da linksicilia.it, 30 aprile 2012

“Pio La Torre era un comunista. Dubito che oggi sarebbe scritto ad un partito che sostiene il governo Lombardo”. E’ una botta da orbi quella che Giusto Catania riserva al Pd siciliano nel giorno dell’anniversario dell’assassinio del segretario regionale del Pci, che della battaglia alla mafia, in tutte le sue espressioni, aveva fatto la sua ragione di vita. E di morte. Catania, insegnante di Italiano e Storia. dirigente nazionale di Rifondazione Comunista – Federazione della Sinistra (è stato anche stato anche segretario regionale, assessore alla cultura, eurodeputato, ecc) ci va giù duro:
“Quando La Torre tornò in Sicilia, caratterizzò il suo impegno su tre cose: lotta alla mafia, battaglia per la pace contro i missili a Comiso e una campagna di moralizzazione contro il consociativismo che aveva caratterizzato una stagione del Pci. Oggi non si può essere sedicenti eredi di La Torre e sostenere un presidente della Regione coinvolto in pesanti vicende giudiziarie per rapporti con la mafia e per voto di scambio. Ma c’è di più sul piano politico: il Pd ha scelto la strada del governo a tutti i costi. In Sicilia con Lombardo e a Roma con Berlusconi, Alfano, Fini e Casini a sostegno di Monti. Comportamenti molto gravi politicamente, al di là delle vicende giudiziarie”.
Insomma è una questione politica o morale?
“Entrambe. La questione morale non attiene semplicemente a vicende giudiziarie. Non si può commemorare La Torre e stare con Lombardo; non si possono celebrare i martiri di Portella della Ginestra, trucidati in nome della giustizia sociale, e votare i provvedimenti contro i lavoratori e i pensionati voluti da Monti. E così alle amministrative: non si può invocare il rinnovamento e praticare le peggiori modalità di acquisizione del consenso.
A chi si riferisce?
“Agli ultimi fatti venuti alla luce ad esempio. La vicenda Trapani o Marasà (candidati nella lista Ferrandelli, ndr) può anche non avere rilevanza penale. Ma dal punto di vista politico lascia intravedere una smania preoccupante e la selezione delle candidature non può essere separata dalla proposta politica. Noi sosteniamo con convinzione Leoluca Orlando, perché è l’unica candidatura di rottura, in discontinuità con gli ultimi 11 anni di governo della città e della Regione”.
Ma non è comunque un male che la sinistra si sia divisa a Palermo?
“Qualcuno dice che in questa campagna elettorale si stia consumando a sinistra uno scontro fratricida. Io non sono d’accordo: in queste elezioni palermitane a sinistra si stanno confrontando due idee diverse di politica e anche di sinistra: da un lato quelli che vogliono vincere facendo alleanze anche con i peggiori nemici della sinistra e altri che rivendicano la coerenza di un percorso. Sono accaduti fatti rilevanti in questi giorni: penso all’accelerazione per le dimissioni di Lombardo. Il voto di Palermo, oltre a stabilire quale idea di città debba emergere, influenzerà i futuri assetti regionali e nazionali. Se vince Orlando sarà più difficile per il Pd proporre per le prossime regionali l’alleanza con MPA, UDC e SEL. La vittoria di Orlando potrebbe avere l’effetto di far cambiare linea a una parte della sinistra che pensa che bisogna sempre rimanere legati al Pd, anche se sta con Lombardo e con Monti”.