Ambizione
Stefano Fassina, durante la campagna elettorale, ha detto spesso che noi ci presentavamo ambiziosamente per governare Roma, e non per appoggiare qualcuno che la governasse. Lo abbiamo ripetuto tutti durante il breve periodo di campagna elettorale che ci è stato concesso dall’esclusione e successiva riammissione della lista.
Non lo dicevamo per brama di potere, se così fosse la scorciatoia degli apparentamenti, che garantirebbero un posto al sole a molti nostri candidati, dovrebbe essere la strada maestra. Né lo dicevamo per tattica comunicativa, ma per amore della nostra città.
Stefano Fassina, durante la campagna elettorale, ha detto spesso che noi ci presentavamo ambiziosamente per governare Roma, e non per appoggiare qualcuno che la governasse. Lo abbiamo ripetuto tutti durante il breve periodo di campagna elettorale che ci è stato concesso dall’esclusione e successiva riammissione della lista.
Non lo dicevamo per brama di potere, se così fosse la scorciatoia degli apparentamenti, che garantirebbero un posto al sole a molti nostri candidati, dovrebbe essere la strada maestra. Né lo dicevamo per tattica comunicativa, ma per amore della nostra città.
Lo dicevamo per la profonda convinzione che solo con una giunta che pratichi, con una netta discontinuità dalle passate esperienze della destra e del centrosinistra, politiche di sinistra (cioè imperniate sulla lotta alla disuguaglianza) sarebbe stato possibile far uscire dall’esclusione sociale i ceti popolari e Roma dal declino.
Siamo ancora convinti di questo assunto, che è stato alla base della nostra presentazione autonoma da ogni altra formazione politica? Questo è il punto: quella ambizione l’abbiamo ancora?
Se la risposta è affermativa, l’unica scelta possibile è metterci in cammino sin da ora, svolgendo con rigore un ruolo di opposizione in consiglio e nei territori, per la conquista autonoma del Campidoglio nelle prossime elezioni; costruendo, con il tempo che è necessario e radicandolo nelle periferie geografiche e sociali, quel soggetto politico aperto, plurale e di sinistra, che può aspirare a tanto. Un progetto ed una prospettiva politica in linea con quanto di meglio la sinistra in Europa sta facendo. La scelta nei ballottaggi verrebbe da sé, sarebbe la scelta che salvaguarda questa possibilità. Per amore di Roma.
Modello Roma
Non è forse un caso che una parte consistente del dibattito elettorale si sia svolto intorno allo stadio della Roma (rectius Business Park di Tordivalle) e alle Olimpiadi. Dietro a questo dibattito si cela infatti una diversa visione del rapporto che il governo della città ha con il blocco di potere dei costruttori e della finanza, un rapporto malato, cementato in anni di subordinazione dell’interesse pubblico a quello privato, dal centrodestra e dal centrosinistra, e che ha portato alla emarginazione di crescenti fasce di popolazione.
La nostra critica al “modello Roma” e a ventennali politiche del centrosinistra romano è stata al cuore dell’idea di città, di rapporti sociali e di modello socio-economico che abbiamo messo alla base del nostro programma elettorale, nella convinzione, credo, che occorresse innanzi tutto rompere questo rapporto per ridare fiato alla città ed autonomia alla politica.
La domanda se il Partito Democratico di Renzi e Giachetti siano in grado di fare questo ha una facile risposta, ma occorre andare più a fondo. Occorre ricordare che il “modello Roma” è figlio di un centrosinistra in cui governavano PDS, DS e PD insieme a Rifondazione Comunista, allora ancora unita e con percentuali elettorali significative. Lo stesso schieramento ha avviato a Roma, in anni lontani, la privatizzazione delle aziende pubbliche (Acea, Centrale del latte, RomaTPL) e l’esternalizzazione dei servizi.
Si tratta quindi di una critica che è anche un’autocritica per la sinistra radicale: è valsa la pena di scambiare il voto favorevole al piano regolatore generale con qualche piccolo (in confronto) risultato positivo come la delibera 26? Non voglio semplificare, ma la domanda va posta in tutta la sua radicalità e vanno date risposte sincere per evitare di incorrere nello stesso errore.
Linee
La restituzione grafica delle informazioni è spesso utile ad analizzare i dati perché le restituisce in modo che ne sia più facilmente percepibile l’insieme. Ho provato quindi a disegnare la linea della distribuzione nei municipi dei voti ai candidati sindaco. Questa è la distribuzione dei voti del PD e del movimento 5 stelle.
