Ieri lunedì 14 maggio, in Sala Mandarà a Vittoria si sono riuniti rappresentanti degli studenti, dei docenti e dei dirigenti scolastici per dibattere insieme al mondo scolastico sulle modalità e finalità delle prove Invalsi.
Dai test Invalsi la Scuola Pubblica non trae alcun giovamento, è quanto emerso dalla riunione organizzata dal direttivo della Consulta alle Politiche Giovanili e dell’Istruzione Secondaria Superiore e Universitaria. Essi mirano a misurare e non valutare il livello di conoscenze degli studenti italiani, cercano di standardizzare gli studenti e gli insegnanti, non tengono conto degli studenti con difficoltà d’apprendimento o diversamente abili.
Le prove Invalsi, inoltre, non prevedono differenziazioni per il contesto sociale in cui si trova lo specifico istituto scolastico. In determinati quartieri le scuole non hanno solo il compito di accrescere le conoscenze nozionistiche degli studenti, bensì i docenti hanno il dovere di interessare lo studente più difficile, fargli comprendere il potere dell’istruzione, che da sempre ha svolto la funzione di ascensore tra classi sociali, limitare la dispersione scolastica e di conseguenza far diminuire la criminalità giovanile.
In un periodo di crisi il governo sceglie di spendere importanti risorse per sovvenzionare un test senza alcuno scopo formale piuttosto che investire sulla precaria edilizia scolastica e su corsi di formazione e aggiornamento degli insegnanti.
Alcuni insegnanti cercano pure di “ammaestrare” gli alunni allo svolgimento del test, istigandoli anche in tenera età, a pensare a crocette piuttosto che invogliarli a sviluppare la loro creatività, a volte anche suggerendo l’acquisto di testi extrascolastici specifici a spese delle famiglie. Questi atteggiamenti, seppur comprensibili da una classe docente che si sente anch’essa sotto giudizio, degenerano lo scopo formale del test Invalsi e inficiano ulteriormente i risultati, puramente statistici, che da esso dovrebbero scaturire.
Ogni processo valutativo, soprattutto se applicato a fasce così ampie di popolazione, deve avere alle spalle una solida e condivisa teoria dei valori, raggiungibile solo dopo un dibattito sociale e culturale tra le parti interessate, aspetto totalmente tralasciato dai vertici del Ministero dell’Istruzione.