Il presidente Ragonese con una faccia tosta degna dei bronzi calatini, si è fatto intervistare dal TG3 dichiarando che i cittadini  che non hanno pagato le tariffe stabilite illegittimamente da lor signori sono i responsabili della paralisi dell’ato rifiuti e sono la causa dell’imminente situazione “campana” che colpirà la provincia ennese.  Costui assieme all’altro vertice responsabile, quello di Sicilia Ambiente, invece di adoperasi celermente per annullare l’iscrizione a ruolo delle tariffe illegittime, esercita il suo potere per operazioni da mestatore. Non si fa scrupolo, con perfetta faccia stagnata, di utilizzare il proprio potere mediatico, al fine di ribaltare le responsabilità sulle vittime delle illegalità e illegittimità fin qui commesse. Addebitando ai cittadini la responsabilità del mancato smaltimento dei rifiuti dalla strade dei nostri comuni, della situazione di difficoltà dei lavoratori di cui preannunciano l’imminente licenziamento etc. etc..
Questa gente,  probabilmente sentendosi ormai  perduta, continua a lavorare per approfondire ed aggravare il disastro procurato alla collettività, non facendosi scrupolo di falsificare la realtà, di creare allarmismi, di intorbidare le acque, di utilizzare i lavoratori contro gli utenti, gli utenti tra di loro dividendoli tra i buoni e fessi che hanno pagato e tra i furbi e cattivi che non hanno pagato.
Dopo aver dato sfoggio della loro perfetta inettitudine e incapacità, si permettono il lusso, con assoluto spregio della legge e della moralità, di salire sul pulpito dando dell’irresponsabile ai giudici che hanno deciso sulla illegittimità dei loro comportamenti e dei loro atti, insultando i cittadini che si sono ribellati e si ribellano ai loro soprusi e al loro malaffare, promettendo il disastro ambientale e sanitario imminente a dimostrazione che o si fa come dicono loro o le nostre città ne piangeranno le conseguenze.
Dire che questo è troppo sarebbe un eufemismo. Avrebbero potuto e dovuto già due o tre  anni fa spegnere ogni contenzioso ripristinando le uniche tariffe legittime (quelle del 2003) mettendo i cittadini nella condizione di pagare il giusto e l’equo. Avrebbero dovuto produrre un piano industriale rigoroso e trasparente, creando i presupposti per il risanamento, ponendo fine alle politiche clientelari, di sperpero delle risorse pubbliche e alla pretesa che a pagare i conti delle illegalità e delle porcherie che erano state commesse dovessero essere i cittadini; avrebbero dovuto e potuto implementare la differenziata al fine di ridurre i costi di gestione del ciclo dei rifiuti, ed hanno continuato a utilizzare anche quest’ambito per foraggiare le proprie clientele e i propri appetiti. Hanno costituito un organico faraonico (circa 600 dipendenti) in una provincia che ha meno abitanti di un quartiere di Palermo. Durante la passata amministrazione provinciale, quando hanno intuito che le cose potevano mettersi male,  hanno utilizzato il denaro pubblico per fare allegro shopping delle azioni possedute in Sicilia Ambiente dall’azionista privato mettendolo al riparo dal possibile fallimento della società e per potersi precostituire la strada all’affidamento diretto, anch’esso dichiarato illegittimo dalla sentenza del Cga. Insomma ricostruendo ricostruendo ce ne ben donde per dire che costoro meriterebbero di essere cacciati via prima di subito, allegramente accompagnati da vigorosi massaggi podistici nelle  parti meno esposte al sole. Invece li vediamo utilizzare tribune medianiche regionali per fomentare allarmismi, mestare nel torbido, lanciare avvertimenti e spostare sui cittadini le responsabilità che appartengono solo a loro.
Se questo avviene non è solo per l’arroganza e la faccia tosta che i due Brunetta locali sanno sfoggiare. La catena delle responsabilità è lunga e tortuosa, per non dire trasversale. Ma ciò non deve essere un alibi nel denunciarla e nel metterla a nudo. Attualmente essa si è sicuramente arricchita di personaggi che non ci aspettavamo. Non è per noi una sorpresa vedere come l’attuale amministrazione provinciale che, durante la campagna elettorale scorsa, prometteva la “svolta vera” alla prova dei fatti si è dimostrato perfettamente funzionale e organica a un sistema di potere locale rimasto immutato, facendosi interprete e prosecutore delle stesse strategie e  disegni. E’ in parte una sorpresa vedere come anche l’associazione che ha inizialmente capeggiato la protesta dei cittadini, nel momento in cui incassa il risultato della sentenza che riconosce la giustezza delle proprie battaglie, decide di non notificare la sentenza ad Ato e Sicilia Ambiente, consentendo così ai due vertici di proseguire nelle illegalità e nell’opera di guastatori. Così come non comprendiamo perhè non abbiano chiesto subito e non chiedono il giudizio di ottemperanza.
C’è un altro livello di responsabilità che l’intervista di Ragonese a TG3 chiama in causa: è quella dei sindaci. Ragonese nella sua inopportuna intervista, ricordando che giorno 26 marzo è riconvocata l’assemblea dei sindaci (soci dell’ATO), “prevede” che essi non decideranno niente. Se non è da parte sua un richiamo e un avvertimento è certamente un inquietante presagio. Lo abbiamo già fatto in precedenza e lo ribadiamo ancora una volta: auspichiamo che i sindaci abbiano uno scatto d’orgoglio e dimostrino che intendono operare per il bene dei cittadini che li hanno eletti. E’ certo ed opportuno che una decisione  la possano prendere facilmente e a ragion veduta: caccino via  Ragonese e la sua irresponsabile arroganza. L’altro atto che devono prendere è quello di sollecitare i propri consigli comunali a deliberare immediatamente la tassa per il 2009, che rimane l’unico presupposto legittimo per chiedere ai cittadini di pagare il servizio di smaltimento; servizio  che, continuiamo a ritenere, debbono avocare a se con gli atti dovuti, in attesa che si definisca un nuovo e più razionale quadro normativo.
A questo punto non ci aspettiamo che il presidente Monaco, quale azionista di maggioranza della società che gestisce lo smaltimento, faccia quanto in suo potere e anche nel suo dovere: cacciare via gli inetti dal vertice della società di smaltimento ed elaborare rapidamente un piano industriale della società che punti al risanamento e all’equità. In alternativa non rimane che portare le carte in tribunale e dichiararne il fallimento.
Nota del PRC