amato1Poca televisione, molto territorio nella campagna elettorale di Fabio Amato, giovane responsabile esteri, ha 36 anni, e capolista del Prc nella Lista comunista e anticapitalista, circoscrizione centro. Un giro «irrazionale», dice lui, che lo vede attraversare Umbria, Toscana, Marche e Lazio. Territori di fabbriche in crisi, sull’orlo della dismissione, sgretolate dalle delocalizzazioni, zone minacciate da nuove devastanti privatizzazioni o grandi opere.
«Sto vedendo l’Italia invisibile – dice a Liberazione – che viene occultata dai grandi mezzi di comunicazione del monopolio Raiset, che sta soffrendo il “neoliberismo reale”, quello di questa crisi che colpisce tante e tanti lavoratori e precari, senza che questo diventi il problema con cui confrontarsi in campagna elettorale.
La questione sociale, in realtà, è già all’ordine del giorno in Europa. In Italia i grandi media sorvolano non solo perché Berlusconi mente dicendo che la crisi non esiste, ma anche perché la presunta opposizione parlamentare, di fatto, ha condiviso le stesse scelte in patria o all’Europarlamento. A Strasburgo, i popolari, i socialisti, i liberaldemocratici, ossia i gruppi di cui fanno parte Pdl, Pd e dipietristi, si apprestano a votare insieme la riconferma di Barroso alla presidenza della Commissione europea. E, in passato, hanno votato insieme l’orario a 65 ore o la direttiva Bolkenstein.
A proposito di quell’Italia invisibile: c’è Di Pietro che prova a coprire lo spazio lasciato deserto dalla debacle elettorale dell’Arcobaleno. Che ne pensi di questa concorrenza impensabile fino a qualche mese fa?
Di Pietro s’è data una “spolverata” riciclando ceto politico a destra e a manca, stavolta un po’ più a manca, arruolando Zipponi. Ma l’ex pm di Mani pulite non dà fastidio ai poteri forti: la confindustria, il Vaticano, gli Usa. La politica italiana, oggi, sembra un gioco fra guardie e ladri, lui fa la guardia, ma è un gioco delle parti. Il suo antiberlusconismo non gli ha impedito di affossare, assieme a Mastella, la commissione d’inchiesta su Genova, di votare per la Tav, le grandi opere e la nuova base Usa di Vicenza. Per questo, non può essere considerato dalla mia generazione, un’opposizione credibile, semmai è l’altra faccia del berlusconismo. E poi, siccome è ineleggibile, perché già parlamentare (come Vendola e Berlusconi) potrebbe scappar fuori il De Gregorio di turno (si tratta di quel senatore napoletano con trascorsi nel Psi e nella nuova Dc, eletto con l’Idv nel 2006 e transitato nel campo berlusconiano, ndr ). Anche in Europa è tutt’altro che un’alternativa ma parte di quella grosse koalition che predica la massima precarietà, la privatizzazione dell’acqua, la dilatazione dell’orario di lavoro.
In questa campagna, resa più ardua dallo sbarramento al 4% voluto dal Pd, c’è anche qualche voce autorevole che teorizza il “tanto peggio tanto meglio”. E’ un’opzione credibile?
E’ pura follia perché l’azzeramento dei comunisti e delle esperienze della sinistra alternativa favorirebbe il disegno eversivo e piduista di Berlusconi, quella svolta a destra autoritaria per comprimere il conflitto di classe nel momento storico in cui si registra il crollo del Pil e il boom della disoccupazione. Il “tanto peggio tanto meglio” serve solo a chi ha già seminato disastri. Cambiare le cose non è automatico, né impossibile come qualcuno vuole farci credere: d’altronde fino a pochi anni fa sembrava impossibile che un indio, socialista e cocalero, diventasse il presidente della Bolivia o che un metalmeccanico guidasse il Brasile. Votare una lista col nome e il simbolo dei comunisti serve a mantenere questa speranza. Porteremo in Europa l’Italia più bella, quella che resiste, quella dell’antifascismo contro quella della P2 e della repressione di Genova.
Sei il responsabile della politica estera di Viale del Policlinico, non ti sembra che la grande assente dalla tenzone elettorale sia proprio l’Europa?
Non è un un caso perché poi, a Strasburgo, sono tutti d’accordo. Il partito di Franceschini, otto volte su dieci vota con le destre assieme ai craxiani ora alleati di Vendola. Dunque, nessuno parla d’Europa perché non c’è un’idea anche se ce ne sarebbe l’urgenza. Perché o l’Unione si mantiene così com’è, lasciandola sopravvivere solo come mercato comune – ed è destinata a a implodere – oppure si rifonda pensando a un’Europa sociale e del lavoro, che prenda la parte più bella della sua storia: lo stato sociale, i valori della rivoluzione francese, un’Europa che, a livello mondiale, sappia costruire un nuovo ordine economico e geopolitico. Invece, proprio come nell’epoca di Bush, la vergogna dell’Europa continua a essere il silenzio, la sua incapacità di intervenire nel conflitto mediorientale, di sostenere il diritto sacrosanto del popolo palestinese alla sua autodeterminazione. Guarda come i paesi occidentali hanno appena accolto un ministro razzista come Liebermann.
Anche questa impasse sembra attribuibile alla grande coalizione che governa il continente.
Per questo è utile votare la Lista Comunista e anticapitalista: è l’unica alternativa. In Europa, con il Gue – il gruppo unitario della sinistra alternativa – continueremo a lavorare con la Linke tedesca, con i compagni francesi, per rimettere al centro una logica di classe che prevalga sulla guerra tra poveri innescata dal berlusconismo. Per ridare slancio alle resistenze che oggi sono isolate. Dovremmo riuscire, come in Francia, a rendere visibile il conflitto, a rimettere al centro la questione del lavoro, a sconfiggere la logica della guerra tra i poveri su cui si regge il berlusconismo. Ma, per questo, serve una sinistra visibile.
Intervista a Fabio Amato di Checchino Antonini, Liberazione, 2 giugno 2009