verso, più specificatamente,
denomina il fenomeno che già Lenin poneva a contrassegno distintivo dell’era “imperialista”,
caratterizzata dalla fusione di capitale bancario e capitale industriale (appunto in capitale
finanziario). In tale fenomeno il ProgrammaFdG isola l’azione di un soggetto sociale e politico e
individua oggi l’antagonista di classe.
Il fatto che Stati e governi deleghino poteri e sovranità in omaggio a compatibilità che sono
funzionali a tale dominio (esercitato prevalentemente da non eletti) rende conto del carattere
a-democratico di quest’ultimo: le politiche neoliberali, con il dramma sociale che ad esse
consegue, sempre di meno si alimentano di istanze egemoniche e sempre di più precipitano
coercitivamente sui popoli, imposte dalla “tirannia dei mercati finanziari”. La crisi ha fatto
compiere a tale processo involutivo un salto di qualità, evidenziando un impasse storico da cui
lo stesso blocco sociale dominante non riesce ad uscire: “Proprio come la nobiltà del 1789 non
poteva rompere con l’ Ancien Régime, il capitalismo finanziario è incapace di uscire da un
sistema che rimpingua i privilegi”. E, anzi, esso reagisce rilanciando: dopo aver celebrato nel
Trattato costituzionale europeo (peraltro respinto nel 2005 dal popolo francese) la supremazia
dell’impresa e dei mercati, si vuol andare ancor più lontano, imponendo l’inclusione nella legge
fondamentale dei singoli Stati l’obiettivo del pareggio di bilancio. Su questo punto specifico, il
ProgrammaFdG è sin dall’inizio molto netto: se gli orientamenti di cui l’indicazione di tale
obiettivo è sintesi emblematica dovessero prevalere, vorrebbe dire che la sicurezza sociale è
sacrificata al “regno del profitto”, l’interesse generale all’ “avidità insaziabile di alcuni”,
l’equilibrio dell’ecosistema alle “esigenze del breve termine”. Ma, soprattutto, “se una tale
disposizione fosse integrata nella Costituzione francese, vorrebbe dire che le pretese dei
detentori del debito si imporrebbero sui nostri rappresentanti eletti”.
In questo senso, non c’è nessuna soluzione scientificamente neutra da dover far valere sui
diversi punti di vista e la posta è squisitamente politica. Essa concerne il potere: “Per risolvere
la crisi, occorre riprendere il potere (…). Occorre che siano eletti dirigenti che non dipendano in
alcun modo dall’oligarchia finanziaria: occorre una rivoluzione dei cittadini (une révolution
citoyenne)”. A tal fine, si tratta di essere consapevoli di un passaggio obbligato: bisogna
rompere con i principi che ci hanno condotto nell’impasse e, quindi, con le politiche seguite dai
governi in questi ultimi decenni. Ciò comporta non glissare su un delicato discrimine:
“Certamente, vi sono state differenze tra la politica dei governi di destra e quella dei governi di
sinistra. Ma, sfortunatamente, ci sono stati anche dei punti in comune: il confidare nell’attuale
costruzione – liberale – dell’Unione Europea, la volontà di ridurre il ‘costo del lavoro’, lo
smantellamento dei servizi pubblici, il rifiuto di affrontare banche e mercati finanziari. Dogmi
ripetuti da partiti e media dominanti, applicati ciecamente da governi e istituzioni
internazionali”. Noi vi proponiamo – insiste il Programma FdG – “altre idee, altre istituzioni, altri
rappresentanti”. Per questo, “abbiamo bisogno della sovranità del popolo, la sola capace di
guardare all’interesse generale”; per vincere, abbiamo bisogno della “mobilitazione delle donne
e degli uomini di questo Paese”. All’inumanità del capitale il Front de Gauche contrappone
l’umano: non semplicemente un’istanza etica, ma “la nostra strategia contro la crisi” (il
lavorare, l’aver cura di sè, l’abitare, la formazione e la cultura). E’ il titolo stesso del
programma: Prima l’umano (“L’humain d’abord”).
