Intervista ad Alex Zanotelli – “Oggi la Resistenza continua sui beni comuni  oggi la resistenza è contro un sistema che sta rendendo tutto merce”
di Checchino Antonini su Liberazione del 24 aprile 2010
Oggi e domani, nelle piazze italiane, parte la raccolta di firme per i tre referendum per l’acqua pubblica. Saranno centinaia tra banchetti, eventi e manifestazioni. Obiettivo 50mila firme nei primi due giorni di raccolta, 700mila entro il 4 luglio. La data di inizio della raccolta firme, nel fine settimana della Festa della Liberazione, non è casuale. Alex Zanotelli, oggi dalle 18, sarà in Piazza Dante a Napoli. Al banchetto ci saranno cantanti e un microfono aperto per dare inizio alla primavera referendaria. Missionario comboniano, nato in Trentino, classe 1938, Zanotelli, da quanto è tornato da Korogocho, vive al Rione Sanità, dà una mano in una parrocchia ma, soprattutto, lavora tra i poveri, i rom, i migranti. E, ogni giorno, si trova a fianco attivisti sociali.

«L’altro giorno – racconta a Liberazione – siamo stati travolti dalla celere mentre provavamo a violare il pacchetto sicurezza provando a non far deportare alcuni stranieri minorenni nel Cie di Brindisi. Il giorno dopo il prefetto di Brindisi ci ha dato ragione e ne ha liberati nove!». Alla vigilia della raccolta delle firme, Zanotelli è «felice» per questa nuova battaglia che inizia nel week end della Liberazione: «Oggi la Resistenza continua sui beni comuni – dice – oggi la resistenza è contro un sistema che sta rendendo tutto merce. Speriamo solo che la decisione dell’Idv di raccogliere firme su un proprio quesito non ci porti a referendum contrapposti».

Questo giornale, due giorni fa, ha dato conto del divorzio di DiPietro dal “popolo dell’acqua pubblica” e della sua concezione strumentale del rapporto con i movimenti che alimenta rigurgiti di antipolitica.
Vorrei essere chiaro, non abbiamo nulla da spartire con l’antipolitica. Ricordo le sacrosante parole di Paolo VI: il più grande atto di carità è fare politica. Ecco, dobbiamo recuperarla, la politica. Ma è chiaro che l’impegno per l’acqua pubblica non è roba dei partiti ma la primogenitura appartiene all’associazionismo di base e alla cittadinanza attiva. E non bisogna dimenticare che ambedue gli schieramenti sono a favore della privatizzazione. Questa storia parte da lontano, dai governi di centrosinistra. Per questo diciamo che l’acqua non ha colore, per questo accettiamo i partiti come sostenitori ma non nel comitato promotore. E poi, se il popolo dirà no alle privatizzazioni sarà una vittoria straordinaria a disposizione anche dei partiti a cui darà una forza che ora non hanno.
Tra l’altro quello presentato dall’Idv è un quesito ambiguo.
Se passasse consentirebbe la libertà di scelta tra privato, pubblico e misto. D’altronde Di Pietro ha votato nel 2006 le proposte dell’allora ministra Lanzillotta di privatizzazione. L’acqua, secondo noi, dev’essere dichiarata diritto fondamentale e gestita dalle comunità locali al minor costo possibile senza essere quotata in borse, senza nessuna ingerenza dei privati. Chiedete ai comuni cosa ci sia di comune dopo esternalizzazioni e privatizzazioni.
Altri partiti, tra cui la Federazione della sinistra, ma anche Sel e Sinistra critica, hanno mostrato un concetto diverso di quella relazione con i movimenti.
Sì, l’incontro con Paolo Ferrero è stato di tutt’altro segno, gli è stato chiesto, per favore, di soprassedere su altri referendum che la Federazione avrebbe voluto lanciare. E lui è stato molto corretto, chiaro e d’accordo con noi a irrobustire questa battaglia. Nel Pd, invece, ha vinto la linea Bersani, che è la linea Lanzillotta, e sono spariti dagli incontri comuni.
Il tuo impegno per l’acqua pubblica non è iniziato da Napoli.
La mia prima battaglia per l’acqua comincia a Korogocho, la favela di Nairobi dove sono vissuto dal ’90 al 2002. Andavo anch’io a comprarmi una tanica per portarmela in baracca e ho capito quanto costi l’acqua ai poveri. I poverissimi delle baraccopoli di Nairobi pagano l’acqua che bevono più di quanto i ricchi di Nairobi paghino quella che usano per riempire le loro piscine. Così abbiamo aperto rivendite autogestite per alleviare i costi ai più poveri.Tornato in Italia, sono entrato nel giro dell’acqua. Ho conosciuto Riccardo Petrella, grande maestro, il Forum dei movimenti e il contratto mondiale. Nel 2004, dopo che 136 comuni nell’Ato 2 hanno votato la privatizzazione dell’acqua di Napoli, è cominciata la lotta che ci ha portato a una straordinaria vittoria: il 31 gennaio 2007 quell’acqua è stata ripubblicizzata. Da lì la campagna in tutta Italia per produrre le 400mila firme per una legge di iniziativa popolare che abbiamo portato alla commissione Ambiente dove giace sonni tranquilli dai tempi del centrosinistra.
Perché tre quesiti, non era possibile uno solo?
I nostri costituzionalisti – Rodotà, Ferrara, Mattei, Lucarelli e altri – si son trovati davanti una serie di leggi sibilline e connesse tra loro che sembrano scritte da menti diaboliche. Hanno faticato tantissimo per elaborare i tre quesiti.
Nonostante ciò questa stagione referendaria potrebbe invertire una tendenza e movimentare la società civile come riuscì a fare il referendum sul divorzio nel ’74?
E’ incredibile quello che l’acqua può rimettere in moto. Credo che una vittoria culturale c’è già stata. Ora serve la vittoria politica. Sono stato molto pesante con i parlamentari, li ho maledetti, ho scritto che le loro mani grondano sangue. L’acqua è l’oggetto del desiderio di questo secolo come fu il petrolio il secolo scorso. Ma se l’acqua non è pubblica la pagheranno prima di tutto le classi deboli, le bollette saliranno del 300%. E nel Sud del mondo, se oggi sono 50 i milioni di morti di fame non perché non ci sia cibo ma perché non se lo possono permettere, ce ne sarà il doppio che non avrà soldi per pagarsi l’acqua. La democrazia ricomincia dai beni comuni. Credo sia un segnale anche quello che il premio Nobel 2009 sia stato assegnato a Elinor Ostrom, un’economista norvegese non ortodossa che lavora sul governo dei beni comuni.