di SdA per varesenews.it
Giovanni Impastato, fratello dell’attivista assassinato dalla mafia, in occasione dell’intitolazione del circolo di Rifondazione di Busto Arsizio attacca l’amministrazione leghista di Ponteranica (BG)
«Rimuovere la targa che intitolava a mio fratello Peppino la biblioteca di Ponteranica è stata un’azione di criminalità politica». Così Giovanni Impastato (foto), fratello di Giuseppe, l’attivista antimafia ucciso nel 1978, bolla la scelta degli amministratori del Comune bergamasco, che fece clamore nel settembre scorso.
Impastato si trova in questi giorni in provincia per Varese per alcune occasioni pubbliche. Giovedì ha presenziato all’intitolazione al fratello del circolo di Rifondazione Comunista di Busto Arsizio; venerdì mattina avrà un incontro con le scuole a Gallarate, e in serata un’assemblea pubblica a Besnate sui temi della criminalità mafiosa nel nostro territorio. «Sulla vicenda di Ponteranica abbiamo politicizzato al massimo la cosa» dichiarava al pubblico bustese di militanti ed esponenti di partito, «scontrandoci anche con incomprensioni e resistenze. Lo stesso facciamo sulla libertà di stampa, tema fondamentale. Viviamo in regime di dittatura mediatica, l’informazione è condizionata da poteri politici ed economici».
«Un eroe nazionale, un esempio sempre attuale»: questo Peppino Impastato per il segretario provinciale di Rifondazione Giovanni Bonometti. Un precursore, come racconterà il fratello, di temi e metodi calati nel sociale per recidere i tentacoli della Piovra. Che anche al Nord prospera: è ancora Bonometti a denunciare che «c’è mafia a Busto Arsizio, a Gallarate, a Varese. Non parliamo più di una forma di organizzazione sociale di alcune aree del Sud, ma di un attore politico ed economico attivissimo anche qui». In questo contesto, «la Lega Nord condivide senza problemi il governo del Paese con forze in cui si trovano personaggi pregiudicati per mafia». Salvo poi prendersela con la memoria di chi di mafia è morto. La vicenda di Ponteranica non sarà lasciata passare liscia da Rifondazione, che tramite l’ex consigliere regionale Giovanni Martina propone un evento nazionale con la commissione parlamentare antimafia e con Giovanni Impastato per riportare l’attenzione sull’accaduto e ottenere che l’amministrazione comunale del paese bergamasco faccia marcia indietro. A Busto Arsizio intanto, il partito ha proposto l’intitolazione a Peppino Impastato dell’aula del consiglio comunale. Difficilmente otterrà soddisfazione, ma ha tutte le intenzioni di provarci.
Giuseppe Impastato è stato noto ai dei più da “I cento passi”, il celebre film che rese omaggio alla sua battaglia. Il fratello Giovanni mostra una consapevolezza politica del suo operato. «Peppino era un comunista, era candidato consigliere comunale con Democrazia Proletaria. Dobbiamo sfuggire» dice «ad una sua riduzione a icona. Il film lo ha fatto conoscere nel mondo, ma l’impatto mediatico finisce, mentre noi dobbiamo dare continuità all’opera di chi ha saputo avviare una rottura sociale così clamorosa». Sì, perchè la famiglia stessa di Peppino e di Giovanni gravitava nell’ambito delle cosche. Ripudio della cultura della sopraffazione, di ogni ingiustizia e di legami familiari soffocanti, ma anche impegno diretto per cause popolari in Peppino Impastato: come quando, racconta Giovanni, si battè a fianco dei contadini contro la nuova pista dell’aeroporto di Punta Raisi. «Peppino fece l’antimafia dal basso, non quella salottiera o televisiva: e lanciò metodi innovativi». Le mostre fotografiche sul sacco edilizio della splendida terra di Sicilia, il circolo Musica e Cultura, i concerti delle nuove tendenze, la radio libera come mezzo di denuncia del malaffare. Fino all’assassinio, e al depistaggio, «compiuto con la responsabilità di esponenti delle istituzioni».
La mafia stragista oggi è sconfitta, i capicosca sono in cella. Ma si è trasformata: «è una borghesia mafiosa, la classe politica siciliana è ancora in buona parte collusa». Antimafia e battaglia per la legalità vanno a braccetto dal 1992, ma Impastato anche qui ha la sua da dire. «Legalità non è ‘rispettare le leggi’ e basta, anche Hitler emanava leggi. Ai giovani dobbiamo passare il valore della disubbidienza civile a fronte dell’ingiustizia, e anche quello del comunismo. Sono stanco dei revisionismi storici che lo condannano: esso non ha mai visto vera attuazione, solo degenerazioni in forma di regime, lontane dalle idee ispiratrici. Nazismo e fascismo hanno invece rispettato in pieno tutte le loro premesse». La tesi, già sentita, è: il comunismo è Idea, il fascismo prassi di potere.  La mafia, dall’alto della sua storia secolare e sanguinosa, del suo potere ubiquo e inafferrabile, irride l’uno e l’altro. Ma non potrà farlo in eterno. Anch’essa, come tutti i fenomeni storici, avrà fine un giorno. Lo disse uno politicamente molto lontano dagli Impastato: si chiamava Giovanni Falcone.