di Dino Greco e Cosimo Rossi (Liberazione del 29/11/2009)
Il 5 dicembre inizia il cammino della Federazione: rovesciare la coazione a dividersi e rimettere al centro il conflitto sociale
Due coordinate luminescenti: “Invertire la coazione a ripetere le divisioni, rottamando il circuito che per 15 anni ha macinato la sinistra fino a provocarne la completa inattendibilità, e riposizionare esplicitamente il proprio baricentro nel conflitto sociale, che è un punto di riferimento decisivo”. Per Paolo Ferrero è attraverso questi due assi che dal prossimo sabato mattina deve incamminarsi la Federazione della sinistra, in quanto “principale bacino di coltura” attraverso cui dare consistenza a quella “massa critica” intesa a “mettere insieme tutti quanti sono disponibili a realizzare una sinistra autonoma, indipendente e strategicamente alternativa rispetto al Pd”.
E in quest’ottica il segretario del Prc considera “estremamente positiva” la partecipazione nel pomeriggio al No B day in cui si produco “spazi virtuali e forme di aggregazione che costruiscono coscienza”. Ovvero “lo spazio pubblico” di opposizione alla destra che è anche spazio abito da frammenti di progetto di alternativa.
D. Il “No B day” del prossimo sabato pomeriggio, può intendersi come una sorta di corollario, e insieme di verifica di piazza, dell’avvio del processo di Federazione della Sinistra e della sua sfida alla sinistra moderata del Pd?
R. Silvio Berlusconi è tendenzialmente un fascista, in quanto ha una concezione fascista del potere. Contro questo atteggiamento occorre realizzare una grande mobilitazione democratica. Per questo il 5 dicembre siamo in piazza con il No B day. E in questo senso sbaglia il Pd a non cogliere l’opportunità e la necessità di questa battaglia diretta nei confronti di Berlusconi in persona, per ciò che egli incarna simbolicamente. Così come, allo stesso tempo, bisogna far crescere i conflitti sociali sui punti di fondo, dalle questioni del lavoro in avanti, in quanto la forza del premier è quella di riuscire puntualmente a cambiare il terreno di discussione e far discutere di sé anziché dei problemi del paese. Invece dovrebbe rispondere riguardo ai problemi del paese rispetto ai quali non è in grado di produrre nessuna soluzione.
D. D’altra parte Berlusconi preferisce delineare scenari da “guerra civile”, che sarebbe frutto del complotto della magistratura insieme a parte dei suoi stessi alleati. In quest’ottica pensi che la minaccia di elezioni anticipate sia concreta o solo virtuale?
R. Francamente penso che si tratti più che altro di una minaccia. Non mi sembra che Berlusconi abbia veramente la forza per realizzare una tale spallata: non è d’accordo LA Lega che vuole finire l’iter dei decreti sul federalismo fiscale, non è schierata in quest’ottica la grande stampa e nemmeno Confindustria. Senza contare che sciogliere le camere è comunque una prerogativa del capo dello stato. Penso però che Berlusconi possa andare alle elezioni nel caso in cui si trovi davvero con le spalle al muro: per rivincerle e avere una maggioranza tale da mettere mano a ogni cosa, Costituzione compresa. Di conseguenza No B day e ripresa delle lotte sociali sono tutti interventi per arginare il tentativo berlusconiano di far saltare il banco e arrivare alle elezioni, così da poter poi cambiare la Costituzione col pugno di ferro, liquidare gli avversari e normalizzare gli alleati…
D. E nell’eventualità in cui il cavaliere provocasse le elezioni, le forze di opposizione, nelle loro differenti articolazioni, in che modo dovrebbero comportarsi per contrastare il disegno berlusconiano?
R. Sulla base del rischio di una torsione autoritaria connaturata al tentativo berlusconiano, noi sosteniamo anche l’esigenza di un accordo democratico tra tutte le forze di opposizione fondato sulla difesa della Costituzione: un accordo che permetta di battere Berlusconi e di modificare la legge elettorale, nel senso di un superamento del bipolarismo con una legge elettorale alla tedesca di matrice proporzionale.
D. Il No B day è nato soprattutto attraverso il tam tam sul web a cui ha aderito la Federazione della Sinistra e l’Idv. Ad oggi si profila giorno dopo giorno come una grande manifestazione. Rifondazione come pensa di capitalizzare la relazione con questo universo di forze in gran parte nuove e giovanili?