Riprendere potere e risorse ai mercati finanziari
La nettezza con cui è trattata la questione del pareggio di bilancio, significativamente posta
nella premessa introduttiva, torna nel corso dell’articolazione programmatica, in particolare nel
secondo capitolo “Riprendere il potere a banche e mercati finanziari”: “rifiutiamo il dogma della
riduzione della spesa pubblica” (che è al contrario una leva necessaria proprio nei periodi di
crisi economica); e “rifiutiamo la ‘regola aurea’ dell’equilibrio di bilancio”. L’analogia tra bilancio
familiare e bilancio dello Stato, sapientemente ribadita da una martellante propaganda
ufficiale, è “una menzogna”: il deficit pubblico serve in realtà ad alimentare la domanda, che al
contrario le politiche di austerità deprimono sciaguratamente. L’indebolimento del bilancio
statale e il conseguente ricatto del debito non sono tanto scaturiti da una spesa pubblica fuori
controllo. La storia di questi anni è del tutto diversa da quella raccontata dai poteri dominanti:
“Nel giro di pochi anni, la finanza ha conquistato poteri esorbitanti (…). I detentori di capitale
possono agire a loro piacimento su mercati borsistici metodicamente deregolati, hanno
ottenuto una fiscalità a beneficio dei redditi da capitale, il diritto di sfuggire al grosso
dell’imposizione fiscale, la libera circolazione del capitale finanziario nel mondo. E ora si
permettono persino di ‘dare i voti’ agli Stati, consegnandoli alla minaccia delle incursioni
speculative”. Tutto questo deve finire: occorre “metter le briglie alla finanza”, ma anche
“disintossicare le imprese dalla finanza”. E’ ora di invertire radicalmente il disastroso percorso
che ha condotto alla “deindustrializzazione del Paese” e alla “destrutturazione del mercato del
lavoro”.
Come per ciascun’altra, anche all’interno di questa sezione il ProgrammaFdG indica un set di
proposte, articolato in misure che potrebbero essere attivate immediatamente (“agire da
subito”) e misure che richiederebbero la creazione di condizioni ad hoc (agire per un
cambiamento durevole). Da notare che, mentre nel primo gruppo sono prevalentemente inclusi
provvedimenti di pertinenza dello Stato nazionale, nel secondo figurano tra l’altro le proposte
di cambiamento a livello europeo. Tornerò su questo: ma possiamo già qui rilevare l’esigenza
di un robusto recupero di iniziativa in ambito nazionale (senza cioè che si aspetti l’evolvere del
contesto continentale, pur sempre considerato essenziale).
Tra le cose che potrebbero e dovrebbero essere immediatamente concretizzate sul fronte
interno figurano progetti ben conosciuti e ribaditi da Rifondazione Comunista e la Federazione
della Sinistra. In particolare su tre decisivi versanti: varo di norme che blocchino o riducano in
misura consistente la speculazione (veto sulla vendita di titoli allo scoperto e di prodotti
speculativi ad alto rischio, interdizione degli scambi con i cosiddetti “paradisi fiscali” con
pesanti sanzioni in caso di violazioni, reintroduzione della separazione tra banche di deposito e
banche d’investimento, veto su impegni bancari fuori bilancio, veto sulle stock options);
creazione di un polo pubblico finanziario e per il credito (servizio pubblico a gestione
democratica e con una missione di interesse generale, finalizzata al sostegno dell’occupazione
e della formazione professionale, della piccola e media impresa, dell’eco-edilizia e dell’edilizia
popolare, di programmi di sviluppo delle collettività territoriali; costituito attraverso la “messa
in rete” di banche e istituzioni finanziarie già pubbliche – tra cui l’equivalente francese della
Cassa Depositi e Prestiti – e la nazionalizzazione di banche e compagnie di assicurazione
giudicate di rilievo strategico); una riforma della fiscalità generale che torni a conferire
progressività al prelievo e sia selettiva e redistributrice di reddito (soppressione degli esoneri
fiscali e, per converso, aumento della tassazione sui redditi finanziari delle imprese e sui redditi
da patrimonio; penalizzazioni fiscali per le imprese che delocalizzano, che incrementano
impegni e allocazioni speculative, che non riversano le provvidenze dell’innovazione
tecnologica sul potenziamento produttivo e la creazione di nuovi posti di lavoro; agevolazioni e
tassi calanti per progettualità produttive che creino lavoro e tutelino l’ambiente).
