di Pietro Anastasio per dazebao.org
PALERMO – La grande attesa al Palazzo dei Normanni palermitano è per la nascita del governo Lombardo-ter, prima tappa del rimescolamento politico nell’Esecutivo siciliano guidato da Raffaele Lombardo (Mpa). Giornate natalizie, quelle del governatore, segnate da frenetiche trattative sui nomi di coloro che formeranno la giunta post-crisi.
La rottura con i cosiddetti “lealisti” del Pdl è ormai siglata, tanto che la messa alla porta degli esponenti vicini al Presidente del Senato, Renato Schifani, e al ministro della Giustizia Angelino Alfano non è nemmeno più in discussione. Mario Milone e Antonino Beninati non faranno parte della nuova compagine di governo, punto e basta. Al loro posto, entreranno con ogni probabilità due tecnici graditi al Pd, l’economista Mario Centorrino e l’alto burocrate Francesco Paolo Busalacchi. Partito democratico che per ora resta a guardare, limitandosi a garantire il sostegno per una serie di riforme cosiddette “necessarie”.
Il ‘Lombardo-ter’ sarà, dunque, una giunta di minoranza composta dal Movimento per le Autonomie di cui Lombardo è leader indiscusso, dal Pdl Sicilia che fa capo al sottosegretario Gianfranco Miccichè e dalla rutelliana Alleanza per l’Italia. Udc e Pdl fuori. Pd fuori, ma con un occhi di riguardo. Così dovrebbero restare al proprio posto Lino Leanza, Caterina Chinnici (verso la riconferma alla Famiglia) e anche Gaetano Armao.
La partita definitiva delle alleanze con l’Mpa è così rimandata alle elezioni regionali 2010. Quelle urne dovrebbero chiarire, infatti, il futuro politico del potente Vicerè Raffaele Lombardo, principale artefice della deflagrazione del centrodestra isolano.
Una partita giocata su più tavoli, quella di Lombardo, con Miccichè da una parte che non intende perdere l’alleato autonomista dalle uova d’oro e dalle clientelismo politico facile ed un Pd dall’altra che, nel nuovo corso Bersaniano, vuole prima confrontarsi con gli elettori per stabilire le prossime pedine da muovere.
Il ruolo dei democratici diventa, infatti, decisivo per la sopravvivenza di Lombardo. E se oggi la linea è quella di votare in Assemblea regionale i provvedimenti più importanti, negando formalmente l’appoggio esterno, ma concedendo di fatto un po’ di ossigeno al governatore, tra sei mesi il salto potrebbe essere più lungo. “Lombardo dice che intende cambiare la Sicilia e noi vogliamo crederci. Ma non è una cambiale in bianco: prima dell’estate verificheremo se il percorso d’innovazione avrà preso il senso giusto e a quel punto potrebbero esserci le condizioni per un contributo più evidente” conferma infatti il capogruppo del Pd all’Ars Antonello Cracolici.
Certo, il passaggio potrebbe essere agevolato da un ritorno alla casa madre pidiellina di Miccichè. Ma nulla può essere escluso per il momento.
Nell’eventualità, bisognerà convincere gli elettori Pd che il Ponte sullo Stretto (cavallo di battaglia del governatorissimo) è cosa buona e giusta e che Lombardo nulla ha a che vedere con il dissesto finanziario catanese nonostante il ruolo giocato nel governo cittadino di Umberto Scapagnini.
Sarà necessario spiegare anche la rete di gestione della Sanità e dei gangli della pubblica amministrazione messa in campo dall’autonomista alleato di Storace alle ultime elezioni.
Ma in casa Pd, soprattutto tra coloro che hanno storto il naso per un’eventuale alleanza con l’Mpa, non ci si vuole bagnare prima che piova.
Mette, infatti, i puntini sulle “i” uno dei principali esponenti del malumore anti-Lombardo, Enzo Bianco: “Sia chiaro, quello che nasce è un governo limitato a Mpa e Pdl Sicilia, assolutamente inadeguato alle esigenze dell’isola. Noi possiamo valutare singole leggi proposte dal governo. Comportamenti diversi sarebbero molto gravi”.