Intervista a Gaetano Azzariti, di Checchino Antonini su Ombre Rosse, settimanale comunista on line (controlacrisi.org)
«Chi parla di sistema tedesco, rispetto a quello che si legge sui giornali, non sa quello che dice». E già, perché della legge elettorale si può ragionare solo sulla base di quello che trapela dal lavoro dei tre saggi dell’Abc (l’attuale maggioranza), una sorta di golpe bianco, che si sta consumando lontano da occhi indiscreti, senza il grande dibattito pubblico che sarebbe necessario.
Anche al professor Gaetano Azzariti, ordinario alla Sapienza di Diritto costituzionale, la fatica dei tre saggi (Quagliarello per il PdL, Violante per il Pd e Adornato per l’Udc) pare materia di inquietudine. «I testi si susseguono, il rischio vero è che si faccia una legge per caso o su misura per una prossima grande coalizione. Posso rivelare che dal ’93 – da quel referendum che ha trasformato la nostra democrazia – sono stato fautore di un sistema tedesco con uno sbarramento in entrata che favorirebbe le ricomposizioni, soprattutto a sinistra».
Riassumiamo, professore: ci sarebbe un accordo sul sistema proporzionale con sbarramento (5%) e il disaccordo sulle preferenze e sul premio di maggioranza (al partito o alla coalizione; entità del premio). Tutti parlano di sistema tedesco ma in Germania non ci sono né preferenze né premio di maggioranza. Spuntano le ipotesi di un premio di maggioranza ai primi due partiti e un premio al primo del 15% dei seggi, così che se un partito (diciamo il Pd, sondaggi alla mano) prende solo il 25% potrebbe ottenere lo stesso il 40% dei seggi. Se si aggiunge l’eventuale doppio turno sarebbe quel sistema gollista che Mitterrand definì «un colpo di Stato permanente». Così, se la Lega continuerebbe a salvarsi, se basterà avere un bel risultato in tre regioni, col 5% scarso (2,5 milioni di voti espressi, una città come Milano) si rischia di restare al palo.
In questo momento si susseguono le ipotesi più diverse, credo che serva una riflessione sul modo in cui si stanno sviluppando: è evidente che ogni partito dell’attuale maggioranza cerca la propria convenienza e questa può coincidere solo casualmente con l’interesse pubblico. E’ un’impostazione che mi lascia perplesso. Bisogna ragionare sui principi quando si affronta una materia del genere, come diceva Max Weber, per principi e non per scopi immediati. Lo scopo principale di una legge elettorale è quello di dar voce alla rappresentanza politica, almeno è stato così fino al ’93. E il massimo della rappresentanza ce l’hai se non alteri il rapporto tra voti e seggi. A un certo punto, per ragioni note, spesso infondate o enfatizzate, s’è imputato a questo sistema una fragilità, quella di non garantire la governabilità. Anche rispetto a questo, ragionando per principio, il sistema più efficiente è il maggioritario ma il maggioritario puro uccide la rappresentanza. Il presupposto perché funzioni è che il sistema politico sia bipolare come in Gran Bretagna o negli Usa ma si dimentica che, nel bene e nel male, quei paesi sono storicamente fondati sul bipartitismo. Quando in Gran Bretagna s’è affermato un terzo partito il sistema è andato in crisi e si discute di come superarlo.
Ma intanto, per decenni, i lib-dem inglesi sono stati esclusi da quel parlamento.
Infatti, quando ci sono tre partiti, e in Italia sono molti di più, non può funzionare. Dal ’93 in poi s’è cercato di mettere insieme rappresentanza e governabilità. E’ stato un ventennio ossessionato dalla governabilità e che ha abbandonato le logiche virtuose della rappresentanza. Diciannove anni dopo possiamo dire che quel tentativo ha portato a esiti negativi sulla democrazia, con effetti nefasti sull’intero assetto istituzionale. E con forze politiche significative non rappresentate alle Camere mentre alcune di quelle presenti lo sono grazie alla tecnica non alla rispettiva forza politica. Nell’attuale parlamento ci sono radicali, Mpa di Lombardo e l’Idv che alle ultime elezioni erano inferiori ad altre forze escluse come, ad esempio, la sinistra radicale.
E comunque questo non ha impedito che la frammentazione si sia riproposta a posteriori con una proliferazione di gruppi parlamentari sconosciuti al grande pubblico.
E’ giusto, il Porcellum e prima il Mattarellum non hanno favorito la governabilità ma l’irrazionalità. Potrei capire, pur non condividendola, una legge che seleziona con uno sbarramento, ma mai si potrebbe accettare un sistema che lascia al calcolo politico la forma della rappresentanza.
Non crede che premi di maggioranza e sbarramenti facciano carta straccia dell’articolo 48 della Costituzione: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto»?
Autorevoli costituzionalisti hanno scritto e teorizzato – da Hans Kelsen a Gianni Ferrara o Carlo Lavagna – che il proporzionale fosse l’unico sistema a garantire uguaglianza in entrata e in uscita (nella ripartizione dei seggi) ma la Consulta ha avuto un parere diverso e, rendendo ammissibile la diversa distribuzione dei seggi ha aperto a sistemi non proporzionali. E tutto ciò ha avuto ripercussioni: ha provocato una centralità del governo e la marginalità del parlamento. Ragioniamo ancora per principio: c’è irrazionalità in un sistema che regala seggi a chi ha già vinto e, contemporaneamente, pone uno sbarramento per semplificare ulteriormente il sistema politico. C’è già la sentenza della Corte costituzionale che ammise il referendum sui sistemi elettorali, che esprime perplessità sull’entità dell’attuale premio di maggioranza che dovrebbe essere ragionevole, aiutare chi è già vicino al traguardo e non il primo partito senza che si fissi una soglia minima.
Ancora una volta la “tecnica” presunta vince sulla politica?
Il punto di irragionevolezza è questo: ammettiamo che vinca il Pd col 25% e che prenda il premio. In ogni caso non controllerebbe più del 40% del Parlamento. Allora chi può escludere che una maggioranza si determini escludendo quel partito? Sarebbe un paradosso. E chi va all’opposizione?
C’è un intimo legame tra la marginalità del Parlamento e il neoliberismo.
Tutto si tiene se perdi il valore della centralità del Parlamento e a questa sostituisci altri valori al di fuori della logica della rappresentanza, come la centralità del mercato. Di questo ci parla la vicenda del fiscal compact e le vicende legate all’integrazione europea: un Parlamento marginale ha potuto ratificare quelle scelte senza discuterle, scelte concentrate in poche mani, ieri quelle di Berlusconi, oggi di Monti, domani chissà…