Ma una decisiva azione di contrasto alla speculazione e agli orientamenti neoliberisti dovrebbe
soprattutto essere promossa in sede europea: è questa la dimensione entro cui è ineludibile
operare “per un cambiamento durevole”. Ma è evidente che qui la realizzazione degli ambiziosi
obiettivi proposti non dipende evidentemente solo da quel che avviene in Francia.
Cionondimeno, il ProgrammaFdG è esplicito su quanto è necessario conseguire: a cominciare
da misure che scardinino il libero corso della speculazione (controllo dei movimenti di capitale
alle frontiere dell’Unione e tassazione delle transazioni finanziarie, sospensione della
valutazione delle agenzie di rating nei confronti dei debiti sovrani di Paesi oggetto di piani di
sostegno) e che, più in generale, siano capaci di mutare la natura del progetto europeo
(modifica dei trattati europei e della missione della Banca Centrale Europea). Segnatamente,
accanto al rifiuto della costituzionalizzazione dell’equilibrio dei bilanci statuali, va perseguita
l’abrogazione del Patto di Stabilità e Crescita (Maastricht) e del Patto cosiddetto Europlus,
nonché il finanziamento diretto, “per creazione monetaria”, da parte della Bce e delle Banche
centrali nazionali di un Fondo per lo Sviluppo sociale, ecologico e solidale (sostitutivo del Fondo
di Stabilità Finanziaria, attivato a maggio del 2010, e del successivo Meccanismo Europeo di
Stabilità, in vigore a partire dal 2013), a disposizione degli Stati membri a tassi equi,
finalizzato all’espansione dell’occupazione e alla qualificazione del servizi pubblici nazionali, al
potenziamento della ricerca e della tutela ambientale.
Un nuovo modo di produrre: pianificazione ecologica e lavoro
Le risorse adunate a livello nazionale e – possibilmente – a livello continentale devono dunque
esser messe a disposizione di un “nuovo modo di produrre” (vedi il cap. 4 del ProgrammaFdG:
“Produrre diversamente”), anche sulla base di una diversificazione delle “forme di proprietà”.
Che potremmo così riassumere: estensione e potenziamento strategico della proprietà pubblica
(con nazionalizzazione delle grandi leve economiche), riconduzione della proprietà privata
entro le finalità dell’interesse comune (che, vorrei annotare, è anche uno dei fondamenti della
nostra Costituzione italiana), promozione della proprietà cooperativa (nel quadro di
“un’economia sociale e solidale”). Non a caso il ProgrammaFdG tiene a sottolineare che tale
“pluralismo” intende squarciare il velo dogmatico dell’orientamento neoliberista, profuso a
piene mani nei vigenti trattati europei, il quale, dietro l’apparente apertura della formula
“concorrenza libera e non falsata”, mira in realtà a uniformare la produzione di beni e servizi,
imponendo urbi et orbi la logica del profitto privato.
Al cuore di questo “nuovo modo di produrre” ci sono l’ “eco-sviluppo” e la riduzione del tempo
di lavoro: “Rifiutiamo il modello di economia che ci viene assegnato da una divisione
internazionale del lavoro pilotata dalla finanza. Vogliamo ristabilire il potenziale industriale
della Francia: perché l’urgenza ecologica implica la rilocalizzazione dell’economia e l’urgenza
sociale impone di combattere la disoccupazione operaia”. In tale prospettiva vanno collocate –
sotto l’egida di un Polo pubblico dell’industria e della transizione ecologica dell’agricoltura,
insediato territorialmente – le proposte per una ridefinizione delle “filiere manifatturiere
prioritarie” (con contestuale inversione della deriva di chiusure aziendali ed esternalizzazioni),
per una politica agricola che promuova una “produzione di qualità” e senza Ogm , per una
gestione del territorio che favorisca la creazione di società cooperative “d’interesse collettivo” e
“forme decentralizzate di proprietà sociale”, per una riduzione dei tempi di trasporto delle
merci incentivata da un’apposita tassazione chilometrica (“circuiti corti di distribuzione”).
Grazie anche all’attivazione di un nuovo “Indicatore di progresso umano” (che includa a pieno
titolo, quali criteri di valutazione, la giustizia sociale e il rispetto dell’ambiente), si tratta in
definitiva di “ri-orientare radicalmente i nostri modi di produzione, scambio e consumo”.
