di Andrea Gentile
Riccardo Minardo agli arresti domiciliari: l’indagine della magistratura e della GDF della provincia di Ragusa porta ad un primo verdetto. Ex sindaco di Modica, ex deputato ed ex senatore a Roma, attualmente deputato all’ARS a Palermo, Minardo è uomo di spicco della politica e dell’economia ragusana.
Già alcuni mesi addietro, la testata d’inchiesta il Clandestino pubblicò un’indagine sulla famiglia Minardo ponendosi interrogativi seri sull’incremento abnorme del patrimonio personale del fratello Rosario, paventando la possibilità di finanziatori esterni mai venuti fuori, di dinamiche di potere poco chiare.
Nello stesso articolo si accenna all’indagine COPAI ancora in corso, aspettandone l’esito. La fase iniziale del procedimento è stata portata a compimento.
L’accusa è gravissima: viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata a delitti contro la Pubblica Amministrazione, di truffa aggravata ai danni dello Stato, di enti pubblici e della Comunità europea.

L’attuale deputato avrebbe, secondo un’indagine lunga anni che finalmente porta ulteriormente allo scoperto questo fenomeno,utilizzato il suo ruolo di potere per condizionare finanziamenti pubblici e compravendite di beni immobili. Inoltre viene accusato di estorsione ai danni d’imprenditori agricoli della provincia ragusana, tenuti sotto ricatto per ottenere accesso alle somme di piano di sviluppo regionale.
Il peso delle accuse, che il naturale corso del processo svelerà, deve costringere i cittadini ad una riflessione non solo politica ma civile.
Riccardo Minardo ricopre tutt’ora (attendiamo immediate dimissioni) il ruolo di membro del parlamento regionale. Ha influenzato per anni la politica del versante modicano, della provincia ragusana e della regione. Nelle mani di chi affidiamo il potere di decidere e gestire i fondi pubblici, le decisioni degli enti locali, la politica locale? A chi abbiamo consegnato il compito di amministrarci e tutelarci, di scegliere e di rappresentarci? Chi siede su quelle poltrone, sotto nostra delega deve essere capace e onesto, compiere scelte che hanno come fine il pubblico interesse, il diritto dei cittadini, l’utilità degli elettori.
I fatti in questione dimostrano il contrario. Chi ha occupato con pochi chiari mezzi e pessimi risultati quei ruoli, deve oggi mettersi da parte, nell’interesse della nostra terra. Pochi mesi fa è arrivata una condanna per favoreggiamento esterno in associazione mafiosa per sette anni all’ex presidente della regione Cuffaro. Le indagini della procura di Catania sull’attuale presidente Lombardo sono giunte a termine e si attende la richiesta di rinvio a giudizio, e anche qui si prospetta una non poco chiara gestione della politica e dell’economia siciliana, favorendo il ruolo di cosa nostra.
Il caso di Riccardo Minardo, gravissimo per le nostre dinamiche provinciali, è solo un gioco di specchi, una rifrazione del fenomeno dellla mala politica, della collusività della classe dirigente di questa regione con la mafia, di un malaffare diffuso che ha pervaso la Sicilia. C’è bisogno di essere arrivati al punto di chiusura, i nostri cittadini devono comprendere che i tempi per l’indignazione sono maturi e che si deve contribuire ad un rinnovamento della nostra regione, a battersi nel tentativo di debellare logiche mafioso affaristiche che ci hanno sventrato nel corso degli anni.
Riccardo Minardo è stato membro di Forza Italia, fatto parte di quadri dirigenziali provinciali del centro destra che appoggiava i governi Cuffaro. È poi entrato nell’Mpa, il partito autonomista del governatore Lombardo, sostenendolo appieno. Ha condizionato la politica vittoriese sostenendo la prima giunta dell’attuale sindaco Nicosia nel laboratorio politico del 2006 con l’accordo fra Mpa (D’Amato), Ds (Aiello) e Margherita (Nicosia), accordo che salterà dopo solo due anni. Ha stretto pochi giorni fa un patto con Francesco Aiello ritirando la candidatura a sindaco di Tumino e appoggiando quella dello storico, probabilmente fin troppo, ex-sindaco. Il tutto dopo esser stato corteggiato dal candidato del Pd e di altre undici liste (sic!) Giuseppe Nicosia, il quale avrebbe condiviso un “percorso etico”, come riportato da La Sicilia del 3 Aprile. La vicinanza politica dell’on. Minardo faceva gola a molti.
Nelle mani di chi stiamo affidando questa città? L’attuale sindaco Nicosia ha già stretto accordi con un uomo come Minardo e si è dichiarato disposto a dialogare anche in vista di questa campagna elettorale. Aiello l’appoggio di quest’ultimo è riuscito addirittura ad ottenerlo, stringendo accordi chissà basati su cosa. Queste sono solo due delle facce di una campagna elettorale dai toni fin troppo accesi ma quanto mai povera di contenuti. I cittadini sono stanche di sentire bocche piene di legalità ma amni poco limpide. La demagogia ha fatto il suo corso. È arrivato il momento di parlare concretamente e con verità. I cittadini devono essere informati, è un loro diritto.
Chi parla di onestà non può scendere a compromessi, non può circondarsi di figure che agiscono poco chiaramente nella gestione dei fondi pubblici. Quel denaro deve arrivare al tessuto economico e sociale che questa terra la vive sudando. La legalità deve essere per il popolo siciliano l’obbiettivo fondamentale, il punto di ripartenza su cui fondare il nostro sviluppo. Vogliamo dalla nostra classe politica onestà e lotta alla politica dell’intrallazzo. Vogliamo che provino a fondare un rapporto di trasparenza con gli elettori. I cittadini devono conoscere ed essere informati, devono avere la fiducia che chi li governi stia lavorando per il loro bene e non che stia pensando ad ingrassare le proprie tasche e ad assumere posizioni di maggior potere nell’arroganza della logica dello scambio.
La capacità di un’altra Vittoria deve essere quella di ribellarsi e di violare le violenze di tali logiche, di ricreare una sana società basata sull’onestà e sulla trasparenza.