di Antonio Mazzeo –Intervento all’incontro-dibattito “USA – NATO – Unione Europea: La crisi ucraina e la ricostruzione del movimento contro la guerra”, Roma, 6 marzo 2015.
Per sostenere e “difendere” il regime fascista di Kiev, l’amministrazione Obama e il complesso militare-finanziario-industriale degli Stati Uniti d’America sono pronti a utilizzare i più micidiali strumenti di guerra. A metà febbraio, Washington ha ribadito le proprie intenzioni belliche di fronte ai partner europei e alla Russia di Putin, rischierando a Spangdahlem (Germania) dodici aerei da attacco al suolo A-10 Thunderbolt II e 300 aviatori del 355th Fighter Wing dell’US Air Force, provenienti dalla base aerea di Davis-Monthan (Arizona). I sofisticati velivoli hanno disseminato morte e distruzione in Afghanistan, Iraq e Libia: sono armati con cannoni lunghi più di sei metri, i GAU-8/ “Avenger” (vendicatori), in grado di sparare fino a 4.200 colpi al minuto. I proiettili di 30 centimetri contengono ognuno 300 grammi di uranio impoverito e riescono a perforare facilmente blindati e carri armati. “I Thunderbolt opereranno per i prossimi sei mesi congiuntamente ad altri velivoli da guerra della Nato principalmente lungo le frontiere di Russia, Lituania, Estonia, Romania e Bulgaria, ma potranno essere impiegati in caso di crisi anche nel continente africano”, ha dichiarato il Dipartimento della difesa Usa.
Il trasferimento in Europa degli A-10 dell’US Air Force è stato deciso nel quadro della cosiddetta “Operation Atlantic Resolve”, la missione militare avviata dal Pentagono dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, e rientra nel Theater Security Package (TSP), il piano di sicurezza e di “difesa attiva” che prevede la predisposizione di reparti di pronto intervento nelle aree del pianeta ritenute “sensibili”. “Atlantic Resolve è un’ulteriore dimostrazione della volontà degli Stati Uniti di contribuire alla scurezza collettiva della Nato e supportare i nostri partner in Europa orientale, alla luce dell’odierno intervento russo in Ucraina”, ha riferito il generale Ben Hodges, comandante dell’Esercito americano in Europa (USAREUR, US Army Europe).
Il piano statunitense di rafforzamento della propria presenza militare in funzione anti-Russia prevede pure che ad aprile un imprecisato numero di cacciabombardieri F-15C “Eagles” siano trasferiti dagli Stati Uniti in alcune basi europee, sino ad oggi top secret. Sempre nel quadro dell’operazione “Atlantic Resolve”, lo scorso mese di gennaio 75 velivoli da combattimento “Stryker” del 2° Reggimento di Cavalleria di US Army sono stati schierati in alcuni paesi dell’est Europa per partecipare a una serie di esercitazioni con le forze terrestri dei partner Nato. Contemporaneamente, un centinaio di militari della IV Divisione di Fanteria dell’esercito Usa di stanza a Fort Carson (Colorado) sono giunti in Germania per coordinare in ambito alleato le operazioni terrestri di “contenimento” della Russia sul fronte orientale. A partire dal mese di marzo, oltre 3.000 militari del 1st Heavy Brigade Combat Team, della 3rd Combat Aviation Brigade, della Divisione d’artiglieria e della 3rd Infantry Division saranno distaccati per non meno di tre mesi in Germania, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Bulgaria. “Grazie a queste unità, il numero delle esercitazioni con i nostri alleati nel quadro di Atlantic Resolve aumenterà del 60% nel 2015”, ha spiegato il generale Tom Jones, vicecomandante dell’US Air Force in Europa.
Nel 2014, il personale Usa assegnato alle basi dell’Europa orientale è cresciuto di 3.000 unità, sommandosi così ai circa 67.000 militari già presenti nel continente. In particolare, più di 400 tra militari e dipendenti civili statunitensi sono giunti nella base di Mihail Kogalniceanu, Romania, elevata a vero e proprio hub aereo per il transito delle forze aeree Usa e Nato. Sempre in Romania si alternano 200 Marines Usa per partecipare ad esercitazioni e interventi marittimi nel Mar Nero, nell’ambito della Black Sea Rotational Force 14 di US Navy, attivata nel settembre 2014. Sei caccia F-15C e 150 avieri dell’US Air Force sono stati trasferiti nel marzo 2014 in Lituania dalla base britannica di Lakenheath per partecipare alla Baltic Air Patrol, la missione Nato di pattugliamento e sorveglianza dello spazio aereo delle Repubbliche baltiche e dell’Ucraina. Team dell’aeronautica statunitense si addestrano a rotazione in Polonia dove dal novembre 2012 è attivo un piccolo distaccamento aereo, la prima presenza in pianta stabile di personale Usa in territorio polacco. Sempre in questo paese sono periodicamente rischiarati i cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare provenienti dalla base Italiana di Aviano (Pordenone) e i velivoli cargo C-130 “Hercules” impiegati in esercitazioni congiunte con le forze armate polacche. Dal prossimo mese di aprile, altri tre velivoli C-130 e un centinaio di avieri provenienti dalla grande base tedesca di Ramstein giungeranno nello scalo aereo di Powidz. Il 24 luglio 2014, il Comandante supremo delle forze Nato e Usa in Europa, generale Philip Breedlove, ha chiesto al Pentagono di realizzare in Polonia un deposito dove stoccare armi, munizioni ed equipaggiamenti militari “per supportare il rapido dislocamento di migliaia di militari contro la Russia”. Come se non bastasse, il governo polacco ha formalmente chiesto a Washington di trasferire stabilmente in Polonia perlomeno un gruppo di volo con cacciabombardieri F-16 di stanza oggi in Italia.