In tale contesto, l’urgente attenzione da prestare all’equilibrio ambientale del pianeta entra in
rotta di collisione con l’irrazionalità della logica capitalistica di ricerca del massimo profitto.
L’allarme per l’incipiente “catastrofe ecologica”, documentata dai dati inoppugnabili sul
riscaldamento climatico, la distruzione della biodiversità, il progressivo esaurimento delle
risorse naturali impongono la messa in atto di una vera e propria “pianificazione ecologica”: è
questo il titolo della terza sezione del programma, che non a caso vede il ricorso ad una
nozione (“pianificazione”) tornata a far capolino all’interno della letteratura ambientalista
internazionale. Così, con la creazione di un polo nazionale 100% pubblico dell’energia, il
ProgrammaFdG chiama la collettività a sovrintendere ad uno sviluppo ambientalmente
equilibrato: stop alle politiche di deregolamentazione dell’energia, piano di transizione
ecologica che reintroduca il controllo pubblico dell’energia, piano di finanziamento per la
sobrietà e l’efficacia energetica e per la diversificazione delle fonti energetiche (con nuovo
impulso all’uso delle fonti rinnovabili), controllo pubblico della gestione dell’acqua. Ma,
soprattutto, il Front de Gauche propone l’attivazione immediata di un grande e capillare
dibattito nazionale sulla politica energetica, avente come obiettivo finale l’indizione di un
referendum sull’uso del nucleare civile (che serva a tematizzare tutte le possibilità, ivi
compresa in particolare l’uscita dal nucleare stesso, sulla base di un’indicazione di fondo:
ridurre il consumo energetico, senza abbassare il tenore di vita delle classi popolari). Anche su
questo, l’impegno interno dovrà esser raddoppiato con un’azione parallela che miri alla
“creazione di un analogo polo pubblico a livello europeo”.
La prima ricchezza della Francia è il lavoro umano
Come detto, il pilastro portante che sostiene il “nuovo modo di produzione” è il lavoro: “la
prima ricchezza della Francia non è la finanza ma il lavoro umano”. In questo nostro resoconto
abbiamo seguito un filo logico che connette le tematiche del lavoro alla sequenza ‘Istanze
generali/Reperimento delle risorse/Modello sociale e produttivo’: ciò non toglie il fatto che alle
specifiche tematiche del lavoro il ProgrammaFdG dedichi comprensibilmente il primo capitolo,
titolato significativamente “Distribuire le ricchezze e abolire l’insicurezza sociale”. A tale
sezione, giustamente posta in preminenza nella configurazione tematica prescelta,
appartengono anche la problematica previdenziale e le proposte in tema di beni comuni e
erogazione di servizi pubblici, secondo lo schema prevalente: salario diretto, salario indiretto,
salario differito.
Si muove dalla constatazione di un’avvenuta “accumulazione di ricchezza, senza precedenti e
concentrata in poche mani”, per poi tematizzare una secca inversione delle politiche del lavoro.
L’idea generale è quella della riproposizione di “una logica del pieno impiego”, a partire dalla
riduzione del tempo di lavoro e dall’abolizione della precarietà, da una rivalutazione globale
delle retribuzioni e delle pensioni, tutelate altresì da un dispositivo di indicizzazione in relazione
all’aumento del costo della vita. E’ innanzitutto auspicata la fissazione di uno scarto salariale
massimo da 1 a 20 (come proposta dalla Confederazione europea dei sindacati): così che la
parte alta della “scala salariale” non possa aumentare senza che contemporaneamente
aumenti la parte in basso. In tale direzione vanno le misure inserite nel set “Agire subito”:
reintroduzione delle 35 ore a parità di salario, diritto a pensione a 60 anni a tasso pieno, Smic
(salario minimo interprofessionale, sotto il quale nessun salariato può andare) a 1700 euro
lordi mensili per 35 ore (dal 1 gennaio2012, il valore dello Smic è attestato su 1398,37 euro
lordi mensili), instaurazione per tutte le imprese di un salario massimo, assoluta parità
retributiva di uomini e donne, sistema stabile di formazione professionale per tutte e tutti,
stabilizzazione immediata degli 800 mila precari della funzione pubblica, reddito massimo
annuale a 360 mila euro.
