Tra poco più di tre settimane ricorre il 30° anniversario dell’omicidio mafioso di Pippo Fava. Una domanda si pone immediata: cosa è cambiato a Catania? Ora non ci sono più i cavalieri dell’Apocalisse, le cui attività sono state ristrutturate, consorziate e dislocate dentro e fuori d’Italia.
E non c’è più quel contesto politico che caratterizzava quegli anni, mentre Santapaola è in galera, Tony Zermo fa professione giornaliera di legalità, mentre allora, con il suo giornale, La Sicilia, contribuiva a depistare, giustificare, negare, coprire gli interessi mafiosi. Ora gli eredi, materiali e simbolici, dei cavalieri del lavoro, che hanno saccheggiato Catania nell’ultimo quarto del secolo scorso, sono i principali sostenitori dell’imprenditoria “sana” e del Governatore Crocetta, che, da parte sua, sta provvedendo a ricambiare i favori ricevuti da Mario Ciancio prima e dopo la campagna elettorale.
Basti pensare, ma è solo l’inizio, alla legge regionale “fotografia” che finanzia l’editoria siciliana. Rimane il tema attuale e ineludibile, come ci ha insegnato Giambattista Scidà, del dominio economico, culturale, politico (nella formazione della rappresentanza e nella promozione delle classi dirigenti), dell’imprenditoria catanese e di buona parte di quella siciliana, della sua immunità.
E resta, ancora oggi, il problema della frammentazione dell’opposizione, della crisi della sinistra, ora come allora infognata in compromessi e trasformismi, della inefficacia dell’opposizione, della debolezza e discontinuità dei movimenti, della internità del centrosinistra al sistema di potere ( basti pensare al ruolo della segreteria della Cgil e a quello di Cisl e Uil, alla partecipazione di Pdci e Sel alla Giunta di governo, al ruolo del Pd nei processi di privatizzazione e lottizzazione clientelare).
Non c’è da meravigliarsi allora se avanzano incombenti le grandi varianti urbanistiche che interessano la Plaia, Catania Sud, il Porto, Corso Martiri della Libertà, e poi ancora il nuovo sacco del vecchio San Berillo, del waterfront, lo sconvolgimento del quartiere di san Cristoforo.
Mentre inesorabili si concretizzano le privatizzazioni della sanità (Humanitas), dei servizi (asili nido), dei parcheggi e delle piazze (Europa/Virlinzi). Una enorme concentrazione immobiliare si va accumulando nei quartieri orientali, tra viale Africa e via Etnea, al movimento terra è garantita vita decennale con la perforazione delle lave, che comporta spreco di enormi risorse finanziarie pubbliche. Di contro non viene risolto il problema né della mobilità urbana ed extraurbana né quello della sicurezza antisismica e degli edifici pubblici. Sono in crisi i Teatri, c’è un pesante arretramento delle attività culturali, deperisce la qualità degli studi e dei saperi nelle Università e nei Licei, privati di risorse e soggetti ad una degenerazione della loro natura, divenendo sempre più aziende e strutture del potere politico e delle imprese. I diritti sono negati, sottoposti come sono ad una dura e cinica selezione di classe, non c’è risposta ai bisogni sociali.
Accomunati dalla medesima retorica legalitaria, che tutto annebbia e tutto accomuna, borghesia mafiosa e antimafiosi della prima e dell’ultima ora, si legittimano a vicenda, condividono, decidono, governano assieme a Catania, Palermo e Roma. Il fenomeno mafioso è ricondotto e ridotto alla sua fenomenologia di violenza criminale e militare.
L’alternativa ha difficoltà a farsi massa critica e a costruire consenso. Occorre attrezzarsi per leggere i processi, disegnare la mappa dei poteri, e saperli contrastare nei percorsi di lotta, così da contrapporvi la soddisfazione dei bisogni sociali e l’affermazione del bene comune. La lunga marcia continua.
Mimmo Cosentino, segretario circolo Prc Rosa L. Catania