di Mimmo Cosentino su liberazione.it, 15 marzo 2013
Partirà da piazza Cairoli a Messina, domani sabato 16 Marzo, alle 15,30, la manifestazione contro la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Un appuntamento che si pone l’obiettivo di chiudere definitivamente, e senza possibilità alcuna di resuscitarla in futuro, l’opera con il suo carico di affari e di devastazioni.
La Rete No Ponte e, con essa, l’insieme dei movimenti e delle forze sociali e politiche che da decenni si battono contro “il Mostro di Messina”, sono consapevoli del fatto che non possa e non debba ripetersi l’inganno prodotto dal centrosinistra guidato da Prodi. Infatti il 25 Ottobre del 2007, il Senato, chiamato a convertire il decreto 159/2007, in presenza di una formale richiesta dei gruppi parlamentari di Rifondazione comunista, condivisa dalle altre forze di maggioranza, che prevede lo scioglimento formale della società Stretto di Messina e la revoca delle risorse finanziarie messe a disposizione in precedenza dal governo Berlusconi, boccia la proposta con i voti congiunti del centrodestra e quelli dei seguaci di Mastella e Di Pietro, allora Ministro alle infrastrutture.
Il compromesso successivo fu un imbroglio: le risorse pubbliche vennero ridotte considerevolmente, in misura tale da rendere impossibile la realizzazione della grande opera. Contemporaneamente vennne prevista una penale a tutela delle imprese “senza mai spiegare come una società con un capitale di 300 milioni avrebbe potuto pagare una penale di oltre 500 milioni di euro” (Ivan Cicconi, Introduzione a Il Ponte, l’araba fenice del neoliberismo, Sicilia Punto L).
D’altronde, qualche mese prima, lo stesso Prodi, nonostante il programma sottoscritto e presentato agli elettori, non solo aveva confermato la nomina, fatta dal Caimano, di Pietro Ciucci ad Amministratore delegato della Società Stretto di Messina, ma addirittura lo aveva gratificato della promozione al vertice dell’Anas. Un Presidente di Amministrazione uno e bino, controllore e controllato di se stesso. Nessun mistero, soltanto una comune appartenenza alla Casta dei Boiardi di Stato, data dalle passate frequentazioni e amicizie nelle stanze dell’Iri.
Sappiamo com’è finita. Berlusconi, con la finanziaria del 2008, ha rifinanziato l’opera, ha garantito la fornitura di altro olio al motore delle progettazioni, degli studi, delle consulenze, senza che, a tuttoggi, sia stato varato alcun progetto esecutivo.
La storia sembra ripetersi ancora una volta. Infatti il decreto sviluppo del 2 novembre 2012, a firma di Monti e Passera, motivando con la “tensione nei mercati finanziari” (sic!) e la necessità della “verifica della sostenibilità del piano finanziario”, deliberava la sospensione di due anni dell’infrastruttura. Nello stesso tempo impegnava la Stretto di Messina ad avviare “le necessarie iniziative per la selezione della migliore offerta di finanziamento dell’opera con capitali privati”. E, in caso di mancata individuazione del soggetto finanziatore entro il termine previsto per l’esame del progetto definitivo, considerava “caducati” gli atti relativi alla realizzazione del Ponte, ivi compresi concessioni, convenzioni, rapporti contrattuali stipulati dalla società.
Bene, i termini sono scaduti, ma il governo Monti non ha provveduto ad alcun atto formale per rendere esecutive le deliberazioni assunte, né Crocetta ha provveduto a ritirare la partecipazione, e le relative risorse messe a disposizione dalla Regione Sicilia, dalla Società Stretto di Messina.
Mentre è ripartito il tam tam su un presunto interesse dei cinesi a farsi carico della costruzione del Ponte, e viene continuamente rilanciata l’operazione terroristica, portata avanti da Il sole 24 ore e da La Sicilia di Mario Ciancio, di una penale che verrebbe richiesta da Impregilo di un miliardo di euro.
La manifestazione di Sabato 16 Marzo pone pertanto alcuni obiettivi certi: rivendicando lo scioglimento immediato della Stretto di Messina s.p.a., la nomina di un commissario liquidatore, il rimborso delle spese concretamente effettuate e certificate.
Ma mette sul piatto soprattutto significative rivendicazioni politiche: le risorse pubbliche disponibili debbono essere indirizzate al risanamento di un territorio piagato dalla cementificazione e colpito da continue frane e alluvioni, sia sul versante ionico che su quello tirrenico, il potenziamento della rete ferroviaria regionale e dei collegamenti pubblici con il continente, il rilancio di un modello di crescita economica fondato sulla sostenibilità ambientale e sulla sovranità alimentare.
E’ in gioco, più in generale, il destino della Sicilia e delle sue popolazioni, se pensiamo all’uso che se ne sta facendo da decenni del suo territorio, militarizzato da Sigonella a Niscemi a Trapani Birgi, devastato da una industrializzazione che ha puntato sulla petrolchimica a scapito dell’agricoltura e della salute dei cittadini, deturpato dalla cementificazione delle sue coste e ora minacciato anche dall’ampliamento deciso da Monti delle trivellazioni previste nelle sue acque, peraltro in aree a forte rischio sismico. Un intreccio finanziario-affaristico-imprenditoriale nel quale l’accumulazione mafiosa pasce e si riconverte, e contro cui è necessario più che mai estendere l’opposizione popolare e la rivendicazione di un altro modello produttivo.
Dopo Messina, l’appuntamento più vicino e di grande rilevanza simbolica è quello di Niscemi, il 30 Marzo, contro il Muostro, assieme ai comitati ambientalisti, al movimento pacifista, alle Associazioni e ai territori in lotta, alle Mamme No Muos. Una rivoluzione in corso, dei soggetti sociali contro le classi dirigenti, nella quale si vanno tessendo le relazioni dal basso per una alternativa ai disastri prodotti dagli interessi capitalismo e del liberismo.