A tali provvedimenti vanno aggiunti quelli indicati nella sottosezione “Abolire la precarietà”: in
primo luogo, va ristabilita “l’autorizzazione amministrativa del licenziamento”, interdicendo i
licenziamenti speculativi (licenciements boursiers) e vietando la distribuzione dei dividendi per
le imprese che licenziano; in caso di delocalizzazione, instaurando il diritto dei salariati a
recuperare la loro impresa nella forma cooperativa. In secondo luogo, il contratto a tempo
pieno e indeterminato è riaffermato come norma generale del contratto di lavoro; il lavoro a
tempo determinato dovrà essere rigidamente delimitato a poche e precise fisionomie
d’impiego, nonché sottoposto a un tetto massimo di utilizzo: 5% delle unità lavorative per le
grandi imprese e 10% per le piccole e medie imprese (salvo deroga giustificata). Inoltre, per
impedire una perpetuazione all’infinito del precariato, occorre prevedere un diritto di passaggio
automatico dal tempo parziale al tempo pieno, la fissazione a 6 mesi della durata massima
degli stages lavorativi, con una remunerazione equivalente alla metà dello Smic sin dal primo
mese di stage.
Sul piano dei diritti essenziali (e delle provvidenze in tema di salario indiretto), oltre al
mantenimento di tariffe sociali per garantire l’accesso di tutte e tutti all’acqua e all’energia, il
Programma FdG prevede, nell’ambito del diritto alla casa, il varo immediato di un Piano di
emergenza nazionale per l’edilizia pubblica popolare (200 mila alloggi), scadenzato sulla durata
di cinque anni, e con una quota specifica destinata ad alloggi per giovani e studenti; il blocco
dei fitti e un piano per lo smobilizzo degli alloggi sfitti; un tetto massimo per il canone d’affitto
fissato al 20% del reddito familiare; la costituzione di un’Agenzia fondiaria nazionale per una
gestione pubblica dei suoli. In tema di diritto alla salute, la sottosezione “Salute, nostro bene
comune!”, rilancia l’impegno per il potenziamento di un sistema sanitario fondato sulla gratuità
delle cure essenziali e la prossimità dei presidi: prevedendo quindi il rimborso integrale delle
spese sanitarie; il blocco della chiusura o dello smantellamento di ospedali, centri di cura e di
assistenza alla maternità; la “messa in rete” delle strutture ospedaliere e dei presidi territoriali
sulla base del principio della prossimità, al fine della riduzione dei tempi di attesa e di una
presenza equilibrata della sanità pubblica, proporzionale alla densità abitativa; la creazione di
un Polo pubblico farmaceutico che contribuisca alla produzione e all’offerta di farmaci, ne
controlli sicurezza e prezzi anche sulla base di concreti poteri di sanzione, rilanci in materia la
ricerca pubblica.
In definitiva, il Front de Gauche propone un generale rilancio del servizio pubblico. Sanità,
educazione, protezione sociale, ricerca, energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni, credito,
casa, poste, sicurezza, giustizia: tutto questo è patrimonio della collettività, sono “i nostri beni
comuni” , sottratti dal “popolo dei beni comuni” all’insidia del profitto privato. Per questo,
devono essere finanziati da una fiscalità giusta, protetti dalla liberalizzazione dei mercati e
dalla messa in concorrenza, affidati a una gestione pubblica efficiente e partecipata dai
cittadini, supportati da un’adeguata informazione e cultura civica.
Uguaglianza e libertà
In sintonia con il progetto di giustizia sociale sin qui delineato, va costruita “l’uguaglianza dei
cittadini”. Essa è sì proclamata dalla Repubblica, ma nei fatti è ancora un progetto da
realizzare: contro le discriminazioni e gli attentati alla libertà che ancora perdurano, il
Programma FdG (capitolo 5) affida al “regime politico repubblicano” il compito di costituire “la
sovranità della comunità politica, la libertà nel rispetto dell’interesse generale”. A cominciare
dall’applicazione integrale del principio di laicità, inteso come “principio vivente, portatore di
diritti inalienabili da garantire a ogni membro della società, che esso sia francese o straniero”.
