La vicenda di Licata, con la sfiducia al sindaco reo di avere dato il via alle ordinanze di esecuzione della Procura di Agrigento, ci dice moltissime cose. Proviamo ad evidenziarne alcune, nella speranza che si dia vita, oltre che ai tanti pronunciamenti ipocriti e di rito, ad un rilancio delle battaglie e per l’attuazione costituzionale del diritto all’ambiente e dei beni comuni. L’occasione delle elezioni regionali siciliane fornisce una occasione da cogliere al volo per definire una proposta programmatica che vada oltre i soliti richiami generici e unanimistici, retorici, inutili e inefficaci.

1.Intanto va espressa solidarietà al sindaco di Licata, per gli attentati che hanno accompagnato e preparato questa fase convulsa che ha portato alla sfiducia, promossa tra gli altri dal suo schieramento politico di appartenenza (area centrista e di centrodestra). In una terra segnata dalla illegalità diffusa, dalla sua reiterazione e dalla legalizzazione dell’illegalità, pratiche su cui si è costruita parte dell’accumulazione mafiosa e del consenso clientelare, non è cosa da poco. Riconoscere questo dato valoriale, è fondamentale, è la precondizione per definire il proprio campo di appartenenza. A partire da ciò, esprimiamo a Cambiano la solidarietà del Prc. Una solidarietà che non è condivisione del suo operato amministrativo, né della appartenenza politica sua e delle liste civiche che lo hanno sostenuto e che ora calano la maschera sul trasformismo della loro composizione e ispirazione. Su una questione specifica e primaria, come la gestione dell’acqua, noi non solo non possiamo condividere con Cambiano scelte privatistiche, ma pensiamo che sia doveroso difendere la propria comunità dalla gestione speculativa e vessatoria di Girgenti acque. Ci dicono che la Giunta Cambiano non lo ha fatto.
2.La battaglia per la legalità va accompagnata, in ogni territorio e in tutte le sedi istituzionali, alla lotta per la trasparenza amministrativa e giuridica, per evitare che, nell’opacità dei pareri tecnici e delle consulenze, passino, come spesso accade ed è accaduto, nella gestione delle istanze di edificazione e nella valutazione del rispetto dei codici, interpretazioni “di classe”, naturalmente a vantaggio esclusivo dei ricchi e dei potenti.
3. C’è un terzo problema: ovunque in Sicilia, dal ragusano al siracusano, dal trapanese al catanese, registriamo una cementificazione inarrestabile, ben dentro i 150 metri dalla battigia, ad una aggressione costante all’ambiente e al territorio, attraverso l’interpretazione flessibile di leggi nazionali e regionali, di regolamenti edificatori, di piccole e grandi sanatorie. Una situazione che rimanda alla necessità di un codice unico nazionale e regionale sulle edificazioni e alla denuncia delle responsabilità politiche di quanti governano a Roma e in Sicilia, e delle loro colpevoli complicità. Una situazione che richiede un massiccio rilancio dell’intervento pubblico nelle politiche abitative. E soprattutto ad una azione uniforme della magistratura. In uno splendido libro edito da Sellerio, Peppino Di Lello ha saputo magistralmente spiegare che non esiste una giustizia al di sopra della società civile, che i giudici, come i politici, i sindacalisti, gli imprenditori ne sono parte.
4. La violenza sistematica a territorio e ambiente, favorita da una continuità legislativa asservita al blocco del cemento e della grande imprenditoria, di un sindacato confederale subalterno alla cultura di uno sviluppo tout court, opera indisturbata in Sicilia nelle trivellazioni dei mari e della terra, nell’estrazione delle pietre lungo gli argini rocciosi dei fiumi, nelle discariche autorizzate di Siculiana e di Motta S.A., come in quelle del messinese, nelle radiazioni elettomagnetiche del Muos di Niscemi, nei depositi dei rifiuti tossici e nocivi, nel lentinese, come nell’ennese e nel vallone nisseno, nei tanti villaggi turistici a mare, in collina, in montagna, dentro e a ridosso delle riserve, delle oasi, dei parchi. In moltissime di queste realtà, la gestione è in mano agli esponenti di Sicindustria ed anche all’economia mafiosa, e con tanto di concessione pubblica. Né è pensabile risolvere il problema con la realizzazione dei termovalorizzatori, piccoli, medi o grandi che siano.
5.In conclusione, i programmi per le regionali, le facce che li rappresenteranno, le alleanze che si faranno, richiedono criteri su cui misurare la distanza o la vicinanza con nuove e vecchie compromissioni. Sia detto chiaro e tondo Alfano non è l’unico impresentabile, sono inaccettabili le politiche di tutti i governi cui ha partecipato il Pd, come pure i nomi delle e dei tanti complici che, fin dalla condivisione entusiastica della rivoluzione crocettiana, hanno segnato cinicamente la vita di milioni di siciliane/i, delle nuove generazioni in primo luogo, votando leggi e provvedimenti antisociali.
6. Non intendiamo regalare ai cinque stelle una comoda e opportunistica collocazione dalla parte del cosiddetto abusivismo di necessità. Ma perché questo avvenga, occorre stare fuori dal coro ipocrita del legalitarismo di classe e di facciata, e dai tavolini del civismo mascherato.
Mimmo Cosentino, segretario regionale Prc Sicilia