Queste che seguono sono invece le linee di distribuzione nei municipi di alcune caratteristiche della popolazione e del territorio. (Ho utilizzato i dati dell’ufficio statistico del comune e, ampiamente, gli opendata di #mapparoma (www.mapparoma.it) cui sono quindi debitore. Per la tabella sui servizi ho costruito un indice sintetico dei servizi sociali, culturali e di relazione.
Mi fermo qui, ma si potrebbe andare avanti.
E’ impressionante come le linee della distribuzione dei servizi e dei laureati somiglino a quella della distribuzione dei voti del PD, mentre quella della numerosità delle famiglie e delle persone con basso titolo di studio somiglino alla linea dei 5stelle.
Nulla di veramente nuovo, ma la riprova di quanto già analizzato da altri: il PD prende più voti nelle zone con più servizi e da chi vive meglio. Il movimento 5 stelle l’esatto contrario.
Si tratta, con riguardo alle linee del PD e del M5S, delle linee della destra e della sinistra? O piuttosto delle linee della difesa dell’esistente e della necessità del cambiamento?
Il problema viene quando guardiamo la linea della distribuzione dei voti per Stefano Fassina: assomiglia a quella della conservazione e non a quella della necessità del cambiamento.
Sinistra X Roma prende più voti nelle stesse zone in cui prende più voti il PD.
Come interpretarla? Forse vuol dire che nelle aree più disagiate anche Sinistra X Roma è vista come parte dell’establishment, per la sua contiguità storica al centro sinistra e al Partito Democratico. Come parte del problema e non della soluzione.
Per finire:Piani di zona
Con Stefano Fassina, durante la campagna elettorale, abbiamo visitato ed incontrato abitanti che vivono nei Piani di zona della 167. Castelverde, Pian Saccoccia, Colle Fiorito, Monte Stallonara. Nomi fantasiosi per denominare luoghi sperduti nella campagna e abbandonati da Dio e, soprattutto, dagli uomini di governo. Qui abbiamo incontrato una popolazione fatta di lavoratori dipendenti, spesso con due stipendi, impiegati pubblici, che, non in grado di affrontare i costi di acquisto delle abitazioni nella città hanno cercato, allontanandosi dal centro, di poter accedere, con un reddito medio alla proprietà della casa e salire una gradino nella scala sociale.
Qui le famiglie hanno pagato 50, 100, anche 200.000 euro come anticipo per acquisire un alloggio a costruttori e cooperative senza scrupoli che, nella sostanza, li hanno truffati con il beneplacito del Comune.
Oggi si trovano in comprensori senza servizi, alle volte anche senza fogne, acqua ed elettricità, esposti per decine di migliaia di euro e senza nemmeno la certezza che la casa per cui hanno pagato diventerà di loro proprietà. Non sto qui a elencare le mille modalità con cui sotto gli occhi “distratti” del Comune è avvenuto tutto questo. Girando per queste zone si ha la forte sensazione che dietro alla loro localizzazione non vi sia stato un disegno urbanistico, ma l’inseguimento concordato della distribuzione della proprietà dei terreni. Gli abitanti ti citano nome e cognome dei costruttori che hanno comprato terreni agricoli, costituito cooperative fittizie e poi inseriti nei piani di zona. La convinzione diffusa è che ci sia stato un tavolo di concertazione con i costruttori romani per fare dei piani della legge 167 non la risposta per l’assegnazione di alloggi a basso costo destinati a ceti medio bassi che non avevano diritto alla casa popolare, ma non potevano accedere alla edilizia di mercato, ma una grande occasione di speculazione immobiliare.
I piani di zona 167 sono stati 77, per un totale di oltre 300.000 stanze. Non tutti hanno avuto esito negativo Nella vicenda sono implicate decine di migliaia di famiglie di Roma.
Qui, quando dicevamo che volevamo riportare la sinistra in Campidoglio, la risposta era: ”Ancora Veltroni? No grazie”. Per queste persone l’amministrazione di centrosinistra è stato sinonimo di accordo con i costruttori per truffarli e ti mostrano i volantini delle cooperative, che con fallimenti pilotati li hanno lasciati a piedi, che invitavano a votare Veltroni. E ricordano l’amministrazione Alemanno come quella che ha continuato ad inciuciare e quella Marino come sostanzialmente assente, intenta a chiudere via dei Fori Imperiali invece di occuparsi di loro.
