di Loredana Fraleone
Nei prossimi giorni più di due milioni di alunni di varie classi ed ordini di scuole saranno coinvolti nelle prove INVALSI, ossia saranno loro somministrati una serie di quiz elaborati a livello nazionale, per “misurare le abilità conseguite” in alcune discipline e di conseguenza l’efficacia dell’insegnamento loro impartito.
Persino la Fondazione Agnelli, che si occupa di formazione e ispiratrice della misurazione delle abilità attraverso i quiz, non si mostra soddisfatta dell’operato del MIUR, soprattutto per l’istigazione alla disobbedienza degli insegnanti, nella somministrazione e correzione dei test, provocata dalla prospetiva dell’assegnazione di premi ai “migliori”.
In realtà c’è qualcosa di più profondo nell’avversione diffusa da anni nelle scuole alle prove INVALSI, c’è il rifiuto di un’espropriazione di quello che giustamente viene considerato il cuore della professione docente: la valutazione connessa al progetto didattico educativo, che ogni insegnante elabora in relazione al contesto in cui opera, profondamente diverso da territorio a territorio e persino da classe a classe. La violazione di questa prerogativa, attraverso quiz standardizzati, che riducono la scelta della risposta giusta tra bianco e nero, viene avvertita come un attacco alla determinazione dei docenti sui processi d’apprendimento, dato che la valutazione non ne è altro che una componente.
Quest’anno poi, dopo l’approvazione dei decreti attuativi di alcune parti della legge 107 detta “Buona Scuola”, la finalità dello strumento INVALSI, con il mero uso degli insegnanti come somministratori di prove elaborate da altri, è ancora più evidente, tanto più che entrerà nella valutazione per gli esami di Stato alle superiori e dal prossimo anno nell’ammissione a quello di terza media.
I sindacati di base hanno indetto scioperi e forme di mobilitazione per il periodo delle prove e la FLC assemblee provinciali nel giorno di quelle alle superiori, individuando nella somministrazione e correzione delle prove non solo un problema strettamente sindacale, ma una grave lesione della funzione docente. Ai COBAS della scuola, in particolare, va dato atto di condurre da anni una battaglia culturale costante su questo tema così importante.
La resistenza nelle scuole, nei confronti della 107, subita dopo una grande mobilitazione, passa oggi anche attraverso il boicottaggio dell’INVALSI, attraverso l’adesione allo sciopero e alle altre forme indicate dai sindacati di base. L’attenzione e forse anche l’adesione alle iniziative in campo sembra in crescita, il PRC le sostiene tutte.