Da bambina non amavo Gabriele.

Quest’omone grande e scuro, sempre nascosto in una nuvola di fumo, rappresentava per me la politica. E la politica era quella cosa che si portava via mio padre intere giornate, domeniche, giorni di festa. Io e le mie sorelle conoscevamo il suo numero a memoria per le mille telefonate che tenevano impegnato papà (e il telefono) per ore, sapevamo che erano stati insieme per il sedile passeggero sdraiato e la puzza di fumo intenso che inondava la macchina per giorni. Lo vivevamo come un tradimento.

“Io non farò mai politica!” dicevo risoluta a mia madre prima di addormentarmi abbracciando un pigiama verde di papà per sentire il suo odore.

Eppure è stato proprio Gabriele man mano che crescevo a insegnarmi a guardare quelle assenze con occhi adulti e a farle diventare motivo di ammirazione, di orgoglio.

La sua coerenza, il suo attaccamento ostinato all’utopia di un mondo migliore possibile, la sua generosa e testarda battaglia per costruirlo, viva fino all’ultimo, senza mai scendere a compromessi, senza mai protagonismi, mi hanno regalato un’immagine della politica che ha fatto germogliare in me una passione civile senza cui mi sentirei smarrita.

È stato grazie a lui che ho conosciuto Emma, ho varcato la soglia di casa sua e del Femminismo e di tutto quello che è venuto dopo, quando mossa da un desiderio ancora inconsapevole ho cercato la storia delle donne della mia città. Un regalo immenso.

Da allora più di prima, da quando mi sono seduta nel cerchio de Le Voltapagina, oggi RivoltaPagina, Gabriele è diventato compagno di molte battaglie. Sempre al nostro fianco, mosso da una curiosità intelligente, genuina, insaziabile, per le nostre discussioni, le nostre pratiche, il nostro modo di fare politica. Quasi “geloso” del nostro cerchio, affascinato dai nostri metodi molto lontani da quelli di partito.

Una curiosità intellettuale che faceva di Gabriele una figura presente per noi tutte nel collettivo e una persona colta, coltissima, dato che declinava questa sete di sapere in infiniti campi.

Gli siamo molto grate per tutto quello che nella sua vita ha fatto per questa città e la sua storia, per la Sicilia e per la sinistra.

Ci mancherà moltissimo e ognuna di noi vive oggi a suo modo un vuoto che non è solo affettivo e che forse proprio per questo è più difficile da accettare.

Gabriele ci ha lasciate guardare oltre quella nuvola di fumo che in qualche modo lo proteggeva, a fare tesoro della sua profondissima umanità e della tenerezza, spesso nascosta dietro una battuta sarcastica o un burbero rimprovero, impacciato com’era a esprimere esplicitamente i suoi sentimenti, ma fortunatamente ancora più impacciato a nasconderli.

Antonia Cosentino,

per le compagne del collettivo femminista RivoltaPagina