Il sequestro di 17 milioni di euro, disposto dalla Procura di Catania guidata da Salvi, al padre padrone dell’editoria siciliana Mario Ciancio Sanfilippo, per avere “apportato un contributo causale a Cosa Nostra catanese” rende necessarie alcune considerazioni politiche. Anche perchè nel dispositivo si richiama con nettezza il fatto che parti sostanziose delle ricchezze sono state accumulate da Ciancio e poi depositate in un conto svizzero a seguito delle relazioni con le attività imprenditoriali dei cavalieri dell’Apocalisse, specificatamente di Graci e Costanzo.

Mario Ciancio è stato centro e motore di un complesso sistema di potere che ha legato, nella ideazione e realizzazione delle opere pubbliche e private, come nella concessione di servizi, la grande imprenditoria isolana e quella continentale (da Pizzarotti a Impregilo alle cooperative emiliane) il mondo politico del centrodestra e del centrosinistra, le corporazioni professionali, i settori di peso dell’Università, la P.A., significativi ambienti delle istituzioni ( basti pensare al ruolo opaco della magistratura catanese e della Sicilia orientale prima dell’arrivo di Salvi). E naturalmente non sono mancati i rapporti con i settori alti della criminalità organizzata.
L’informazione, dei quotidiani di proprietà, in primis La Sicilia, come delle emittenti televisive, ha svolto un ruolo di collante e di garante degli interessi e degli equilibri. Così di volta in volta si sono costruite, attraverso mirate campagne mediatiche, le fortune e le detronizzazioni dei vari Enzo Bianco, Salvo Andò, Nello Musumeci, Scapagnini, Stancanelli, Cuffaro, Lombardo, fino all’ultima clamorosa e decisiva a sostegno della elezione a governatore di Saro Crocetta e della sua rivoluzione. Non c’è stato ministro, governatore o assessore regionale, rappresentante di alto grado delle forze dell’ordine che non si sia recato a omaggiare Mario Ciancio, fin dentro alla sede del quotidiano di sua esclusiva proprietà.
Naturalmente tutto ha avuto sempre un ritorno: ora le varianti urbanistiche per realizzare ospedali, centri commerciali, parcheggi interrati , villaggi riservati per gli amici amerikani (vedi affaire Xirumi/Sigonella), concessioni e contributi (Comiso de te fabula narratur). Un fiume di danaro pubblico e privato scientemente e consapevolmente incanalato verso i conti svizzeri. Con l’occhio attento alla ristrutturazione e al rafforzamento dell’impero: così mentre calavano i proventi delle vendite dei quotidiani, si bilanciava con nuove varianti e nuovi disegni speculativi: l’ultimo, indecente sino all’inverosimile per il pasticcio e il danno che ha infine determinato, quello realizzato con la variante Pua, in un contesto complessivo che da Ognina a piazza Euopa fino alla Plaia configura l’impedimento della fruizione sociale e pubblica del mare.
Un dominus, al cui servizio ha operato il partito unico del centrodestra e del centrosinistra, la cui centralità è oggi messa in discussione nella sua intoccabilità dall’inchiesta giudiziaria di Salvi. Che, prima di andare via per ricoprire ruoli importanti a Roma, ha lasciato una significativa impronta nella gestione della Procura catanese, nello svelamento del sistema affaristico-mafioso che ha ruotato attorno a Lombardo, e ora nel mettere sotto accusa uno dei massimi responsabili del degrado amministrativo,urbanistico,imprenditoriale,culturale, sociale, istituzionale, economico di Catania e della Sicilia.

I suoi potenti amici politici, gli stessi che ne hanno codeterminato le fortune economiche e imprenditoriali e ai quali ha assicurato un ritorno mediatico di sostegno, uno scambio ad alto livello, tacciono sulle sue attuali disgrazie giudiziarie, per paura, per allontanare da sè l’ombra della complicità e della corresponsabilità oggettiva, per non pregiudicare mire ambiziose e indicibili. Sono gli stessi che oggi plaudono ipocritamente alla promozione e alla imminente partenza di Salvi, magari fiduciosi in un avvicendamento alla guida della Procura più fungibile ai tanti affari in campo e alle ombre che li avvolgono (basti pensare alla infinita litania dei lavori e delle mire speculative che ruotano attorno al porto scandalosamente interrato di Catania, a Corso Martiri della Libertà, al raddoppio ferroviario di San Cristoforo, allo scontro in atto per il controllo della gestione dell’aereoporto).Sono gli stessi che hanno subito la nomina di Salvi. Una nomina imposta per merito di una grande battaglia di forze politiche della sinistra alternativa (Prc, Sel), di espressioni della società civile (da Cittainsieme a Libera), di realtà organizzate e indipendenti dell’informazione (I Siciliani “vecchi” e giovani, il Gapa, l’Arci), di poche ma significative personalità dell’antimafia, da Scidà a Claudio Fava a Centineo, come pure dell’intellettualità catanese e del mondo sindacale non legato ai potentati e ai poteri forti.
E nel contempo dalla provincia gli sviluppi dell’inchiesta sul Cara di Mineo ci rimandano, assieme alla condizione distorta della negazione di servizi sociali fondamentali, della privatizzazione della P.A. e della sua degenerazione affaristica, alla necessità di una alternativa ad uno stato di cose che non può essere affidata ai populismi, alla barbarie delle loro parole e della loro idea di società passivizzata e delegante, alla loro demagogia e al loro razzismo. Salvini e Grillo sono parte del problema (il liberismo, Renzi, Confindustria, la mafia, la corruzione), non la loro soluzione.

Mimmo Cosentino, segretario regionale Prc Sicilia