In queste zone era forte la sensazione che il movimento 5 stelle avrebbe fatto il pieno di voti. L’analisi dei seggi potrà confermarlo o meno. Ma non si tratta solo di un voto di protesta: si tratta anche di un voto a coloro che di questo problema si è occupato sia dal consiglio comunale sia dal parlamento. Mentre il centrosinistra guardava altrove. O perché complice, o perché si occupava di altro, diffidente verso questa parte di popolo. Diffidenza che è stata ricambiata.
In queste zone Sinistra X Roma non è stata votata perché considerata parte di questo centrosinistra. Che noi lo vogliamo o no.
La strada per conquistare fiducia è lunga e passa probabilmente per iniziare noi stessi a considerarci un’altra cosa e non più una parte di una sinistra che ha fallito.
Nota: Le considerazioni dei paragrafi Linee e Piani di zona andranno verificate con i dati dei singoli seggi.
Siamo ancora convinti di questo assunto, che è stato alla base della nostra presentazione autonoma da ogni altra formazione politica? Questo è il punto: quella ambizione l’abbiamo ancora?
Se la risposta è affermativa, l’unica scelta possibile è metterci in cammino sin da ora, svolgendo con rigore un ruolo di opposizione in consiglio e nei territori, per la conquista autonoma del Campidoglio nelle prossime elezioni; costruendo, con il tempo che è necessario e radicandolo nelle periferie geografiche e sociali, quel soggetto politico aperto, plurale e di sinistra, che può aspirare a tanto. Un progetto ed una prospettiva politica in linea con quanto di meglio la sinistra in Europa sta facendo. La scelta nei ballottaggi verrebbe da sé, sarebbe la scelta che salvaguarda questa possibilità. Per amore di Roma.
Modello Roma
Non è forse un caso che una parte consistente del dibattito elettorale si sia svolto intorno allo stadio della Roma (rectius Business Park di Tordivalle) e alle Olimpiadi. Dietro a questo dibattito si cela infatti una diversa visione del rapporto che il governo della città ha con il blocco di potere dei costruttori e della finanza, un rapporto malato, cementato in anni di subordinazione dell’interesse pubblico a quello privato, dal centrodestra e dal centrosinistra, e che ha portato alla emarginazione di crescenti fasce di popolazione.
La nostra critica al “modello Roma” e a ventennali politiche del centrosinistra romano è stata al cuore dell’idea di città, di rapporti sociali e di modello socio-economico che abbiamo messo alla base del nostro programma elettorale, nella convinzione, credo, che occorresse innanzi tutto rompere questo rapporto per ridare fiato alla città ed autonomia alla politica.
La domanda se il Partito Democratico di Renzi e Giachetti siano in grado di fare questo ha una facile risposta, ma occorre andare più a fondo. Occorre ricordare che il “modello Roma” è figlio di un centrosinistra in cui governavano PDS, DS e PD insieme a Rifondazione Comunista, allora ancora unita e con percentuali elettorali significative. Lo stesso schieramento ha avviato a Roma, in anni lontani, la privatizzazione delle aziende pubbliche (Acea, Centrale del latte, RomaTPL) e l’esternalizzazione dei servizi.
Si tratta quindi di una critica che è anche un’autocritica per la sinistra radicale: è valsa la pena di scambiare il voto favorevole al piano regolatore generale con qualche piccolo (in confronto) risultato positivo come la delibera 26? Non voglio semplificare, ma la domanda va posta in tutta la sua radicalità e vanno date risposte sincere per evitare di incorrere nello stesso errore.
Linee
La restituzione grafica delle informazioni è spesso utile ad analizzare i dati perché le restituisce in modo che ne sia più facilmente percepibile l’insieme. Ho provato quindi a disegnare la linea della distribuzione nei municipi dei voti ai candidati sindaco. Questa è la distribuzione dei voti del PD e del movimento 5 stelle.
Queste che seguono sono invece le linee di distribuzione nei municipi di alcune caratteristiche della popolazione e del territorio. (Ho utilizzato i dati dell’ufficio statistico del comune e, ampiamente, gli opendata di #mapparoma (www.mapparoma.it) cui sono quindi debitore. Per la tabella sui servizi ho costruito un indice sintetico dei servizi sociali, culturali e di relazione.
Mi fermo qui, ma si potrebbe andare avanti.
E’ impressionante come le linee della distribuzione dei servizi e dei laureati somiglino a quella della distribuzione dei voti del PD, mentre quella della numerosità delle famiglie e delle persone con basso titolo di studio somiglino alla linea dei 5stelle.
