«È necessario che tutte e tutti aprano gli occhi…»
Dopo aver letto lo stimolante articolo del Prof. Caserta ho provato più volte ad immaginare Catania tra vent’anni. Ci ho provato da cittadino ma soprattutto da dirigente politico perchè profondamente convinto che chi dedica la propria vita alla passione per la politica, oggi più che mai, ha il dovere di lottare per permettere a questa città innanzitutto di sognare un futuro diverso. Sono però altrettanto convinto che solo chi si riappropria della libertà di dire basta ha la forza di sognare un futuro diverso. Credo pertanto che per sapere che città vogliamo costruire dobbiamo innanzitutto sapere che città non vogliamo più essere. Dobbiamo urlare le verità nascoste da un silenzio insopportabile e ricordare che è con il coraggio della denuncia che si inizia a costruire il futuro. Allora iniziamo a riconoscere che Catania è una città che è stata saccheggiata da una classe politica che ha fatto prevalere gli interessi di una casta ristretta su quelli della comunità sperperando risorse, mortificando diritti ed elevando la corruzione a sistema. Una presunta classe dirigente che ha privato Catania della forza di sentirsi collettività, condannando questa città a sprofondare in un baratro che appare senza fine, in ossequio ad un patto scellerato tra la politica corrotta,la peggiore imprenditoria e la criminalità organizzata. Catania ha, infatti, guadagnato la ribalta delle cronache giornalistiche o perché la giunta Scapagnini è riuscita nell’impresa di lasciare un vuoto di bilancio di un miliardo di euro, o perché siamo stati i primi per numero di analfabeti, ma i quartultimi per vivibilità, o perché Piazza Europa è diventata un cantiere a cielo aperto, o perché sono riusciti a trasformare nell’affare della vita anche la gestione delle case popolari. Si è parlato tanto di Catania, ma quale verità è stata raccontata? Non certo quella del quartiere in cui abito, dove una moschea convive con gli altarini di Sant’Agata ma le cui storie di straordinaria umanità, integrazione e solidarietà non possono essere raccontate perché disoccupazione, degrado e abbandono non ti permettono neanche di gioire del bello che c’è tra la tua gente. E ce ne sono tanti di quartieri di cui non hai la forza di raccontare niente, perché chi dovrebbe urlare la sua rabbia ha il capo chino e la bocca chiusa di cui ha perso la speranza. San Cristoforo, Librino, Monte Po, Villaggio Sant’Agata sono tutti luoghi abbandonati dallo Stato che diventa entità reale solo quando deve reprimere ed arrestare, senza nessun progetto sociale, senza nessuna politica di prevenzione e di recupero. Sono luoghi in cui la gente è costretta a peggiorare ed incattivirsi, perché non puoi non incattivirti se i tuoi figli possono giocare solo tra le fogne a cielo aperto, se devi spacciare per lavorare e se per mangiare devi accettare l’elemosina di una classe politica corrotta e ignorante che ha costruito sulla ricattabilità della nostra gente il suo potere elettorale. Allora per costruire veramente il futuro della nostra città dobbiamo avere il coraggio di raccontare la verità. Una verità troppo scomoda per tanti ma soprattutto per chi da sempre ha governato Catania. Non può non essere infatti loro la responsabilità se questa città è stata travolta dagli scandali e dalle inchieste giudiziarie e se abbiamo assistito impotenti a decenni di sistematico saccheggio del denaro pubblico. E sono stati sempre loro a fondare su una gestione indecente degli appalti pubblici il loro potere di scambio con le imprese mafiose ed a costruire, ad esempio attraverso le partecipate del comune e della provincia, ideate con la falsa promessa di assumere i lavoratori delle tante realtà produttive in crisi nel nostro territorio, un enorme bacino clientelare che non riescono neanche a mantenere perché travolti dalla crisi. E sono sempre loro i patronati e le sedi di partito presenti nei quartieri popolari in cui viene controllata la vita della gente, i luoghi dell’elemosina data per centinaia di voti, i luoghi nei quali si materializza uno sfruttamento al quale non ti puoi opporre.
Per lottare devi poter sperare di riscattare la tua dignità di uomo e di cittadino, ma se
puoi essere comprato con un pacco di spesa è difficile sperare. Chi ha governato in questi tristi anni a Catania è quel centro destra che ha costruito un vero e proprio potere feudale e che ora deve assumersi la responsabilità di un disastro sociale ed istituzionale. Questa verità purtroppo però è troppo scomoda anche per un centro sinistra che ha abbandonato Catania per partecipare alla spartizione del potere, per essere beneficiario dell’ultima fetta di torta disponibile, quella che puoi gustare solo se sei un comodo avversario silenzioso in una sfida mai veramente cominciata. È stata infatti la giunta Bianco a non approvare il piano regolatore, previsto nel progetto Cervellati, che avrebbe potuto frenare le speculazioni edilizie. E’ stata quella giunta a regalare gran parte delle risorse del progetto Urban alle università con l’idea malsana di trasformare i quartieri popolari del centro in quartieri universitari cacciando gli originari abitanti verso le periferie e a sprecare i fondi stanziati per combattere la dispersione scolastica. Ora è sempre il PD che si sottrae a qualunque opposizione istituzionale per occupare qualche strategico posto di potere e che continua a cercare alleanze oltre i confini di quello che fu il Centrosinistra con la speranza di diventare protagonista di un nuovo progetto politico bipartisan che veda magari come interlocutori privilegiati l’Mpa di Lombardo e l’Udc che fu di Cuffaro. Questa purtroppo
è Catania, città estremamente libertaria e famosa per la sua movida, in cui ogni divertimento è lecito ed ai giovani è concesso fare tutto purché non si ribellino, purché non lottino per la dignità e il riscatto della loro città. Catania, città in cui i figli di una borghesia corrotta e parassitaria si dividono tra i rampolli di una nuova classe dirigente spregiudicata e senza scrupoli e i militanti dell’estrema destra, mentre i figli di un sotto-proletariato nato dalla disoccupazione e dal degrado, accecati dai peggiori modelli del moderno consumismo, sono sempre più vittime di un sistema di esclusione sociale al quale rispondono con rabbia, violenza ed autodistruzione. Allora se a Catania si è avuto paura anche di danzare contro la mafia, se nei quartieri si costruiscono commissariati ma si chiudono scuole ed ospedali, se la gente di fronte al palazzo comunale, simbolo di un potere illegittimo e di un’oppressione silenziosa, urla la propria disperazione, è anche perché per troppo tempo la verità è stata nascosta. Allora affinché Catania possa avere un futuro è necessario che tutte e tutti aprano gli occhi e dicano finalmente basta per raccontare, magari anche prima di vent’anni, solo storie bellissime come quelle dei lavoratori con i quali abbiamo lottato, occupato, sperato,ma anche vinto. Storie come quelle della gente del mio quartiere, che prega davanti ad un altarino di Sant’Agata e che sorride a chi prega in una moschea.
PIERPAOLO MONTALTO
Segretario provinciale Rifondazione Comunista Catania-Federazione della Sinistra