di Davide Varì
«Distruzione della contrattazione collettiva», «riforma federalista ai danni delle regioni più povere» e sostanziale assenza di qualsiasi forma di opposizione: «Assenza di una opposizione politica, certo, ma anche sindacale». Il tutto mentre a Vicenza, è notizia di ieri, la polizia manganella brutalmente i manifestanti No-Dal Molin: «A loro va tutta la mia solidarietà – dice Ferrero -. Mi sembra evidente la volontà del governo di ricreare un clima di “paura genovese”».
Paolo Ferrero, neo segretario di Rifondazione comunista, ha pochi dubbi su quel accadrà nei prossimi mesi in Italia: «Un attacco politico, economico e istituzionale guidato da governo e Confindustira, e con in più il beneplacito del Pd. Spero solo che la Cgil riesca a dire di no alla proposta di riforma del modello contrattuale, firmarlo così com’è sarebbe un danno enorme per i lavoratori».
Parte dunque da qui: dalla condizione sociale ed economica in cui si trova questo Paese, Paolo Ferrero.
Ma non dimentica – non potrebbe farlo – le difficoltà che dovrà affrontare come segretario di Rifondazione comunista. Un partito ancora spaccato, formato da due anime che lui, dichiara, ha tutta l’intenzione di provare a far dialogare. Il banco di prova sarà rappresentato dal prossimo 13 settembre, data del primo Comitato politico nazionale del post-Chianciano: «Spero che si arrivi ad una condivisione della linea di questo partito. Per quanto mi riguarda riproporrò la gestione unitaria fino ai più alti gradi di collaborazione possibile. Vedremo fin dove riusciremo ad arrivare…».
Il tutto in vista di una mobilitazione unitaria della sinistra. «Unitaria, certo, – specifica Ferrero – ma che nello stesso tempo garantisca l’identità politica di ogni soggetto». Come dire: non ci sarà mai più nessuna Sinistra Arcobaleno.
Partiamo da quel che sta vivendo il Paese: Confindustria è decisamente all’attacco e l’opposizione parlamentare sembra, per così dire, poco incline alla “lotta”…
Io credo che stiamo arrivando ad un passaggio molto importante e nello stesso tempo molto poco visibile al livello di massa. Il primo punto critico è di certo rappresentato dal tentativo di riforma della contrattazione. Il rischio evidente è la cancellazione della contrattazione collettiva, dei contratti nazionali. Un disegno che Confindustria, temo, stia perseguendo con successo. C’è una pressione evidente sulla Cgil per firmare un accordo che supererebbe a destra quello del 23 luglio ‘93. Con l’aggravante che siamo di fronte ad una grave compressione dei salari. Per questo dico che siamo alla vigilia di un passaggio importante. Se la Cgil firmasse quell’accordo, oltre a stabilizzare il governo Berlusconi, deluderebbe molti lavoratori. E’ una vicenda del tutto simile a quella relativa all’articolo 18. Con la differenza che, allora, la Cgil fece argine e mobilitò i lavoratori.
E sulla proposta di federalismo fiscale?
Sono convinto che esiste una grande simmetria tra la distruzione della contrattazione collettiva e la riforma federalista che ha in mente questo governo. Il federalismo leghista e berlusconiano rappresenta, su un piano istituzionale, quello che la riforma della contrattazione rappresenta sul piano lavorativo. Se con il federalismo si va verso una divisione tra regioni ricche e regioni povere – a danno di quest’ultime, ovviamente – dall’altro, il contratto che ha in mente Confindustria, non è altro che il tentativo di isolare il lavoratore. Insomma, stessa strategia e stesso obiettivo: creare guerre tra poveri. Per questo spero davvero che la Cgil non firmi un accordo di questo tipo.
