Ieri convegno a Bologna. Pegolo: «Rilanciamo un dibattito nazionale»
«Un provvedimento incostituzionale, iniquo, che rappresenta solo l’ennesimo voto di scambio del Pd nei confronti di questo governo». Lo dicono a più voci, ma è questa la sintesi del dibattito su “Federalismo fiscale: la secessione dei ricchi” promosso da Rifondazione ieri a Bologna con la partecipazione di Marcello Notarfonso (Resp. Dip. Politiche Regionali Prc – Se), Franco Russo (Resp. Dip. Democrazia e Politiche costituzionali Prc – Se) e con le relazioni affidate ad economisti come Stefania Gabriele, Franco Osculati, e costituzionalisti come Claudio De Fiores. Le motivazioni sono tante per ribadire la netta contrarietà a una legge delega «in cui – annota a conclusione Gianluigi Pegolo (della segreteria nazionale di Rifondazione) – l’elemento che più colpisce è proprio la convergenza generale da un punto di vista politico. Un unanimismo di vedute da parte del Pd (con l’unica eccezione dell’Udc) che arriva persino ad elogiare la Lega».
Eppure ciò che si appresta ad essere varato – sottolinea Franco Russo – è un evidente provvedimento «incostituzionale». Innanzitutto perché vìola l’articolo 3 della Costituzione. «Il cosiddetto federalismo fiscale – spiega – contraddice questo articolo perché il costo standard previsto è quello che dovrebbe garantire un servizio essenziale per tutto il Paese». Mentre non è affatto così. «L’articolo 3 prevede una rimozione degli ostacoli affinché vengano garantiti a tutti diritti uguali ma anche il rispetto delle differenze sociali. Faccio un esempio: un portatore di handicap non può essere sottoposto alle stesse cure di chi non lo è. Il federalismo di cui si parla intende solo offrire i servizi minimi, senza la garanzia di intervenire in maniera differenziata sull’effettiva fruizione degli stessi».
Il secondo elemento di incostituzionalità lo si ravvisa proprio considerando il secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione. «La critica è la stessa: anche rispetto a questo articolo non si garantiscono i cittadini, si punta infatti ad una riduzione delle prestazioni in maniera assolutamente generalizzata». La terza obiezione? «E’ capire chi definirà i costi standard. Saranno definiti dalle tecnocrazie, dalle strutture ministeriali? E i cittadini si ritroveranno a dover assumere decisioni prese dall’alto che non considerano i loro interessi? Così il significato della democrazia partecipativa – conclude – si svuota di significato».
Questa legge? E’ da bocciare. Anche perché – aggiunge Pegolo – «è solo frutto di una convergenza di vedute paradossale dell’opposizione con l’attuale maggioranza». C’è, del resto, una storia che parla. «Nel 2001, quando venne votata la riforma del titolo quinto della Costituzione dal centrosinistra, contro la quale Rifondazione votò contro, proprio in quella erano contenuti molti degli elementi inseriti nell’attuale legge delega. Il Pd ora che fa? Da un lato si muove in continuità con le posizioni espresse in precedenza, dall’altro agisce in nome di meri scambi politici». E’ noto che l’approvazione di questo provvedimento abbia anticipato solo di pochi giorni la modifica della legge elettorale per le europee; senza considerare che la maggioranza ha varato leggi che hanno trovato il sostanziale consenso dell’opposizione. Non si tratta solo di questo naturalmente. Perché il federalismo – continua – è sbagliato nel merito. «Si tratta innanzitutto di una legge di cui non si prevede il costo finanziario; inoltre si affronta un settore come quello fiscale senza aver prima riordinato il sistema delle istituzioni. Senza contare – aggiunge – che si tratta di un provvedimento che per il suo completamento vedrà all’opera solo il governo».
«Votare un provvedimento del genere – sottolinea ancora il responsabile dell’area Democrazia e Istituzioni del Prc – significa dare al Governo la possibilità di intervenire non solo in materia finanziaria ma sugli stessi diritti sociali». Senza poi entrare nella sostanza: perché, anche qui, le contraddizioni sono evidenti. «Se le risorse vengono utilizzate solo dai territori da cui provengono, ciò significa innanzitutto una penalizzazione delle Regioni più povere». Cosa accadrà? «Che si aprirà la strada a nuove privatizzazioni da un lato, e dall’altro sarà inevitabile un nuovo incremento fiscale». Per queste ragioni Rifondazione dice no. Occorrerà dunque – conclude Pegolo – «essere pronti a gestire la fase successiva dell’approvazione della legge, promuovendo un dibattito di massa a partire da subito, con il coinvolgimento delle assemblee elettive di tutti i i livelli istituzionali e, successivamente, aprendo un’iniziativa sul punto più controverso di questa legge: vale a dire i livelli essenziali delle prestazioni in nome dell’esigenza di un’offerta qualitativa e quantitativa che sia davvero omogenea dei servizi su tutto intero il territorio nazionale». Si ripartirà da qui.
CM su Liberazione del 22/03/2009