Crisi e modello contrattuale, confermata la giornata di lotta del 13 febbraio
Fabio Sebastiani
E’ nato pochi giorni fà, e ha già un sacco di problemi. L’accordo separato sul modello di contrattazione ieri è stato impallinato da Fiom e Funzione pubblica/Cgil che nel presentare lo sciopero generale del 13 febbraio (con manifestazione che terminerà in piazza San Giovanni) lo definiscono illegittimo, dal punto di vista costituzionale, e quindi non vincolante. Come se non bastasse, anche l’Abi ha fatto sapere che il testo firmato a palazzo Chigi senza la Cgil non va bene. Intanto, è guerra di cifre tra Cgil e Centro studi della Confindustria.
Secondo viale dell’Astronomia, i calcoli della Cgil, che applicando il “nuovo modello” aveva riscontrato una perdita secca in busta paga di 1.350 euro l’anno, sono sbagliati: dal 2009 al 2011 ci sarà, invece, un aumento di 2.523 euro. La differenza è facilmente imputabile ai riferimenti temporali.
La Cgil prende in esame il periodo dal 2004 al 2008, mentre la Confindustria no. Un dato, però, è comune. «Se si fosse applicata l’inflazione depurata dalla componente energetica, prevista con la nuova intesa – sottolinea Agostino Megale, segretario nazionale della Cgil – nel periodo 2004-2008, senza mai recuperare quella reale, i contratti avrebbero recuperato 2,5 punti in meno di inflazione (8,9% con i nuovi calcoli, contro l’11,4% osservato effettivamente, secondo di dati di Confindustria) pari a una perdita di 45 euro mensili nelle retribuzioni contrattuali».
Tornando alla risposta all’accordo separato di Fiom e Fp-Cgil, il segretario generale delle tute blu Gianni Rinaldini ha insistito molto sul concetto di rappresentanza. La Fiom ha già subito un paio di accordi separati. E il problema l’ha risolto stilando unitariamente una serie di regole che subordinano sia la piattaforma che l’ipotesi di accordo all’approvazione dei lavoratori. «Siamo la maggioranza assoluta – ha detto Rinaldini nel corso della conferenza stampa in Corso d’Italia – non ci sentiamo vincolati a nulla, per noi sia a livello aziendale, sia a livello nazionale l’accordo sulla riforma dei contratti non esiste se non sarà approvato dai lavoratori». Nel settore pubblico, ha sottolineato Podda, «dobbiamo chiudere ancora il contratto sul biennio precedente e per questo le nuove regole non valgono. Non dò per scontato che faremo una piattaforma separata: proporrò a Cisl e Uil di fare una piattaforma unitaria che non tenga conto dell’accordo poi vedremo la risposta e se saremo costretti a fare un accordo separato». In caso di piattaforma separata nel pubblico impiego, ha spiegato Podda, «come riferimento quello che è scritto nella piattaforma unitaria sulla riforma dei contratti (presentata a Milano un anno fa, ndr ) e cioè l’inflazione più vicina possibile a quella reale con la valorizzazione del salario nazionale e un integrativo più estensivo rispetto all’attuale». Rimango affezionato alla piattaforma unitaria», ha aggiunto Podda. Secondo il segretario generale della Fiom, «un accordo separato sulla riforma dei contratti è inconcepibile. Un accordo separato è destinato a far crescere le tensioni sociali». Senza contare il boom della cassa integrazione tra i metalmeccanici e i centomila precari che saranno messi fuori dalla pubblica amministrazione a partire da giugno. Secondo i dati forniti dalla Fiom, nel settore si registra un +1.000% nel 2008 rispetto all’anno precedente. Con la cassa integrazione, ha sottolineato Rinaldini, i lavoratori «in realtà percepiscono tra il 50 e il 60% della retribuzione».
Lo sciopero del 13 febbraio, hanno spiegato Rinaldini e Podda, vuole dimostrare che i lavoratori pubblici e i lavoratori privati non sono dilaniati così come qualcuno sostiene. Lo sciopero, hanno ricordato i sindacalisti, era stato deciso prima di quello generale del 12 dicembre indetto dalla Cgil e ne fu decisa la sospensione dopo la presentazione della piattaforma della Cgil per una politica anticrisi. «Lo sciopero – ha spiegato Podda – è a sostegno della continuità del rapporto di lavoro, è un no ai licenziamenti. Chiediamo misure fiscali sul contratto nazionale, non su quello di secondo livello destinato a diminuire in un periodo di crisi, con drenaggio fiscale e revisioni delle detrazioni fiscali». Anche se «gli scioperi in questa fase sono un sacrificio pesante», come sottolinea il segretario generale della Fiom, sono «necessari perché di fronte a una situazione drammatica dal punto di vista sociale, Governo e Confindustria utilizzano questa fase d’emergenza per fare una vera e propria aggressione: l’intesa separata sulla riforma del contratto è un atto di aggressione alla democrazia e alla costituzione democratica del Paese».
Da Liberazione del 27/01/09