Intervista a Piergiorgio Odifreddi
Matematico, logico, saggista, Piergiorgio Odifreddi è anche presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei agnostici e razionalisti dal 2003.
odifreddi08_lNell’84 c’è stata, come noto, la modifica del concordato. Cosa rimane tuttavia dei Patti lateranensi del ’29?
Ricordiamo che i Patti lateranensi sono recepiti dalla Costituzione nell’articolo 7. Tra parentesi l’assurdo è che attraverso questo articolo la Costituzione repubblicana recepisca indirettamente anche un riferimento allo Statuto Albertino della monarchia sabauda che fu, per l’appunto, incorporato nei Patti lateranensi. E’ un controsenso anche se è, tutto sommato, un aspetto secondario. Un problema più grave è che l’articolo 7, come sappiamo, non è rivedibile attraverso referendum o proposte di leggi popolari. Essendo i patti lateranensi un trattato con uno Stato estero si possono rivedere soltanto in maniera bilaterale. La Repubblica italiana non può impugnare il concordato unilateralmente – a meno che non ce ne sia la volontà e allora, a quel punto, tutto sarebbe possibile. Lo Stato si è legato le mani. Alla popolazione è impedito di esprimersi. E poi ci sono altri aspetti altrettanto gravi, come la faccenda degli aiuti economici dello Stato alla Chiesa o l’obbligo, di fatto, dell’insegnamento di religione nella scuola. L’ora di religione ce la porteremo dietro chissà per quanto tempo. Altro che libera Chiesa in libero Stato. Qui c’è solo la libertà della Chiesa.
La revisione del Concordato nell’84 abolisce, sulla carta, la religione di Stato e l’ora di catechismo nella scuola. Di fatto, però, la religione cattolica è stata mantenuta come materia d’insegnamento per il suo valore nella nostra cultura nazionale. Non è cambiato nulla?
Vero. Le ripercussione della revisione concordataria dell’84 sulla scuola sono gravissime. Innanzitutto, ci sono storture evidenti come quella degli insegnanti di religione cattolica scelti dalla Curia ma pagati dallo Stato. All’epoca del ministro Moratti – ma a dire il vero anche nell’ultimo governo Prodi – sono stati recepiti in ruolo con costi molto alti per le casse dello Stato. Credo, se non ricordo male, che la cifra sostenuta dallo Stato per gli insegnanti di religione si aggiri intorno ai settecento milioni di euro. Potrei capire, pur non condividendo, se ci fosse un’ora di religione obbligatoria a carico del Vaticano. L’assurdo, invece, è che lo Stato non solo si impegna a garantire questa propaganda religiosa, ma la paga anche.
L’artificio è che l’ora di religione non è catechismo ma materia di rilevanza culturale per tutti, non solo per i credenti, e quindi è lo Stato che deve pagarla…
Ma allora che sia lo Stato a scegliersi gli insegnanti e a stabilire i programmi. Se il criterio è l’interesse culturale quell’ora dovrebbe essere dedicata non alla sola religione cattolica, ma alla storia di tutte le religioni. E’ una presa in giro.
Un altro effetto della modifica del concordato è l’otto per mille, un meccanismo di finanziamento della Chiesa molto contestato. Cos’è che non funziona?
Anche l’otto per mille è una presa in giro soprattutto se paragonato col misero cinque per mille destinato alla ricerca scientifica. Il governo mette un tetto e tutto quello che i cittadini versano nel cinque per mille che superi quel tetto viene incamerato dallo Stato. Molti pensano di finanziare la ricerca e invece, oltre un certo limite, i loro soldi vengono stornati. Nell’otto per mille, al contrario, non c’è alcun tetto – qui sì, avrebbe un senso mettere un limite. L’otto per mille, in fondo, è la sostituzione della vecchia congrua (cioè l’assegno un tempo versato dallo Stato ai parroci a titolo di stipendio fino al momento dell’entrata in vigore delle modifiche al concordato, ndr ) e serve, nella sostanza, a finanziare il clero. Ma solo il quaranta per cento dell’otto per mille incassato dallo Stato ogni anno, cioè quattrocento milioni di euro – stando alla dichiarazione della Cei – viene devoluto per il sostentamento del clero. L’altro venti per cento è devoluto per atti di carità. Il rimanente quaranta per cento è a disposizione della Cei. Se per finanziare il clero servono 400 milioni di euro il resto che eccede tale cifra dovrebbe essere incamerato dallo Stato. Qui ci vorrebbe un tetto, non per la ricerca scientifica. E’ assurdo.