Ciò concerne la libertà di coscienza e di culto, “la neutralità dello Stato al riguardo di tutte le
convinzioni filosofiche, religiose o politiche”: così che non possa accadere che una di queste sia
messa all’indice proprio con il pretesto stesso della laicità (“come fa regolarmente il Fronte
Nazionale a proposito della religione musulmana”). Nel contempo, è precisamente il rispetto
dello spazio pubblico e della suddetta “neutralità dello Stato” ad esigere di porre un veto al
finanziamento pubblico di religioni e organismi confessionali. In merito, viene ancora
sottolineato l’impegno a difendere questi stessi principi di libertà e laicità nell’ambito delle
istituzioni europee e, in loro nome, a contrastare l’intrusione nella politica internazionale di
orientamenti pericolosi come la teoria dello ‘scontro di civiltà’ (“che divide il mondo in funzione
dell’appartenenza religiosa”).
Sulla scena dell’eguaglianza è posta in primo piano “l’uguaglianza donne-uomini”, alla luce di
un obiettivo secco: “Sbarazzarsi del patriarcato”. Con riferimento al versante istituzionale
interno, a promuovere tale istanza, si propone la creazione di un Ministero per i Diritti delle
donne e l’uguaglianza, dipendente direttamente dal Primo Ministro, “dotato di mezzi e
appoggiato da delegati interministeriali”. Primi obiettivi: una legge-quadro per la lotta contro le
violenze fatte alle donne e una legge per la lotta contro il sessismo, contro l’onnipresenza della
pornografia e la strumentalizzazione dei corpi a fini mercantili. Sul piano europeo, si propone
l’immediata attuazione della “clausola dell’europea più favorita”, sostenuta dalle associazioni
femministe, attraverso cui armonizzare verso l’alto i diritti delle donne europee adottando a
livello comunitario le leggi nazionali più progressiste: “la legge olandese sulla contraccezione e
i diritti dei (delle) omosessuali, quella francese sullo stupro, quella belga sulla parità, quella
svedese sull’aborto e il congedo parentale, quella danese sull’educazione sessuale e così via”.
In coerenza con tale impostazione generale è di seguito affrontato il tema dell’immigrazione,
assai delicato per la Francia anche perchè ossessivamente agitato dalle destre: contro tutte le
mitologie securitarie, viene in proposito ribadito che “l’immigrazione non è affatto un
problema” e che “è ora di finirla con l’odio nei confronti degli stranieri”. Non si tratta
semplicemente di un imperativo etico, ma della presa d’atto di un dato dell’oggettività: i flussi
migratori non sono un’anomalia da temere ma una realtà che riguarda tutti i Paesi del mondo
globalizzato e che in quanto tale va valorizzata guardando al futuro. All’immaginario xenofobo,
miope e regressivo, vanno dunque contrapposte concezioni e politiche dell’accoglienza che
respingano qualsiasi modello di società ghettizzata, nella consapevolezza che “la tesi
dell’immigrazione zero è un mito che divide e indebolisce il nostro Paese”. In tal senso, il
ProgrammaFdG assume l’impegno di una revisione in termini progressivi del Codice di entrata
e soggiorno degli stranieri: “ristabiliremo il diritto alla riunificazione familiare (…),
regolarizzeremo i sans papiers, depenalizzeremo il soggiorno irregolare, chiuderemo i centri di
permanenza coatta, ristabiliremo il diritto al soggiorno per motivi medici, garantiremo lo
scrupoloso rispetto del diritto d’asilo”.
Gli ultimi capitoli del ProgrammaFdG sono dedicati all’assetto istituzionale statuale e
territoriale, agli istituti formativi e culturali (due materie di grande rilievo ma discusse
prevalentemente in relazione al contesto interno), alle scelte da attuarsi in sede internazionale
(trattate piuttosto sinteticamente, ancorchè non senza spunti importanti). Ad essi conviene qui
accennare limitandoci a segnalare quel che può avere per noi uno specifico interesse. Quanto
al primo tema, va sottolineata l’opzione antipresidenzialista e a difesa del regime parlamentare
(“Contro il presidenzialismo, difenderemo il regime parlamentare: vogliamo ristabilire la
primazia dell’Assemblea nazionale sull’esecutivo. I poteri esorbitanti del presidente della
Repubblica devono essere soppressi”) nonché la scelta proporzionalista (“La proporzionale
dovrà essere ristabilita per tutte le elezioni”) e l’impegno per il rafforzamento della democrazia
partecipativa (“La democrazia partecipativa dovrà essere inscritta nella Costituzione”).