R. Secondo me intanto va segnato punto estremamente positivo: cioè il fatto che come Federazione di sinistra abbiamo avuto la prontezza e l’intelligenza di riconoscere questo protagonismo del popolo della rete e di aderire immediatamente alla manifestazione senz’altra pretesa. Le altre forze che hanno aderito, e non senza polemiche, lo han fatto tutte 10, 15 giorni dopo. Sono dunque molto felice di questa prontezza del partito nel mettersi subito in relazione con un fenomeno nato al di fuori di esso. Questa volta siamo arrivati in tempo e in forze all’appuntamento.
D. Di qui, come proseguire?
R. Penso che intanto ci sia il tema relativo a come si sta dentro la rete, producendo spazi virtuali e forme di aggregazione che costruiscano coscienza. Oggi, inoltre, nessuno è più in grado di fare da catalizzatore dell’opposizione in quanto tale: il che significa che dobbiamo concepire e realizzare sempre di più l’opposizione come una rete di relazioni tra soggetti politici e sociali, associazioni, aggregazioni spontanee. E’ questa una evoluzione che dobbiamo avere della nozione di internità ai movimenti che abbiamo attuato a Genova.
D. Luigi De Magistris, intervistato da Liberazione, definisce il Prc come fondamentale per la costruzione di un’alternativa al berlusconismo. Pensi che da parte dell’Idv ci sia un effettivo accostamento ai temi sociali?
R. Nella semplificazione dello scontro del basso contro l’alto, che caratterizza la situazione italiana, l’Idv tende a coprire qualsiasi cosa si muova dal basso. In questo senso abbiamo oggettive convergenze o se volete una concorrenza sullo stesso terreno. Detto questo la cultura, le pratiche politiche e gli obiettivi dell’Idv sono molto differenti dai nostri: si presenta come forma di populismo di sinistra, a differenza di quello di destra proprio di Berlusconi. La possibile convergenza sulla pratica non toglie quindi una prospettiva strategica completamente diversa.
D. Pensi che quello dell’Idv verso le tematiche sociali sia uno spostamento strutturale?
R. Questo lo vedremo. Perché quando Di Pietro è stato al governo con Prodi ha rappresentato la destra: dalle questioni ambientali, a quelle del lavoro, ai diritti civili e il boicottaggio della commissione di inchiesta sul G8 di Genova. In Europa, poi, stanno nel gruppo liberal-democratico, che è a destra della Cdu. Al momento non è una collocazione stabile. Ma di sicuro oggi stanno facendo l’opposizione con caratteristiche diverse. Quindi noi ci troviamo con elementi di convergenza e, laddove si può, sono per fare le cose insieme, perché penso che questa opposizione vada rafforzata.
D. Questo mentre il Pd al momento si distingue per un immobilismo quasi supino…
R. Sì, ad oggi indubbiamente è così. Il profilo politico del Pd sui nodi di fondo continua ad essere completamente irrisolto e non ha una iniziativa tale da mettere in difficoltà l’azione del governo di destra.
D. Il governo risulta assolutamente incapace di contrastare gli effetti della crisi, reagendo anzi in modo repressivo. D’altra parte, il problema dell’unificazione delle lotte continua a non trovare risposta adeguata. Avendo più volte sostenuto che una svolta politica è davvero possibile solo marciando sul solco e al fianco dei movimenti sociali, cosa pensi di questo deficit di unità della lotte?
R. A me pare che ci sia un deficit su due piani. Uno è quello sindacale. La Cgil pur avendo fato alcune cose buone non ha una pratica neanche lontanamente prossima alla necessità. Per cui hai la gente colpita che è furibonda, mentre quelli che non sono immediatamente colpiti formano solo opinione pubblica. Una situazione così chiede la costruzione di un movimento politico di massa. Chiede cioè l’attivazione di un tessuto militante quotidiano, città per città, territorio per territorio, che determini una condizione diversa nell’agenda sociale delle persone, nella loro quotidianità e nella loro vita.
D. Tuttavia non ti pare evidente l’affanno della Cgil riguardo alla definizione e l’attuazione di una piattaforma unitaria?
R. La piattaforma ci sarebbe. Ma, per questioni di malriposto rispetto verso il potere e di relazioni politiche, non si produce una connessione tra quella piattaforma e l’azione concreta.
