Articolo di Carmelo Albanese, membro del Coordinamento nazionale GC, sul n° 22 del marzo 2009 del giornalino mensile dell’Associazione Campus dell’università di Enna “Freecampus”.

Vi è un aspetto che accomuna gran parte delle considerazioni della nostra generazione di questa provincia, ed è precisamente il senso di insoddisfazione, d’asfissia, l’assenza di stimoli, di luoghi pubblici e non privati o “privatizzati” di ritrovo; è il presagio di un futuro identico al presente, magari buio, in cui il lavoro sarà difficile da trovare e, trovandolo, si dovrà ringraziare questo o quel deputato della nostra terra. Un presagio, dunque, a tinte fosche, in cui la vita si preannuncia statica e in cui la trasformazione concernerà solo la modifica naturale dei nostri corpi. A lungo tra di noi ci dilunghiamo in queste valutazioni e, ognuno a suo modo, trova una ragione ancestrale di questo disagio: l’annosa questione meridionale, l’inettitudine della classe politica locale, la collocazione geografica. Ci siamo detti, ci diciamo, ci diremo tanto, ma quello che scrive Giuseppe Amoruso nel suo articolo dal titolo “Nostalgismi e revanscismi” sul numero 21 del novembre 2008 di Freecampus, confesso di non averlo mai sentito. A suo dire, “per rinnovare questa complicatissima provincia, inventarci il nostro avvenire”, dovremmo affrontare il tema della toponomastica di Assoro? Se discutessi con lui di questa tesi, magari attorno ad una tavolo sorseggiando un bicchiere di vino, scherzando replicherei che certamente non si meriterebbe un “quadriennio di galera”, eppur tuttavia qualche incontro col Ser.T. certo non gli farebbe male, visto che egli stesso ammette nel suo precedente articolo di pagina 18 (“Che fine ha fatto il mio paese?”) di essere stato “colto da un morbo curioso […] una specie di crisi ipoglicemica con turbe mentali che danno stati di allucinazione”! Il problema è che qui non siamo attorno ad un tavolo, dunque strofino un po gli occhi e butto giù alcune considerazioni.

Amoruso pensa alla storia come a una sequenza di termini messi in fila su qualche libro e, in ragione di questo approccio, cita figure e accadimenti storici come se stesse parlando di quello che ha mangiato a cena la sera prima o come se stesse raccontando cosa ha fatto nel pomeriggio. Io, diversamente da lui, credo che la storia sia un arnese da maneggiare con cura, stando attenti nel trattare o persino nel citare cose che nella migliore delle ipotesi rischiano di far apparire (come è apparso) bizzarro chi le scrive o le pronuncia. Se si pensasse che l’intitolazione di una strada o di una piazza ad un personaggio della storia o del recente passato (ad Enna, ad esempio, ne abbiamo tante) identificasse una comunità retriva, capace solo di guardare indietro e non avanti, allora dovremmo proporre di cambiare la “via Roma” a Enna in “via Cataldo Salerno” e la “via Vittorio Emanuele” in “via Pippo Monaco”; e perchè no? “Via delle Olimpiadi” in “via Sen Vladimiro Crisafulli”. In realtà, al di là dalle idiozie, io credo che la storia di un popolo sia “la storia delle sue lotte e dei suoi uomini migliori” come diceva Pio La Torre, un “odioso” comunista forse, secondo Amoruso, ucciso da Cosa Nostra anche perchè autore della proposta di legge che introduce nel diritto penale l’articolo 416 bis, vale a dire il reato di associazione mafiosa e l’obbligatoria confisca dei beni mafiosi. Il valore, dunque, dell’avere una via intitolata a Gramsci e un’altra a Togliatti (molte altre intitolate a comunisti, onestamente, ad Assoro non ce ne sono) sta nel riferimento che quegli uomini hanno costituito per la comunità che ha deciso di ricordarli nella ricostruzione civile e sociale del dopoguerra, oltre che nel contributo oggettivo dato al Paese (non ho ancora letto, d’altronde, documenti redatti da comunisti italiani in cui si dà mandato a costruire gulag, al contrario, la Carta costituzionale viene firmata il 27 dicembre 1947 da Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio, e dal comunista Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente!). E’ da quel testo che discendono le regole di convivenza democratica del nostro Paese; e quel testo lo si potè scrivere poiché nel 1945 i fautori della libertà, i partigiani, vinsero, mentre i sostenitori della dittatura e della barbarie, gli aderenti alla Repubblica di Salò, persero; è, infine, proprio perchè fu scritto quel testo che oggi, fortunatamente, esistono ex fascisti ma non ex antifascisti.

Come si vede, la storia parla e a volte grida, basta avere orecchie interessate ad ascoltare quel che ha da dire. Noi siamo consapevoli di essere <nani abbandonati su spalle di giganti>, come diceva in epoca medievale Bernardo di Chartres; ma questa postazione ci aiuta a guardare oltre, dentro le ingiustizie di questa società. Questo ci ha portati a contestare il Ministro Alfano, autore di una legge che colloca alcuni cittadini al di sopra delle regole del diritto; senza sventolare la bandiera italiana, ma difendendone la sua costituzione formale e materiale.

Il nostro riscatto, il rinnovamento di questo territorio, caro Amoruso, passa per una analisi critica della nostra realtà, ma, dicendola con Maurice Halbwachs, “non esiste mai un’idea sociale senza un ricordo della società”.

Carmelo Albanese

Coordinamento nazionale GC