Dato che siamo ormai in pieno periodo alluvionale, ritengo necessario sottolineare ancora quello che è sicuramente uno dei primissimi argomenti a proposito delle problematiche di Barcellona. E senz’altro il più urgente: il rischio idrogeologico.
Questo tema è stato trattato nella recente Festa “L’altra faccia di Barcellona” del Circolo Nino Pino Balotta.
Per le conoscenze acquisite devo ringraziare caldamente il Geologo dott. Roberto Iraci, che di seguito cito ampiamente attingendo ad una sua recente relazione. Col dott. Iraci si è ormai da tempo stabilita una sostanziale collaborazione e spero, inoltre, con la presente, di venirgli ulteriormente incontro nella battaglia che svolge da alcuni anni su questo fronte.
Una battaglia che ha visto il sottoscritto, il Circolo e lo stesso dott. Iraci ribadire con forza le drammatiche prospettive che si aprono per la nostra Città sotto il profilo geologico ed alluvionale (che con buona probabilità ci vedono occupare un posto di riguardo in Italia come concentrazione di fattori di rischio), all’indirizzo di un’Amministrazione sempre più sorda, a questo come ad altri temi scottanti.
L’area del Longano, che comprende i Comuni di Barcellona e Castroreale è inclusa dagli studi ufficiali (del PAI, Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico) nella Classe di Rischio R1 (Rischio moderato); questa classificazione scaturisce da notizie storiche circa eventi di esondazione del torrente, e dunque tale indicazione non deriva da uno studio dettagliato delle criticità presenti lungo il corso in questione.
Ovviamente, essendo il Longano un torrente, la sua portata dipende dai fenomeni pluviali. Le precipitazioni medie in prossimità del litorale si attestano tra 600 e 700 mm/anno ed aumentano fino a circa 1000 mm/anno nell’area altimetricamente più elevata. Queste piogge presentano uno spiccato carattere stagionale: oltre il 70% della pioggia media annua cade infatti nel semestre autunnale-invernale.
I maggiori punti di criticità lungo il basso corso del torrente Longano sono rappresentati certamente dalle infrastrutture viarie che lo attraversano, segnatamente viale S. Giovanni Bosco e il ponte che collega via Roma e via Giovanni Falcone. Altrettanto preoccupanti sono poi le “Saje” (costantemente allagate alle prime gocce di pioggia, tanto da renderne pericoloso il transito) e la presenza di aree instabili nell’area montuosa. Questo lascia già intendere che praticamente tutta l’area barcellonese, da monte fino al litorale, necessiterebbe attenti approfondimenti.
Lo studio del dott. Iraci stima la portata massima (in casi limite) del torrente in circa 320 m3/s.
Per quanto riguarda viale S. Giovanni Bosco, nel suo tratto iniziale, questo presenta due piloni spessi circa 80 cm, che dividono l’alveo in tre sezioni di circa 7 metri di larghezza e 2.40 di altezza. La portata defluente di questo tratto è stimata in 218 m3/s!
Ma il punto più critico risulta essere il Ponte di via Roma. Pur apparendo in questo caso le strutture “meno ingombranti”, la portata defluibile risulta pari a 206 m3/s!
Questo vuol dire, in sintesi, che la portata defluibile dei tratti di Ponte costruiti sul torrente non è assolutamente sufficiente a contenere una piena di quest’ultimo, certo assolutamente ipotetica ma comunque possibile. Il risultato sarebbe inevitabilmente l’esondazione in pieno centro abitato, un fiume in piena nel cuore di Barcellona!
Partendo da questi dati scientifici e fissando, dunque, la Classe di Pericolosità a P3 (pericolosità elevata), tenendo conto dell’area interessata, ovvero quella maggiormente densa di strutture, identificata con la Classe E4 (Edifici pubblici di rilevante importanza, ad es. scuole, ospedali ecc., oltre a nuclei abitati, viabilità primaria ed altri), possiamo evincere la Classe di rischio:
R4 (Rischio molto elevato): per la quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socio-economiche (definizione estratta dalla relazione del PAI Sicilia).
Ovviamente lungi dal voler innescare facili allarmismi, mi domando però per quale motivo ci si debba esporre a possibili tragedie come quelle che ogni autunno si verificano da nord a sud in Italia e visibili su qualsiasi Telegiornale.
Dato, per di più, che già abbiamo assistito ad un fenomeno, per quanto ancora moderato dal punto di vista pluviometrico, catastrofico bensì nei suoi effetti.
Mi riferisco all’alluvione dell’11 Dicembre 2008. Con i suoi circa 300 mm di pioggia, è forse l’evento pluviometrico più rilevante registrato dalle stazioni della zona, in grado di mettere in crisi il reticolo idrografico minore (le “Saje”), ma per fortuna l’accumulo di pioggia non ha superato (anche se lo ha quasi raggiunto) il livello critico di 88mm in 2 ore e 22 minuti.
