di Achille Bonifacio per prcenna.it
<<Secondo la mia prospettiva, la modernità è dunque uno stato di modernizzazione permanente, ossessiva e compulsiva. Secondo tale definizione, siamo ancora moderni, forse più che mai. Questa moderna ossessione/compulsione raggiunge infatti la piena maturità nella sua fase liquido-moderna>>.
Mi venivano in mente queste parole di Bauman tratte dal libro “Modernità e globalizzazione”, intervista di Giuliano Battiston, dopo aver letto su “gli ALTRI” del 12 marzo 2010 le interviste a Fausto Bertinotti e a Giacomo Marramao e gli interventi di Laura Pennacchi e Anna Simone in una discussione sul tema “La modernità”.
Mi hanno colpito due risposte di Fausto Bertinotti; la prima, alla domanda di Sansonetti: <<Bertinotti, partiamo dal rapporto tra la sinistra e la modernità>>, Bertinotti risponde: <<La sinistra , mi pare , è passata dalla critica della modernizzazione alla critica della modernità. E’ stato un errore, naturalmente. …>>.
Alla domanda : <<Cosa può essere il dopo-modernità?>>, Bertinotti risponde: <<… Io credo che in realtà la modernità sia morta definitivamente quando è morto il socialismo. Perchè? Perchè il socialismo era la sua prospettiva, era il suo erede designato. L’unica possibilità di superare la modernità era il socialismo. Nella modernità c’era il progetto del socialismo. Invece si sono annientati l’un l’altra.Il socialismo era modernità più rovrsciamento dei rapporti di classe. Ma ad un certo punto, quando ha iniziato a reallizzarsi, ha pensato che il rovesciamento dei rapporti di classe potesse e dovesse avere un ruolo di dominio rispetto alla modernità. Cioè , appunto, che sviluppo e politica avessero la supremazia su tutto. Allora socialismo e modernità sono diventati incociliabili. La modernità perdendo il socialismo ha perso la sua prospettiva di crescita, di futuro. E’ morta per assenza di futuro>>.
Non riesco ad essere d’accordo con Fausto Bertinotti. Ho ammirato e stimato l’uomo politico e l’uomo di profonda cultura, sempre capace di analisi profonde ed i intuizioni geniali. Ma non sono d’accordo sulla morte del socialismo e sull’analisi di modernizzazione e modernità.
Non intendo scomodare ancora Zygmund Bauman de “La vita liquida” e de “Il disagio della postmodernità”, soltanto qualche definizione:Stress, consumismo ossessivo, paura sociale e individuale, città alienanti, legami fragili e mutevoli: il mondo in cui viviamo sfoggia una fisionomia sempre più effimera e incerta. E’ “liquido”. <<Una società può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo>>. Sospinta dall’orrore della scadenza la società liquida d e v e modernizzarsi, o soccombere.
La critica alla società moderna ha questo spessore ed ha un senso, a mio parere, se ad essa viene accompagnata una analisi coerente della società contemporanea.
Ha ragione Marramao quando afferma che <<…che la modernità non è morta, è divenuta iperbolica e cii ha messo di fronte ad una serie di dilemmi non necessariamente legati alla globalizzazione. ….Siamo di fronte a nuove forme di potere economico, quello della comunicazione e così via. …Un potere che manipola l’immaginario, che esercita violenza simbolica…ed è in questo mondo ipermoderno che occorre ripensare la colonizzazione del simbolico…. Io credo che la critica di Marx sia ancora del tutto valida ma occorre che sia integrata attraverso uno spostamento del fuoco sugli oggeti d’indagine. Dobbiamo riflettere sull’accumulazione simbolica del capitale che ha a che fare con una proliferazione di immagini e con una gerarchia di valori tutti nuove…. In effetti, potremmo spingerci più in là e ammettere che il potere della violenza simbolica non incide solo sulla coscienza o sulla falsa coscienza, ma sulla costruzione stessa dei desideri>>.
A me pare un’analisii corretta , questa di Marramao, che apre certo ampia discussione sulle natura e le modalità di nuovi interventi e strumenti d’indagine. Ma non c’è dubbio che il socialismo non è stato il <<socialismo realizzato>> e che il novecento non è stato soltanto sfracelli e rovine, tesi care a tutti i revisionisti del socialismo. E che il buon Marx rimane sempre il caposaldo di ogni teoria critica del capitale.