L’escalation militare statunitense in Ucraina
Ovviamente lo scoppio del conflitto in Crimea e nell’Ucraina orientale è stato utilizzato pretestuosamente da Washington per rafforzare la propria presenza militare nel martoriato paese europeo. L’escalation è stata rapida ed inarrestabile: prima sono giunti “consiglieri” e contractor, poi i parà, le forze speciali e i mezzi corazzati. Nel giugno 2014, un gruppo di ufficiali Usa sono stati inviati a Kiev per collaborare con le forze armate locali nella realizzazione “a medio e lungo termine” della “riforma del sistema difensivo ucraino”. Qualche mese dopo, gli uomini di vertice del Pentagono si sono incontrati con i generali ucraini per discutere “le modalità con cui gli Stati Uniti possono rafforzare la cooperazione militare e aiutare l’Ucraina a potenziare le proprie forze armate”, come riportato dal Dipartimento della difesa. Poi, a settembre, duecento paracadutisti della 173^ Brigata Aviotrasportata dell’esercito Usa di stanza a Vicenza, hanno raggiunto Yavoriv (nelle vicinanze di Lviv, a 50 km circa dal confine con la Polonia), per partecipare all’esercitazione multinazionale “Rapid Trident”, la prima in territorio ucraino dopo la crisi politico-militare in Crimea, insieme a più di 1.100 militari provenienti da 14 paesi (Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania e Spagna). “Nel corso di Rapid Trident sono state eseguite operazioni di peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento, individuazione e disattivazione di materiale esplodente”, ha riferito il portavoce del Pentagono, colonnello Steve Warren. “L’esercitazione ha contribuito a promuovere la stabilità e la sicurezza regionale, rafforzare la partnership con gli alleati e migliorare l’interoperabilità tra il Comando delle forze Usa in Europa USAREUR, le unità terrestri dell’Ucraina e gli altri paesi Nato”. Ancora nel grande centro di addestramento di Yavariv (uno dei più grandi d’Europa, con una superficie di 425 Km2), tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, una squadra di specialisti del “Tobyhanna Army Depot” (Pennsylvania) – il principale centro logistico del Dipartimento della difesa per la gestione dei sistemi elettronici – ha addestrato i militari ucraini all’uso del nuovo sistema radar LCMR (Lightweight Counter Mortar Radar) AN/TPQ-48/5, in grado di individuare le provenienza dei tiri di artiglieria, mortai e razzi e indirizzare il tiro di contro-batteria. Secondo fonti stampa statunitensi, il Pentagono avrebbe fornito alle forze armate ucraine una ventina di esemplari di questo sistema radar.
Subito dopo la visita ufficiale a Kiev del generale Usa-Nato Phil Breedlove (26 e 27 novembre 2014), una dozzina di medici dell’Air Force Special Operations Command Europe (SOCEUR) di Stoccarda hanno raggiunto Khmelnytskyi, nell’Ucraina occidentale, per formare più di 600 dipendenti del ministero della difesa ucraino alle procedure mediche da seguire nei campi di battaglia. Il personale di SOCEUR, proveniente dall’US Army 1st Battalion, dal 10th Special Forces Group, dall’Air Force 352nd Special Operations Group e dalla Naval Special Warfare Unit 2, collabora oggi anche con l’organizzazione non governativa “Patriot Defense” che conduce corsi di formazione a favore delle forze armate ucraine e della famigerata Guardia nazionale. Le unità della Guardia nazionale, comprendenti non meno di 45-50.000 “volontari”, sono state costituite dal governo di Kiev nel marzo 2014 con un primo finanziamento Usa di 19 milioni di dollari e hanno incorporato le formazioni neonaziste Donbass, Azov, Aidar, Dnepr-1 e Dnepr-2, già addestrate nel 2006 da istruttori Nato in Estonia e poi utilizzate per il colpo di stato in Ucraina e le pulizie etniche contro le popolazioni di lingua russa. Il comandante di US Army Europe, gen. Ben Hodges, ha annunciato che entro la fine del mese di marzo 600 paracadutisti circa della 173^ Brigata di fanteria aviotrasportata di Vicenza saranno inviati al centro di Yavariv per addestrare tre battaglioni del Ministero dell’Interno. “Questa nuova missione in Ucraina serve a rimarcare l’impegno Usa per la sicurezza del Mar Nero”, ha spiegato Hodges. “I nostri paracadutisti avranno il compito di preparare le forze armate ucraine a difendersi dall’artiglieria e dai razzi dei Russi e dei ribelli e interverranno pure nella messa in sicurezza di strade, ponti e infrastrutture”.