D. Perché? Per una sorta di deferenza verso il centrosinistra politico?
R. No, più precisamente per relazioni con Confindustria e per relazioni col Pd. Perché a Corso d’Italia pensano che il governo sia il nemico e che quindi gli alleati siano la Confindustria e il Pd. Quindi Epifani parla come un commentatore politico, in tv o sui giornali, ma non c’è una consequenzialità nell’azione politica. A questo si aggiunge il problema politico: mi sembra cioè che tra Pd e Pdl siamo al bon ton: anziché porsi di fronte al fatto che c’è un governo di destra che realizza una politica classista, siamo appunto al duello in punta di fioretto. Quindi non c’è l’opposizione politica. E quella di Di Pietro è un’opposizione urlata, non ha un impianto di ragionamento alternativo. Ciò rende tutto complicato, in quanto fa sì che le lotte tendano a rimanere separate, venendo a mancare un orizzonte sia di lotta che di prospettiva. Ed è qui che entriamo in ballo noi.
D. E in che modo?
R. Innestando sul disagio generato dalla crisi e sul lavoro sociale anche una massa critica sul piano politico: una massa critica che renda credibile un progetto di alternativa e di rovesciamento del liberismo, ma anche le parole d’ordine di lotta che permettano di unificare le forze e incidere nell’organizzazione del conflitto. La Federazione della sinistra è il bacino di coltura questa massa critica.
D. Cioè?
R: La federazione è l’idea di mettere insieme tutti quanti sono disponibili a realizzare una sinistra autonoma, indipendente e strategicamente alternativa rispetto al Pd, cioè alla sinistra moderata e social liberista: nella consapevolezza che non solo il liberismo è fallimentare e dispotico ma anche che la socialdemocrazia è defunta. Si tratta perciò del tentativo rottamare una volta per tutte l’automatismo che per 15 anni ha macinato ininterrottamente la sinistra fino a provocarne l’assoluta inattendibilità. In altre parole, la Federazione secondo me si sviluppa lungo due assi, che esplicitano due precise intenzioni: e cioè farla finita una volta per tutte con la coazione a ripetere divisioni successive fino a quella dell’atomo e riposizionare chiaramente il proprio baricentro nel conflitto di classe, che è un punto decisivo ed è ora di smettere di sminuirlo. Vogliamo provare a realizzare la Federazione attraverso queste due coordinate.
D. In questo senso è plausibile anche riannodare il rapporto con la sinistra diffusa, dei comitati, nonché con l’astensionismo cresciuto nell’ultimo decennio anche come atteggiamento punitivo verso le sinistre?
R. Ovviamente si. Il progetto della Federazione nasce da quattro forze che lo hanno promosso ma non è per nulla chiuso a queste quattro forze. I promotori vogliono essere coloro che rendono possibile un processo, che lo promuovono, con l’obiettivo di allargare con la logica del figliol prodigo.
D. Con quali regole?
R. Un meccanismo molto banale: nessuna forza può avere più del 50 per cento e ogni decisione deve essere assunta a maggioranza di due terzi. Appunto perché l’idea è quella di lavorare ad allargare. Sabato parte il percorso costituente attraverso cui ci si potrà tesserare alla federazione, oppure ai partiti, o potranno aderire gruppi o associazioni in quanto tali: per arrivare allo svolgimento di un congresso costitutivo nel 2010 in cui varrà il principio “una testa un voto”.
D. Dunque il Prc, come gli altri soggetti, continueranno tutti a vivere delle proprie libere elaborazioni e legittime aspirazioni al di là di quanto realizzeranno nel territorio comune della federazione.
R. Ovviamente, come abbiamo detto a Chianciano Rifondazione vive per l’oggi e per il domani. La questione a me pare abbastanza semplice. E’ evidente, per esempio che la federazione dovrà assolvere al ruolo istituzionale, che ci si propone di andare insieme alle elezioni. Questo esalta il ruolo del nostro partito che avrà molto più da fare sul piano delle relazioni sociali e della costruzione di cultura politica adeguata alla prospettiva della rifondazione comunista. La Federazione E’ la costruzione di uno spazio pubblico di dibattito e azione politica: tu non è che ti dilegui nello spazio pubblico, lo abiti.