Il segretario Prc: partiti di sinistra coordinati ma non uniti
Paolo Ferrero, domani (oggi per chi legge, ndr), università e scuola tornano in piazza. Come può Rifondazione interagire o essere percepita come utile da questo movimento che finora ha mostrato di non aver bisogno di nessuno dei partiti?
E’ vero che questo movimento è apartitico ma è comunque molto politico e chiede cose di sinistra. Pone per esempio il tema del sapere come bene pubblico e ha ben chiaro che non vuole pagate i costi di questa crisi. Il fatto che non voglia rappresentanza e non chieda deleghe a nessuno dimostra per me tutta la sua forza e la sua maturità. Credo che si rafforzerà se, grazie alla scelta della Cgil, riuscirà a unirsi allo sciopero generale a difesa del lavoro, dei redditi e di lotta al carovita. Se a dicembre le due cose si salderanno allora sarà possibile una risposta generale di sinistra a questa crisi con un movimento politico di massa che parte da problemi specifici – la scuola o i licenziamenti – ma è in grado di contrastare scelte non solo del governo di destra ma della Confindustria. Solo se studenti e lavoratori si uniranno sarà possibile contrastare la crisi che stiamo vivendo. Il compito della sinistra è proprio aiutare ad uscire dall’isolamento, deve favorire le connessioni.
Nelle sue tesi, Bertinotti mi pare parta proprio da questa condizione generale della sinistra, rilancia la costituente ma senza addentrarsi troppo sulle formule elettorali.
Su una cosa sono molto d’accordo con lui. E cioè che il problema enorme che abbiamo di fronte è l’efficacia dell’opposizione di sinistra. Qui si può fare una cosa da subito ed è il coordinamento delle opposizioni. Un lavoro comune di tutte le forze politiche e sociali di sinistra sia a livello territoriale che nazionale.
L’avevi proposto anche l’11 ottobre ma non mi pare che da allora abbia fatto molta strada.
Confido che si possa fare oggi anche perché la Cgil si dispone allo sciopero generale e perché non c’è nessuno contrario. Dopo l’11 è ripresa una deriva politicista sulle costituenti che non ci porta da nessuna parte e che ha impedito di fare quello che per me è essenziale, cioè costruire un’opposizione di sinistra non settaria.
Hai in mente iniziative su cui convocare questo coordinamento?
Non ripropongo una forma specifica ma per me questa è l’urgenza inderogabile.
Un’obiezione però ti è stata fatta. E cioè che così escludi l’opposizione più larga, cioè II Pd.
Vedi, non ho difficoltà a trovar convergenze particolari col Pd. Va benissimo lottare assieme per la scuola pubblica o per l’aumento dei salari. Credo però che ci debba essere la capacità di fare una battaglia a tutto tondo. Cito Alitalia ma potrei dire il lodo Alfano, le grandi opere o la questione enorme della riforma della contrattazione, in cui il Pd si muove mediando con la Confindustria. Con la sinistra moderata faremo il possibile fin dove si può. Ma se ci avvitiamo di nuovo sul rapporto col Pd finiremo per diventarne una semplice quanto inutile appendice.
Ma avere cinque o sei partiti di sinistra spaccati al loro Interno e litigiosi tra di loro non è una grave contraddizione con il tema dell’efficacia che dicevi prima?
Non è che l’opposizione parlamentare, che ha numeri molto diversi dai nostri, abbia un’efficacia molto maggiore. L’unico argine al governo finora è il movimento e potenzialmente i futuri referendum. L’efficacia si misura sulla costruzione di un movimento di massa che va al di le delle forze politiche comunque ordinate. Anche se ci fosse un partito solo i problemi resterebbero. Per me le diversità tra partiti, movimenti, associazioni sono un valore. Dobbiamo ripartire come dopo Genova, provare a sanare una frattura tra politica e società che va ben oltre la frantumazione della sinistra. Partire da dopo Genova sapendo che abbiamo sbagliato proprio nel dare a quella scelta lo sbocco del programma dell’Unione. Quello è stato l’errore tragico che ha determinato tutte le scissioni e i fallimenti di questi anni. I problema principale per me è il rap porto tra la sinistra e la società, non all’interno della sinistra. Dovremmo smetterla con i litigi.
Ma è Rifondazione per prima che pare «litigare» parecchio.
Io spero che si possa superare. C’è stato un congresso democratico e il partito ha un suo indirizzo. La costituente di sinistra prima veniva motivata per il deserto sociale che c’era, oggi col suo opposto e cioè per la ripresa dei movimenti. Ora basta. L’essenziale è il nostro rapporto con la società.
Ma questa «tregua» con Vendola è vera o è un’invenzione del giornali?
Io spero di sì. Eviterei guerre e polemiche e andrei nel merito.
E nel merito qual è la cosa che vi divide di più?
La costituente di sinistra e lo scioglimento di Rifondazione. E poi il rapporto col Pd in cui secondo me non si trae la lezione del governo dell’Unione. Quell’esperienza ci ha detto che questa sinistra moderata ha forti elementi di subalternità ai poteri forti e quindi non è disponibile così com’è a un processo riformatore.
L’ipotesi di un cartello elettorale che unisca il possibile ti convince?
Non ne abbiamo ancora parlato. Ma è un’idea diversa da quella decisa al congresso. Alle elezioni andremo come Rifondazione. Col massimo allargamento ma come Rifondazione. Se ne riparlerà a gennaio. Farlo oggi lo considero un drammatico errore di politicismo autoreferenziale. Il lavoro di Rifondazione in questi mesi sarà nel territorio e nella società.. Nel modo più largo possibile, con tutti quelli che ci stanno.
Nemmeno alle europee?
Lì c’è anche un problema in più. Il punto della Sinistra europea e dell’adesione al gruppo parlamentare del Gue per noi è decisivo. Ci si candida in Europa per dire cosa si farà lì, non per un fatto interno all’Italia.
E a Diliberto che ti chiede di rompere gli indugi e unire I comunisti?
Do la stessa risposta. Dico a Diliberto che intanto iniziamo a lavorare insieme, che forse la gente si accorge che c’è ancora la sinistra e i comunisti. Lavoriamo su Alitalia, prepariamo lo sciopero generale. O si parte dal basso oppure sono solo pie illusioni.
Quindi sul plano della rappresentanza ognun per sé.
Finora non c’è stata nessuna proposta unitaria. Solo proposte di spaccature in modi diversi. Non è che unire quattro o cinque debolezze fa una forza se poi nel paese non cambia nulla. I vari partiti rispettino le proprie differenze ma lavorino insieme . Io sono comunista, non chiedo che tutti lo siano, ma lavoro con gli altri a partire da questa esperienza. Quando dico che il Prc sarà autonomo ma non autosufficiente penso che dentro il percorso ci debbano essere tutti. Va ricostruita una comunità articolata, che veda le diversità come ricchezza e non come limite.
di Matteo Bartocci – Su Il Manifesto del 14.11.08