Contemporaneamente al potenziamento del dispositivo militare Usa in Ucraina, sono aumentati a dismisura gli “aiuti militari” e le consegne di armamenti pesanti al governo di Kiev. Il primo massiccio stanziamento finanziario risale al marzo 2014 (23 milioni di dollari), con il “piano di assistenza alla difesa delle frontiere ucraine contro le provocazioni delle forze armate russe e le violenze fomentate dai ribelli filo-russi”, come riferito dal Pentagono. Successivamente, Washington ha approvato ulteriori stanziamenti a favore delle forze armate ucraine per 5 milioni di dollari in giubbotti antiproiettili, visori notturni, caschi protettivi, dispositivi robot anti-esplosivi, kit sanitari e equipaggiamenti per le telecomunicazioni. Altre attrezzature “non letali” (sistemi d’allarme, vestiario, escavatori, camion, generatori elettrici, apparecchiature radio, ecc.) sono state assegnate invece alla neo-costituita Guardia statale di protezione delle frontiere.
Secondo quanto rivelato a fine gennaio dal New York Times, l’amministrazione Obama si prepara a fornire “aiuti militari” all’Ucraina per più di 3 miliardi di dollari nel triennio 2015-2017: tra essi spiccherebbero missili anti-tank, lanciamissili anti-blindati, radar, velivoli a pilotaggio remoto (UAV), contromisure elettroniche anti UAV, blindati “Humvees”, ecc. Agli ucraini verrebbero fornite inoltre armi e munizioni prodotte nell’ex Unione Sovietica, attualmente stoccate in un deposito della CIA in North Carolina. All’estensione del programma di riarmo hanno collaborato alcuni “assistenti esterni” dell’amministrazione Obama, come il generale in pensione Michèle Flournoy e l’(ex) ammiraglio James Stavridis, già Comandante delle forze armate Usa e Nato in Europa.
L’Ucraina è sempre più Nato
Le relazioni politiche-militari tra le autorità di Kiev e gli alti comandi della Nato si sono fatte sempre più strette a partire del 2002, anno in cui fu adottato il cosiddetto “Piano di azione Nato-Ucraina” e l’allora presidente Kuchma annunciò l’intenzione di aderire all’Alleanza Atlantica. Nel 2005, il presidente “arancione” Yushchenko fu ufficialmente invitato a partecipare al summit alleato di Bruxelles che lanciò un “dialogo intensificato” Nato-Ucraina e, tre anni più tardi, il vertice interalleato di Bucarest si espresse favorevolmente all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Nel 2009 le autorità ucraine firmarono un accordo che consentì il transito terrestre nel paese di mezzi e rifornimenti per le forze Nato in Afghanistan, mentre gli uomini guida delle forze armate ucraine furono ammessi a partecipare ai corsi del Nato Defense College a Roma e Oberammergau (Germania). Sempre in vista dell’integrazione delle forze armate ucraine con quelle Nato, presso l’Accademia militare di Kiev è stata poi istituita una “facoltà multinazionale” con docenti Nato. Con lo scoppio del conflitto in Crimea, il governo ucraino ha deciso di accelerare l’iter di adesione all’Alleanza atlantica: il 24 dicembre 2014, il Parlamento ha approvato la proposta di legge del presidente Petro Poroshenko con cui l’Ucraina rinuncia unilateralmente allo status di Paese non allineato e formalizza la richiesta di ingresso nella Nato.
