di Maria R. Calderoni – da Rifondazione.it
Cara Bianca, se ti aspetti da me quello che anche tu, ridendoci sopra, chiameresti il solito “coccodrillo”, ti sbagli. Sono venuta a salutarti nella tua bara foderata di raso, lì nella sala grande del partito, coi fiori, le luci, la bandiera e ti ho visto. Ti ho visto bene. Il tuo volto era bianco, bianchissimo, quasi luminoso, solo un poco disteso sul cuscino – solo un poco – e un leggero sorriso lasciato lì, a vagare intorno (non si sa mai). Ti ho visto, eri proprio tu, come sempre, a parte quel piccolo incidente di essere morta. Ti ho visto, e mi hai fatto cenno di non farti “il necrologio ufficiale”.
Quello te lo hanno gia fatto in tanti, il Segretario, i circoli, l’Anpi, i compagni di ogni parte e città che ti hanno conosciuto. Io voglio solo dirti che, su quel tuo letto di raso, eri bellissima. Il viso di una come te che ha vissuto la vita semplice e grande di chi come te ha avuto la fortuna di avere degli ideali e di portarli con sé fino all’ultimo. Di battersi nel loro nome fino all’ultimo.
Comunista, che ci volete fare. Nell’odierna epoca brutta in cui a molti, moltissimi – li conosci bene, vero, Bianca? – questa parola suona strana se non disdicevole, tu non hai mai pensato di potertene disfare, di questa parola. Ce l’avevi addosso, te la portavi dentro, era la tua e non c’era nulla, per te, con cui la potessi cambiare. Andava bene così. Comunista.
Stai tranquilla, ho visto bene che lì nella tua bara mi stavi strizzando l’occhio, guarda che se dici così diranno le solite cose, che sono conformista, vetero, becera, ottusa, antidemocratica, pericolosa per i popoli e per i bambini… Lo vedo, mi stai strizzando l’occhio e te la ridi, ricordandomi – come facevi sempre – che agli stupidi non si devono risposte, tanto non capirebbero, sono stupidi. Hai ragione, impenitente comunista d’antan. Lasciamoli dire, del resto tu non li hai mai degnati di uno sguardo. Hai preferito lottare senza mai smettere per quegli ideali in cui credevi. Dei begli ideali.
Tutt’altro che chiusa e monolitica, hai combattuto da quella persona intelligente, colta, studiosa, critica che eri. Non hai mai risparmiato né prese di posizione, né riflessioni scomode, né espliciti consensi quanto altrettanto espliciti dissensi, “libera” ancorché comunista (vedo che fai il tuo solito sorrisetto ironico dentro la bella foto che ti hanno messo lì sopra dove giaci). E hai proprio dimostrato, cara Bianca, con la tua militanza lunga settant’anni, con tutta la tua vita, con la tua imperterrita battaglia senza cedimenti che sì, gente, c’è una grossa novita: che si può essere comunisti e contemporaneamente intelligenti e liberi! Persino arguti, persino creativi, persino felici (per quanto ci è dato di esserlo su questa terra). Insomma, l’hai fatta proprio grossa, cara Bianca. Dimostrare – che dico, addirittura testimoniare – che un comunista può essere così!! Alla faccia loro, anticomunisti vicini e lontani (vedo dalla foto che fai il tuo solito sorrisetto ironico…).
Il tempo passa. Il tempo é passato (anche per me, che ti credi?) e rivedo. Quell’anno ci trovammo insieme nello scompartimento di quel treno che ci portava al congresso horribilis di Rimini, io ci andavo come giornalista dell’Unità e tu come delegata; e ci trovammo inisieme ad applaudire in quella saletta dove Lucio Magri entró al grido di “viva Marx viva Lenin viva Mao Tse Tung”, annunciando che a Occhetto erano mancati i voti per essere eletto segretario del postPci. E con Cossutta e gli altri sei andata subito a firmare l’atto che doveva dar vita a Rifondazione comunista.
E qui sei rimasta. Impegnata, forte, lucida, (vedo dalla foto che fai il solito sorriso ironico, perché non dici irriducibile?) e senza pentimenti. Bisognava rincominciare. Futura Umanità. Mi ricordo bene. Alle prime, primissime riunioni sul progetto – era appena un pallido, incerto progetto – di dar vita a un giornale, tu eri lì. Eri Bianca. Bianca ci sarebbe stata per sempre. Eri Bianca.
Mica lo nasconderesti tu, figuriamoci. Vogliamo dirlo? Beh, nel nostro partito ne abbiamo viste di belle e di brutte, siamo passate attraverso scissioni e rinascite, crisi e ripartenze, entusiasmi e delusioni, vittorie e sconfitte. Ma tu eri Bianca. Non hai mai smesso di esserlo. Ti ho visto batterti anche dentro il partito, prenderti le tue posizioni, dissentire o approvare, fare le tue scelte: e sempre a viso aperto, guardando negli occhi. Eri Bianca (Bianchina per gli amici). Liberamente comunista, una così.
Bianca c’era. Da quell’anno di Rimini fino a pochi mesi fa. Essendo nella stessa “casa”, l’ho vista sempre così, al lavoro, nelle iniziative, nei seminari, nei corsi sull’antifascismo, nelle feste di Liberazione, nei cortei, negli organismi dirigenti. L’ho vista fare tante cose, Bianca, tante cose belle e importanti. L’unica cosa che mai ho visto fare, a Bianca, è stata quella di preoccuparsi per se stessa, per una ambizione, un interesse, una promozione, un previlegio, una poltrona. Mai chiesto niente per sè, quella comunista d’antan.
Però le piaceva Brecht.
Allora, Bianca (Bianchina, per gli amici) non fare il tuo solito sorrisetto (ironico), se ti saluto “volutamente” nel modo piu “conformista” possibile: proprio come piacerebbe a te, ex ragazza spiritosa, con una poesia, pensa un po’, di Brecht.
Una poesia che ti racconta, non lo sapevi?
“L’ingiustizia oggi cammina con passo sicuro.
Gli oppressori si fondano su diecimila anni.
La violenza garantisce: com’è, resterà.
Nessuna voce risuona tranne la voce
di chi comanda,
e sui mercati lo sfruttamento dice alto:
solo ora io comincio.
Ma fra gli oppressi molti dicono ora:
quel che vogliamo non verrà mai.
Chi è ancora vivo non dica: mai!
Quel che è sicuro non è sicuro.
Com’è, così non resterà.
Quando chi comanda avrà parlato
parleranno i comandati.
Chi osa dire: mai?
A chi si deve se dura l’oppressione? A noi.
A chi si deve se sarà spezzata? Sempre a noi.
Chi viene abbattuto, si alzi!
Chi è perduto, combatta!
Chi ha conosciuta la sua condizione,
come lo si potrà fermare?
Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani
E il mai diventa: oggi!”