E’ possibile che il giorno 11 Dicembre si sia sfiorata l’alluvione per il centro della Città. L’esondazione delle saje di Zigari e di s. Venera, pur con il loro carico di danni e disagi, ha paradossalmente “salvato” il centro non facendo confluire ulteriore acqua nell’asta principale del Longano.
La domanda che sorge spontanea è ovviamente: quali possono essere le strategie con cui poter far fronte ad un rischio del genere? Paradossalmente, per quanto la soluzione primaria sarebbe un ripensamento delle strutture viarie che insistono sul torrente, per abbassare sensibilmente il rischio sarebbero sufficienti interventi di basso profilo, sia sul versante economico che su quello urbanistico. L’assetto idrogeologico del bacino montano del Longano, patrimonio essenziale per la nostra sicurezza, è in discreto stato, e inoltre più di un terzo del bacino è occupato da boschi. Miglioramenti di tale patrimonio (imboschimenti e manutenzioni idraulico forestali) rappresentano certamente il miglior modo per mitigare il rischio idrogeologico, favorendo la frizione naturale dell’acqua.
Per quel che concerne gli interventi più incisivi, assolutamente necessari, il dott. Iraci ne suggerisce alcuni urgenti non strutturali, altri strutturali ed altri ancora di miglioramento dell’assetto idrogeologico del bacino.
– I primi riguardano la normale e buona manutenzione dell’alveo torrentizio, cui l’amministrazione sta facendo fronte in maniera direi parziale: mantenere il controllo sulla stabilità dei muri d’argine (già crollati in più punti, assieme alla strada che li costeggiava); eliminare accumuli di detriti ed altri elementi che ostruiscano o riducano la funzionalità idraulica sotto i ponti, e che hanno già raggiunto in più punti circa 50 cm di altezza!
Quelli strutturali consistono nella individuazione, a monte della città, di tratti del torrente con edificazione scarsa o assente (come quello che va da S. Venera a Castroreale, con qualche eccezione) da destinare alla eventuale dispersione e laminazione dei flussi di piena, per preservare il centro, scelta che potrebbe rendersi necessaria per abbassare la classe di rischio al livello R2. Tale intervento potrebbe essere complementare o alternativo alla rimozione degli ostacoli rappresentati dai due ponti sotto osservazione.
Quelli di miglioramento dell’assetto idrogeologico prevedono il miglioramento e l’espansione delle superfici boscate e la stabilizzazione di aree in dissesto, come quelle di Pizzo Soglio e Monte S. Croce, individuate all’interno del PAI. Si pensi all’effetto che avrebbe un tronco d’albero o dei massi che andassero ad ostruire la già insufficiente luce del Ponte di Via Roma!
Come si capisce, la situazione barcellonese dal punto di vista idrogeologico necessita di interventi immediati. Ma il disinteresse è tale che gli studi necessari non sono stati approfonditi, i bandi, regionali e comunitari, di conseguenza sono stati ignorati, la popolazione non è assolutamente informata. La responsabilità di tutto questo è pienamente riconducibile alla nostra Amministrazione Comunale. Abbiamo già chiesto ripetute volte che venga incaricato di parte del lavoro L’ESA (Ente Sviluppo Agricolo), continuamente sul punto di essere soppresso ma che sarebbe utilissimo per detta manutenzione, per riprendere i lavori di terrazzamento e di riassestamento sia dei terreni privati che di quelli demaniali. Sarebbero utili incentivi alla coltivazione dei terreni privati, di interesse comune per la sicurezza. Intravedo addirittura la possibilità di creare opportunità di lavoro per il nostro territorio, dato che il mezzo migliore per una naturale tutela è quella dell’utilizzo dei terreni montani per una sana agricoltura e per il pascolo.
Perveniamo poi alla questione degli incendi. Ancora, come in tempi non sospetti avevamo immaginato, in colpevolissimo ritardo sull’elaborazione del Catasto Incendi boschivi, l’Amministrazione presta di fatto il fianco alla proliferazione di questi eventi, per lo più (presumibilmente) dolosi, che caratterizzano le nostre estati e che rappresentano generalmente il principale motivo del dissesto, aumentando a dismisura il rischio di frane che, come detto, andrebbero a peggiorare esponenzialmente la nostra già precaria coesistenza con l’ambiente.
Concludo dicendo che qualora, con tutti gli scongiuri del caso, dovesse verificarsi una nuova calamità di questo tipo nel barcellonese, il Circolo Nino Pino Balotta riterrà l’Amministrazione responsabile di ogni danno a cose o persone.
Pasquale Rosania, Coordinatore Circolo PRC “Nino Pino Balotta” – Barcellona