Secondo fonti giornalistiche indipendenti, in questi mesi Bruxelles starebbe inviando in Ucraina carichi di armi, consiglieri militari ed “esperti in contro-insorgenza” in vista di un attacco in grande scala che le forze armate e i gruppi paramilitari locali intenderebbero sferrare in primavera a Donbas. Con le linee strategiche anti-russe approvate al vertice dei ministri della difesa della Nato tenutosi in Galles nel settembre 2014, si è deciso di raddoppiare i fondi annuali a favore dell’Ucraina del cosiddetto NATO Science for Peace and Security (SPS) Programme, il programma interalleato di cooperazione e formazione sui temi della “difesa” contro gli agenti chimici, biologici e nucleari e delle cyber war. Nel corso della sua visita a Kiev il 20 e 21 novembre 2014, il generale Bartels, presidente del Nato Military Committee, ha reso noto che saranno messi a disposizione dell’Ucraina i NATO Trusts Funds per coprire finanziariamente le spese per la formazione e l’assistenza del personale militare nei settori C3 (comando, controllo e comunicazioni), della logistica, della cyber defence e della riabilitazione del personale ferito in combattimento. A fine dicembre, nell’ambito del Defence Education Enhancement Programme (DEEP), un team di esperti militari Nato provenienti da Canada, Repubblica ceca, Lituania, Polonia e Stati Uniti ha dato vita a Kiev a una serie di corsi di formazione finalizzati ad accrescere l’interoperabilità dei reparti e dei mezzi da guerra ucraini con quelli delle forze armate alleate.
Una punta di lancia Nato contro Mosca
Sempre in occasione dell’ultimo vertice dei ministri della Nato in Galles è stato approvato all’unanimità il piano che modifica le azioni d’intervento ai confini meridionali e orientali dell’Alleanza e triplica il numero dei militari assegnati alla Response Force (NRF), la Forza congiunta di rapido intervento che così potrà disporre di 30.000 uomini. Prima dell’estate saranno definiti i dettagli logistici per il potenziamento della task force, mentre la piena operatività sarà raggiunta solo dopo il vertice Nato di Varsavia previsto nel giugno 2016. Sei i paesi che guideranno a rotazione la Response Force: Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. Corpo d’élite della nuova NRF sarà la brigata di terra Spearhead (punta di lancia) con 5.000 militari circa e che sarà supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido. “Al fine di garantirne la massima prontezza operativa, la task force si avvarrà di sei nuovi centri di comando e controllo dislocati in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania”, ha annunciato il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Se esploderà una crisi, questi centri assicureranno che le forze nazionali e Nato, ovunque si trovino, possano agire subito. Essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l’addestramento e le esercitazioni”.
“L’Italia assicurerà il proprio supporto al processo di implementazione del Readiness Action Plan (RAP), il piano di risposta operativa della Nato, nella certezza che garantirà all’Alleanza un insieme di strumenti idonei a rafforzare la cornice di sicurezza globale, soprattutto in risposta alle minacce derivanti dalla crisi tra Russia e Ucraina ed a quelle provenienti dall’area mediorientale e del Nord Africa”, ha dichiarato poche settimane fa la ministra Roberta Pinotti. All’Italia, in particolare, è stato chiesto di ricoprire il ruolo di Framework Nation per la costituzione della forza congiunta di pronto intervento basata sulla brigata Spearhead. Inoltre, al nostro paese è stato assegnato dall’1 gennaio 2015 – e sino alla fine d’agosto – il comando della Baltic Air Patrol, la missione Nato di pattugliamento dei cieli delle Repubbliche baltiche avviata nel 2004 e che dopo lo scoppio della crisi ucraina ha visto quadruplicare il numero dei velivoli e dei militari impegnati. Per le operazioni aeree anti-russe, l’Italia ha messo a disposizione quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon”, rischierati nell’aeroporto militare di Šiauliai, in Lituania. Al comando italiano della BAP sono stati assegnati anche quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati a Šiauliai, quattro Eurofighter spagnoli di base nell’aeroporto di Amari (Estonia) e quattro cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia).
“In Ucraina è in gioco la sicurezza dell’Europa e degli Stati Uniti d’America e per questo dobbiamo rafforzare in questo paese il nostro ruolo e la nostra presenza militare”, ha dichiarato il 25 febbraio scorso il generale Philip Breedlove nel corso di un’audizione al Comitato per le forze armate del Congresso degli Stati Uniti d’America. “Non sappiamo cosa farà alla fine Putin, ma dobbiamo prepararci al peggio. Le forze russe continuano ad operare sul campo in Ucraina, fornendo sostegno diretto ai separatisti. Mosca ha inoltre inviato più di 1.000 pezzi di armi pesanti, come carri armati e sistemi d’artiglieria e di difesa aerea. L’aggressione della Russia non è solo contro l’Ucraina ma riguarda altri stati ex-URSS come la Moldavia, dove le forze armate russe sono presenti nella conflittuale regione del Trans-Dniester”. Così l’Europa torna a sentire le odi alla guerra totale.
Intervento all’incontro-dibattito “USA – NATO – Unione Europea: La crisi ucraina e la ricostruzione del movimento contro la guerra”, Roma, 6 marzo 2015.