Nulla di veramente nuovo, ma la riprova di quanto già analizzato da altri: il PD prende più voti nelle zone con più servizi e da chi vive meglio. Il movimento 5 stelle l’esatto contrario.
Si tratta, con riguardo alle linee del PD e del M5S, delle linee della destra e della sinistra? O piuttosto delle linee della difesa dell’esistente e della necessità del cambiamento?
Il problema viene quando guardiamo la linea della distribuzione dei voti per Stefano Fassina: assomiglia a quella della conservazione e non a quella della necessità del cambiamento.
Sinistra X Roma prende più voti nelle stesse zone in cui prende più voti il PD.
Come interpretarla? Forse vuol dire che nelle aree più disagiate anche Sinistra X Roma è vista come parte dell’establishment, per la sua contiguità storica al centro sinistra e al Partito Democratico. Come parte del problema e non della soluzione.
Per finire:Piani di zona
Con Stefano Fassina, durante la campagna elettorale, abbiamo visitato ed incontrato abitanti che vivono nei Piani di zona della 167. Castelverde, Pian Saccoccia, Colle Fiorito, Monte Stallonara. Nomi fantasiosi per denominare luoghi sperduti nella campagna e abbandonati da Dio e, soprattutto, dagli uomini di governo. Qui abbiamo incontrato una popolazione fatta di lavoratori dipendenti, spesso con due stipendi, impiegati pubblici, che, non in grado di affrontare i costi di acquisto delle abitazioni nella città hanno cercato, allontanandosi dal centro, di poter accedere, con un reddito medio alla proprietà della casa e salire una gradino nella scala sociale.
Qui le famiglie hanno pagato 50, 100, anche 200.000 euro come anticipo per acquisire un alloggio a costruttori e cooperative senza scrupoli che, nella sostanza, li hanno truffati con il beneplacito del Comune.
Oggi si trovano in comprensori senza servizi, alle volte anche senza fogne, acqua ed elettricità, esposti per decine di migliaia di euro e senza nemmeno la certezza che la casa per cui hanno pagato diventerà di loro proprietà. Non sto qui a elencare le mille modalità con cui sotto gli occhi “distratti” del Comune è avvenuto tutto questo. Girando per queste zone si ha la forte sensazione che dietro alla loro localizzazione non vi sia stato un disegno urbanistico, ma l’inseguimento concordato della distribuzione della proprietà dei terreni. Gli abitanti ti citano nome e cognome dei costruttori che hanno comprato terreni agricoli, costituito cooperative fittizie e poi inseriti nei piani di zona. La convinzione diffusa è che ci sia stato un tavolo di concertazione con i costruttori romani per fare dei piani della legge 167 non la risposta per l’assegnazione di alloggi a basso costo destinati a ceti medio bassi che non avevano diritto alla casa popolare, ma non potevano accedere alla edilizia di mercato, ma una grande occasione di speculazione immobiliare.
I piani di zona 167 sono stati 77, per un totale di oltre 300.000 stanze. Non tutti hanno avuto esito negativo Nella vicenda sono implicate decine di migliaia di famiglie di Roma.
Qui, quando dicevamo che volevamo riportare la sinistra in Campidoglio, la risposta era: ”Ancora Veltroni? No grazie”. Per queste persone l’amministrazione di centrosinistra è stato sinonimo di accordo con i costruttori per truffarli e ti mostrano i volantini delle cooperative, che con fallimenti pilotati li hanno lasciati a piedi, che invitavano a votare Veltroni. E ricordano l’amministrazione Alemanno come quella che ha continuato ad inciuciare e quella Marino come sostanzialmente assente, intenta a chiudere via dei Fori Imperiali invece di occuparsi di loro.
In queste zone era forte la sensazione che il movimento 5 stelle avrebbe fatto il pieno di voti. L’analisi dei seggi potrà confermarlo o meno. Ma non si tratta solo di un voto di protesta: si tratta anche di un voto a coloro che di questo problema si è occupato sia dal consiglio comunale sia dal parlamento. Mentre il centrosinistra guardava altrove. O perché complice, o perché si occupava di altro, diffidente verso questa parte di popolo. Diffidenza che è stata ricambiata.
In queste zone Sinistra X Roma non è stata votata perché considerata parte di questo centrosinistra. Che noi lo vogliamo o no.
La strada per conquistare fiducia è lunga e passa probabilmente per iniziare noi stessi a considerarci un’altra cosa e non più una parte di una sinistra che ha fallito.
Nota: Le considerazioni dei paragrafi Linee e Piani di zona andranno verificate con i dati dei singoli seggi.