Neanche il Pd sembra molto incline alle barricate…
Temo che non si possa sperare in nessuno che non sia Rifondazione. Da un lato abbiamo un Pd molto incline al dialogo piuttosto che all’opposizione di questo governo. Né sul federalismo fiscale né sulla questione del contratto collettivo mi sembra infatti di aver visto un Pd battagliero…
E Di Pietro? Qualcuno di Rifondazione è già sceso in piazza con lui. E cambiato qualcosa?
Non credo che Di Pietro rappresenti un argine credibile sui temi sociali. Il dramma è proprio questo: da un lato c’è l’opposizione dialogante del Pd e dall’altro quella meramente antiberlusconiana di Di Pietro.
Forse c’è bisogno di sinistra…
Certo, la vera scommessa per noi, ma soprattutto per questo Paese, è quella di riuscire a ricostruire una opposizione di sinistra. C’è bisogno di qualcuno che faccia argine sulle questioni del mondo del lavoro, sulle grandi questioni sociali e sulle battaglie che si articolano nei territori. Le opposizioni presenti nel Paese in questo momento non sono poi così distanti dalla cultura confindustriale. Dunque, l’urgenza è quella di ricostruire una opposizione sociale credibile e radicata nei territori. Un punto di riferimento politico per i conflitti che si articoleranno nei prossimi mesi: Alitalia, scuola e così via…
E quale sarà il ruolo di Rifondazione in questo contesto?
Un primo passaggio lo faremo il 14 settembre prossimo. Una assemblea che ha l’obiettivo di dare un segno importante a tutto il partito, una ripartenza dell’iniziativa politica di Rifondazione. Il nostro obiettivo è quello di ricostruire un’opposizione credibile. Per questo spero che da questa assemblea nasca una manifestazione unitaria di sinistra contro il governo e contro Confindustria. Una manifestazione che sia in grado di tenere insieme la questione democratica e quella sociale. Insomma, il 14 rappresenta il primo passo di un partito che vuole segnare la riapertura e la ridislocazione nel quadro politico generale. Stiamo lavorando unitariamente alle forze sociali e politiche per ricostruire un’opposizione.
E qual è la novità rispetto al progetto di Sinistra Arcobaleno? Anche in quel caso si trattava di costruire una sinistra unitaria…
Ho sempre pensato, e Genova l’ha dimostrato, che la costituzione di una sinistra va cercata a partire dal basso. E questa unità dei movimento dal basso va perseguita con forza. Solo facendo questo passaggio è possibile riconsiderare una riapertura della prospettiva politica. Ma tutto questo non ha nulla a che vedere con l’abolizione delle identità politiche dei diversi soggetti.
Parli di unità ma, di fatto, la stessa Rifondazione appare ancora divisa in due. Nel tuo ruolo di segretario hai intenzione di cercare un’unità interna al partito?
Io penso che lungo la strada della costruzione di un’opposizione unitaria, Rifondazione sia fondamentale. Tutta Rifondazione. Parlavamo di Genova, di un’esperienza che rappresenta un filo rosso che unisce tutto il partito. Ecco io spero che tutta Rifondazione, e non solo una parte, possa condividere questo cammino, possa ricostruire un percorso in cui tutto il partito si riconosca e partecipi attivamente. Nel frattempo io proporrò di nuovo una gestione unitaria, unitaria fino ai livelli più alti del partito. Vediamo dove si riuscirà ad arrivare. Spero il più in alto possibile…
Un’ultima considerazione, è d’obbligo, sul futuro di Liberazione…
Condivido le preoccupazioni della redazione. E’ inutile nascondere la gravità della situazione. ll primo problema è capire il quadro economico in cui ci muoviamo. Per le informazioni che ho temo che si tratti di una situazione molto pesante sul piano finanziario ed economico. Che, per di più, rischia di essere aggravata dai tagli all’editoria minacciati dal governo. Sabato eleggeremo gli organismi del partito ed una delle questioni più urgenti è rappresentata proprio dal giornale
Liberazione del 7 settembre 2008