Intervista di Daniela Preziosi a Paolo Ferrero (il manifesto 10 maggio 2012)
Segretario Ferrero, molti leggono nel voto nei comuni un voto contro Monti. Se così fosse la manifestazione di sabato 12, indetta dalla Federazione della sinistra contro il governo, dovrebbe essere sterminata.
Magari fosse così semplice. Certo è che il voto boccia nettamente la politica di Monti. In altri paesi d’Europa la protesta ha preso la strada della sinistra. In Italia il senso comune è stato spostato dai mass media dalla speculazione al debito, e dal debito ai costi della politica. E quindi il grosso del voto di protesta è finito sulle liste di Grillo. Ma senza dubbio ha perso Monti e le forze che lo sostengono.
Il Pd sostiene di aver vinto tra le ‘macerie’ degli altri.
Rispetto alle regionali, il Pdl e la Lega hanno perso due voti su tre, il Pd uno su tre, l’Udc un po’ meno. Noi e Sel restiamo fermi, Grillo va avanti. Per questo la scomunica di Grillo è assurda. Ripeto, nei fatti è il canale in cui si è espressa la giusta protesta. Per noi però la critica alla politica è sacrosanta, ma ci vuole anche quella alla politica economica: quindi difendere l’art. 18, nazionalizzare le banche, colpire la speculazione.
Il successo di Grillo è tutto merito dei media?
Il tema dei privilegi è vero, ed è stato un errore anche nostro non fare la lotta ai privilegi con durezza. Ma sostenere che il problema dell’Italia sono gli stipendi dei parlamentari è una mistificazione, rispetto agli 80 miliardi di interessi sul debito ovvero alla tangente che paghiamo alle banche per colpa del fatto che ci finanziano gli speculatori anziché la Banca centrale. È una mistificazione parlare dei costi della politica e non del fatto che Italo Ntv (il nuovo treno veloce di Montezemolo, ndr) si trova a gestire una baracca da milioni grazie ai privilegi concessi, in pieno conflitto di interesse, dallo stato.
Anziché indire un corteo da soli non poteva cercare di allargare il fronte?
Siamo mesi che ci sgoliamo in appelli all’unità che cadono nel vuoto. Alla manifestazione contro il debito, a Milano, ci siamo resi conto che o partivamo o non si faceva nulla. Abbiamo lanciato la mobilitazione con due connotazioni: la presenza delle soggettività sociali e le rappresentanze dei partiti europei, dal Front de gauche alla Linke. Sarà con noi Alexis Tsipras, il candidato della sinistra greca che era con noi a Genova nel 2001. Ma la consideriamo un punto di partenza. Speriamo che scaturisca un’iniziativa unitaria contro Monti, contro le politiche europee e contro il fiscal compact.
Non crede che sul fiscal compact Monti stia cambiando linea, dopo la vittoria di Hollande in Francia?
Monti è politicamente il cameriere di Merkel e un estremista della linea opposta ad Hollande: un liberista della Goldman Sachs, tra i protagonisti delle politiche che hanno creato la crisi. Era persino consulente del ministro Pomicino nella stagione in cui in Italia si scavava il fosso del debito.
Non crede che Hollande riuscirà a cambiare il segno delle politiche economiche europee?
I popolari e i socialisti troveranno una mediazione, e sarà appiccicare al fiscal compact un po’ di eurobond. La chiameranno ‘crescita’. Monti sarà d’accordo e per l’Italia significherà 45 miliardi di tagli in più ogni anno, oltre al pareggio di bilancio e a tutte le stangate in corso. Gli effetti recessivi del fiscal compact sono infinitamente più pesanti delle quisquilie sulla crescita.
Chiederà ai suoi compagni del Front de gauche di rompere con Hollande?
So che noi ci batteremo contro, e dico ‘noi’ perché il gruppo della Sinistra europea ormai si incontra almeno ogni due mesi per discutere insieme, ora abbiamo in programma una manifestazione comune contro la Bce. Giustamente il Front ha appoggiato Hollande, meglio lui che Sarkozy.
Anche per voi varrà la regola meglio Bersani che uno di centrodestra?
Per ora non siamo al voto, siamo all’urgenza di fermare Monti. Ha perso le elezioni e noi ora vogliamo farlo cadere. La sua permanenza non è indifferente: se l’Italia non approverà il fiscal compact e il pacchetto Fornero sarà meglio per tutti. Stiamo raccogliendo le firme contro la cancellazione dell’art. 18, e se sarà legge faremo di tutto per cancellarlo con un referendum. Ci pensi bene chi lo vuole approvare. Facciamo un appello per l’unità di tutte le forze della sinistra che si oppongono a Monti, Sel, Idv – con la quale abbiamo fatto una splendida esperienza in Sicilia alle amministrative – ai movimenti, a ‘Alba’, alla sinistra diffusa.
E il Movimento 5 stelle?
Se volesse, nulla in contrario. Tutti insieme per un’opposizione efficace. Serve anche un sindacato più netto: bene la manifestazione, ma mi sarei aspettato uno sciopero generale. In Grecia, in Francia e in Spagna l’opposizione dei sindacati al neoliberismo è durissima. Napoli e Milano prima, Genova e soprattutto Palermo oggi, dimostrano che dobbiamo abbandonare lo spirito minoritario, quello che spinge ad andare dal Pd con il cappello in mano. Il voto dice che fra noi, Idv e Sel c’è una forbice più stretta di come dicono i sondaggi: insieme saremmo forti. Poi, eventualmente, sarà diverso anche discutere di alleanze.
Lei faceva lo stesso appello prima del voto. Non le sembra che oggi il Pd sia più interessato a un’alleanza a sinistra?
È un’ipotesi. Un’altra è che il crollo del centro accentui la tendenza a ‘tirarli’ dalla loro parte. Dico ai compagni di Sel, all’Idv, ai movimenti: smettiamo di aspettare il Pd, iniziamo noi la partita. Uniamoci per far cadere Monti.
Sel e Idv invocano l’alleanza con il Pd. In questo caso la Fds che farà?
In politica le subordinate servono solo a finirci dentro. Quindi mi batto per un processo unitario, in una forma federata o confederata o di alleanza. Nessun piano B.