Sulla carta non esiste più una religione di stato. Però di fatto la libertà religiosa non è garantita allo stesso modo per tutte le confessioni esistenti in Italia. La religione cattolica continua a mantenere una posizione di privilegio rispetto alle altre. O no?
La libertà religiosa non vale nella stessa misura per tutti. I buddisti non hanno lo stesso trattamento di altre confessioni e non possono accedere alla quota dell’otto per mille come invece avviene, ad esempio, per i valdesi che non sono cattolici, ma sono pur sempre cristiani. Di recente ho firmato un appello promosso dai buddisti italiani che rivendica parità di trattamento per tutte le confessioni presenti nel nostro paese. Ma c’è anche un altro meccanismo perverso nell’otto per mille. Soltanto il 35 per cento degli italiana decide a chi destinare l’otto per mille, ma lo Stato lo prende comunque da tutti i contribuenti, anche da tutti gli altri che non decidono la destinazione, e lo distribuisce in base alle preferenze espresse dal solo 35 per cento. Insomma, va a finire alla Chiesa cattolica.
Oltre alla disparità di trattamento economico c’è anche un problema di visibilità culturale. Perché non insegnare anche la storia di altre religioni ugualmente importanti nelle nostre società multiculturali?
Perché si cerca di preservare con ogni mezzo il primato della Chiesa cattolica. Quando ci fu la sentenza di un tribunale che imponeva di togliere il crocifisso nei luoghi pubblici, persino il Presidente della Repubblica commentò che era folle da parte dei giudici deliberare su simili questioni. Ma com’è possibile che un Presidente della Repubblica inviti a non rispettare certe sentenze? Il concordato contiene molti aspetti lesivi nei confronti dei diritti non solo dei credenti di altre religioni, ma anche dei non credenti in generale.
La libertà religiosa non riguarda solo la libertà di chi crede di esercitare il proprio culto. Riguarda anche la libertà di chi non crede di organizzare ed esprimere il proprio ateismo. Sennò finiamo per parlare solo di come le religioni devono spartirsi lo spazio pubblico della politica. Per gli atei, però, è difficile manifestare il proprio pensiero, come dimostra la vicenda della pubblicità atea sui pulmann di Genova. Vero?
Certo, bisogna tutelare chi non crede. Tra l’altro, l’ateismo è molto più diffuso di quello che si pensi, sull’ordine del quindici per cento. invece lo si fa apparire come un gruppuscolo di scalmanati. Non è una grande percentuale, però è pur sempre il quindici per cento della popolazione italiana. Il caso di Genova è eclatante. E’ stato fatto tanto rumore per due soli bus e per una pubblicità assolutamente non offensiva per nessuno. Gli altri paesi l’hanno accettata. Ma se la religione cattolica si fa pubblicità ovunque! Per non parlare dell’attenzione spropositata dei media che riceve. Non c’è giorno che i telegiornali non riportino le opinioni del Papa e dei vari cardinali Bagnasco. Bisogna ricordare che le posizioni della Chiesa sono opinioni e non verità indiscutibili. Ne abbiamo un esempio tragico in questi giorni con l’intromissione del Vaticano nella vicenda privata di Eluana Englaro. La libertà consiste proprio in questo: se non c’è unanimità di opinioni su questioni tanto drammatiche, ognuno deve agire in linea con la propria coscienza. Ma la Chiesa non accetta la libertà e pretende di imporre le sue opinioni anche agli altri, anche a chi non appartiene alla comunità dei cattolici. Si presentano come una maggioranza silenziosa – che non è poi tanto silenziosa – ma maggioranza non lo sono affatto. Solo il trenta per cento degli italiani frequenta regolarmente la chiesa. E se anche fosse, la libertà non è un diritto esclusivo della maggioranza.
di Tonino Bucci, su Liberazione del 08/02/2009