Scelte che segnano un ulteriore arretramento culturale nella gestione del fenomeno
Da qualche mese, l’Ufficio Immigrazione della Questura di Caltanissetta è stato spostato presso la struttura di Pian de Lago, creando così nuovi disagi per l’utenza.
I collegamenti urbani con Pian del Lago non sono dei migliori, il problema delle numerose persone “ospiti” del Centro che camminavano sul ciglio poco sicuro di quella strada era già balzato all’attenzione. Lungi dal risolverlo, si reindirizzano al Centro anche tutti gli altri.
Spesso dall’Ufficio Immigrazione è necessario passare all’URP (si è smarrito un documento e si deve fare la denuncia, il caso più comune), o all’ufficio protocollo: da oggi, sarà quasi impossibile in giornata, passare dall’uno all’altro ufficio. Naturalmente, anche un piccolo intoppo, come la necessità di integrare il documento con una marca da bollo o con una fotografia, diventerà un insormontabile ostacolo: raggiungere la rivendita più vicina e tornare indietro in tempo è molto difficile.
L’attesa del proprio turno si svolge spesso all’aperto (l’ufficio è molto piccolo): non è previsto un punto di ristoro o un riparo, col risultato dell’indegno spettacolo di persone ferme per ore sotto la pioggia o sotto il sole.
Fin qui gli aspetti pratici della questione, ma vorremmo sottolinearne un altro, simbolico, non meno importante.
Lo spostamento dell’ufficio immigrazione a Pian del Lago segna soprattutto un ulteriore arretramento culturale nella gestione del fenomeno immigrazione a Caltanissetta: Pian Del Lago ex CPT/CIE, oggi sede del CARA, è un luogo militarizzato, isolato. Da là passano le storie di immigrati in attesa che si decida per loro, un perfetto non luogo senza storia e senza identità, dove le persone devono solo aspettare, sospese, che si decida il loro status, o meglio il loro destino.
Trasferire là tutte le pratiche relative ai migranti denuncia una volontà, evidentemente mai sopita, di creare un confine tra noi e loro, di escludere, ghettizzare. Il posto giusto per gli immigrati, anche se devono semplicemente espletare una pratica, è quello distante dalla città, recintato, sicuro (sicuro non per chi sta dentro, ma per chi sta fuori…).
Degli immigrati ci si occupa lontano dagli occhi e dal cuore della città: è questa la strada che si intende percorrere? E’ questo il modello di integrazione e di accoglienza che le Istituzioni cittadine vogliono perseguire?
Caltanissetta li, 21 ottobre 2010
PRC – Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

Lombardo Santina
Geraci Giuliana
Annaloro Giovanni