In secondo luogo, per ciò che concerne la formazione e la cultura, il ProgrammaFdG punta
innanzitutto a evidenziare il carattere pubblico della missione educativa, in contrasto con
quanto raccomandato dalla strategia di Lisbona (“Combatteremo la messa in concorrenza delle
strutture educative e rivedremo tutte le misure che, sotto l’apparenza dell’autonomia, mirano a
istituire un mercato dell’educazione. Affermiamo la necessità di una politica nazionale
dell’educazione in una logica di servizio pubblico, per una vera gratuità e parità di accesso ai
saperi. Agiremo perché la produzione di conoscenze e la formazione siano liberate dalla logica
del mercato e della rendita finanziaria”). In questo contesto si riafferma l’obbligo scolastico per
tutte e tutti (“da 3 a 18 anni”), si propone di lanciare “un piano di lotta contro le ineguaglianze
sociali nella scuola”, e ci si impegna – in relazione all’insegnamento superiore e alla ricerca – a
potenziare uniformemente il servizio pubblico abbandonando “i ‘frastagliamenti’, strumento di
discriminazione, così come le ‘iniziative d’eccellenza’”.
Infine, in relazione alle politiche “per la pace e la cooperazione tra i popoli” – accanto alla
conferma dell’impegno per una democratizzazione dell’Onu e per un processo di
denuclearizzazione e disarmo multilaterale – va registrata la presenza di altri tre obiettivi
programmatici ‘pesanti’: ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan, ritiro della Francia dalla
Nato, riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia e dell’Unione Europea.
Alcune considerazioni conclusive
Come emerge da questa nostra rapida trattazione, il ProgrammaFdG è molto chiaro e netto –
potremmo dire radicale – sui punti sensibili che caratterizzano gli sviluppi dell’ immediato
futuro, nazionale ed europeo; e, nel complesso, prospetta un’inversione di marcia appunto
radicale rispetto agli orientamenti prevalenti a destra ma anche nel centrosinistra. E, tuttavia,
non vi sarebbe nulla di strano nel definirlo un misurato programma socialdemocratico, ispirato
a formule tradizionali come quella che reclama ‘pace, diritti, lavoro, redistribuzione della
ricchezza’. Il fatto è che, con i tempi che corrono e a fronte dell’involuzione pluridecennale
delle società e delle democrazie liberali d’Occidente, anche un’impostazione riformista viene ad
acquistare il senso e a richiedere il coraggio di un passaggio quasi-rivoluzionario. Tale
paradossale contrasto è espresso emblematicamente nell’espressione “rivoluzione dei
cittadini”, imperiosamente richiesta dalla sempre più marcata collisione tra capitalismo, nella
sua odierna versione neoliberista, e istituti democratici.
Questa constatazione acquista una particolare pregnanza se si considera il pericoloso impasse
in cui versa il contesto europeo. Si è visto che i provvedimenti proposti dal Front de Gauche
configurano un drastico rimaneggiamento del progetto europeo e, sul piano interno,
prescrivono una radicale opposizione agli orientamenti sin qui ossessivamente seguiti in sede
Ue. Ciò viene senza mezze misure dichiarato, senza che tuttavia vi sia il minimo dubbio circa la
necessità di confermare la prospettiva europea, la quale resta per le compagne e i compagni
francesi urgente ed essenziale.
Si tratta certamente di una strada assai stretta, politicamente difficile e tuttavia inderogabile. A
guardar bene, è il medesimo difficile cammino ribadito dalla sinistra più consapevole nel Paese
oggi più a rischio di implosione: e cioè da Syriza in Grecia. Anche qui, in una congiuntura
assolutamente eccezionale, l’opposizione più dura nei confronti delle politiche-capestro
sciaguratamente imposte da Bruxelles (e Berlino) si accompagna alla dichiarazione di una mai
dismessa volontà di appartenenza al consesso europeo. Ciò significa una cosa molto semplice:
non è vero che appartenere all’Europa debba significare adeguarsi ai diktat liberisti (della
Commissione europea, della Bce, del Fondo monetario) e accettare supinamente le politiche di
austerità. Al contrario, è il dogma dell’attuale establishment – e gli interessi di classe da esso
protetti – a imporre il ricatto dell’equazione ‘progetto europeo=dramma sociale’. Una strada
alternativa esiste, è l’unica che possa traguardare una prospettiva di dimensione continentale
(ancorchè all’insegna di “un’altra Europa”) e occorre far di tutto affinchè sia percorsa. Per
questo, occorre a quel livello operare per capovolgere i rapporti di forza.
Il Front de Gauche prova a farlo – nel suo Paese, nella sinistra europea, nel Gue – a partire dai
suoi contenuti programmatici. Ciò può avvenire grazie a due opportunità decisive,
concretizzatesi nell’ambito dello stesso panorama politico transalpino. La prima è data dall’aver
costruito risolutamente una risposta all’ “esigenza di reinventare la sinistra”, poggiando sulla
chiarezza dei contenuti e sul protagonismo popolare: “Creando il Front de Gauche, i militanti
dei partiti e delle formazioni che lo compongono – ce ne sono ormai sei (Gauche Unitaire, Parti
comuniste Français, Parti de Gauche, Convergences et Alternative, Fédération pour une
Alternative sociale et écologique, République et Socialisme) – hanno scosso le loro abitudini e
si sono uniti per mettersi all’altezza di questo momento eccezionale”. Penso che Il
ProgrammaFdG sia lì a testimoniare la scelta di classe e la conseguente idea di un’altra società,
profondamente diversa dal capitalismo vigente, quali elementi distintivi del profilo identitario e
programmatico assunto dal suddetto raggruppamento politico.
La seconda opportunità è stata offerta dal prevalere di un candidato socialista alla massima
carica della Repubblica francese che, nel suo programma, promette tra l’altro di: opporsi “in
Europa a quei nostri dirigenti che si sono rassegnati all’austerità e sono stati incapaci di
dominare la finanza”, di “riorientare l’Europa rinegoziando il trattato d’austerità” (o Fiscal
compact), di costituire in Francia “una banca pubblica di investimento per lo sviluppo delle
nostre imprese”, di “modulare l’imposta sulle società a seconda che il beneficio sia reinvestito
oppure distribuito agli azionisti”, di “mettere le banche al servizio dell’economia” separando “le
attività di credito da quelle legate alla speculazione”, di “riformare la fiscalità, tassando le
remunerazioni indecenti del 75% oltre il milione di euro l’anno e ristabilendo l’imposta sulla
ricchezza”, di promuovere “una nuova riforma previdenziale, dando a coloro che avranno
contribuito per la totalità dei loro anni di servizio il diritto di andare in pensione a 60 anni”, di
“lottare contro le discriminazioni e il razzismo”, di “portare alta la voce della Francia nel
mondo, rompendo in Africa con pratiche d’altri tempi, sviluppando relazioni con la riva Sud del
Mediterraneo e agendo per la pace in Medio Oriente, ritirando le nostre truppe dall’Afghanistan
entro il 2012” (citazioni riprese dal programma di François Holland). Certo, non è il programma
del Front de Gauche; e non sempre le promesse elettorali si traducono in fatti concreti, una
volta poste alla prova del governo e delle presumibili mediazioni che il suo esercizio comporta.
Cionondimeno, le suddette opzioni programmatiche sono comprensibilmente bastate per
consentire al Front de Gauche di far arrivare a Hollande l’appoggio elettorale al secondo turno
delle presidenziali e fornire in questo modo un contributo determinante per il suo successo.
Sarà ora compito del Front de Gauche medesimo di vigilare e provare ad ancorare a sinistra
l’azione dell’attuale premier.
Chiudo notando che ad oggi nessuna delle due opportunità si è ancora profilata nel nostro
Paese. La sinistra di alternativa (comunista, di sinistra, di movimento) non riesce a trovare il
bandolo dell’unità (e gli appelli in tal senso, senza un serio approfondimento programmatico
proposto e condiviso, temo che siano destinati a lasciare il tempo che trovano). Per altro verso,
un Partito Democratico senz’anima e, nonostante la parziale tenuta elettorale, in evidente crisi
di identità appoggia un governo di destra, la cui filosofia appare non a caso agli antipodi di
quella appena richiamata e contenuta negli obiettivi programmatici del socialista François
Hollande. Nel frattempo, il 2013 si avvicina: e forse non siamo ancora fuori tempo massimo.
15 maggio 2012