Giovedì 20 Gennaio, alle ore 18.30, presso la sede della Federazione della Sinistra di Lentini, in via Garibaldi 90, si terrà una assemblea aperta per la costituzione del Coordinamento territoriale Lentini-Carlentini-Francofonte del Comitato Uniti Contro la Crisi.
A margine della assemblea, decideremo anche le modalità da adottare (volantinaggi nei quartieri popolari, banchetti pubblici) per sostenere l’imminente sciopero nazionale indetto dalla Fiom per il 28 Gennaio.
Tutti i cittadini e simpatizzanti sono invitati a partecipare. Di seguito l’appello fondativo che verrà discusso, approvato e diffuso.
Appello fondativo
Il nostro paese stà attraversando la crisi economica più drammatica dal 1929 ai giorni nostri:una crisi strutturale che riguarda l’intero sistema capitalistico e che è essa stessa il prodotto di tante “crisi”,da quella dei dispositivi economici che hanno nella finanza il loro epicentro,alla precarizzazione di massa,passando per quella ecologica,che pone sempre più drammaticamente il problema degli effetti sulla nostra vita della devastazione ambientale irreversibile,dalla crisi alimentare per tanta parte del pianeta,fino alla crisi energetica e di accesso ai beni comuni come l’acqua.
Una crisi di tale portata non può che avere effetti disastrosi anche sul piano sociale,culturale e politico.
Per gli apologeti del mercato e del capitalismo,si presenta la possibilità di cancellare qualsiasi tipo di ostacolo sociale all’arricchimento di pochi a scapito della miseria di molti. Come dimostrano le crisi finanziarie,è grazie ad esse,e alle politiche messe in atto dai governi per affrontarle,che il sistema che garantisce enormi quantità di potere e di denaro a banchieri e speculatori,non solo non viene messo in discussione nei suoi elementi fondamentali, ma viceversa aumenta rendita finanziaria,profitti e divario sociale.
Gli effetti della crisi,quelli che sentiamo sulla pelle da Pomigliano a Melfi, dalle basi petrolifere nel Golfo del Messico alle scuole e alle università senza finanziamenti, dallo smantellamento del welfare alla privatizzazione dell’acqua, sono in realtà il prodotto preciso dell’utilizzo che di essa viene fatto da una parte, quella di chi è ai vertici, delle aziende, dei governi, delle istituzioni europee, delle banche su base locale e globale.La precarietà a cui siamo tutti sottoposti, noi e il pianeta, è il prezzo da pagare alla loro idea di società.
In questo quadro è urgente trovare il nostro modo di “utilizzare” la crisi, di immaginare delle vie d’uscita che per essere efficaci,devono non solo permetterci di resistere ma anche di immaginare un’altra società, un altro modello di sviluppo e di consumo, un altro modo di vivere incentrato su valori e diritti capaci di essere rinnovati invece che cancellati.
Se ci affidassimo solo ai “conflitti” che la crisi oggettivamente provoca, potremmo avere brutte sorprese, anche tragiche: non è detto che essi non diventino guerre fra poveri, razzismo, xenofobia, individualismo. Se non ci ponessimo il problema di “ricomporre” le tante resistenze che nascono dai processi ristrutturativi in atto nella scuola, nell’università e per l’intero ciclo della formazione, nel lavoro di fabbrica e nelle nuove forme del lavoro autonomo, interinale, a chiamata, consegneremmo all’oblio o peggio alla sconfitta ognuna di queste. Allo stesso modo se non comprendiamo che la lotta contro la privatizzazione dell’acqua e per i beni comuni ci parla direttamente di un’idea di società, ivi compresa la produzione, non si riuscirà mai a cogliere la profondità di ciò che è in atto, e che appunto non è “scomponibile” in settori.
Dobbiamo essere in grado, e questa è la sfida, di creare un piano comune finalizzato alla piena e buona occupazione, alla validazione democratica delle piattaforme dei contratti per tutte le lavoratrici e i lavoratori, a un reddito di cittadinanza e formativo,a far sì che l’ecologia non diventi una teoria astratta ma serva a progettare un nuovo modo di produrre e vivere, che il lavoro non venga inteso come un generico “valore” ma si riempia di concretezza, affrontando di volta in volta le sue condizioni e i suoi esiti sulla vita di chi lo compie e dell’ambiente sociale e naturale che lo circonda.
Così come i diritti delle donne, degli uomini e dei bambini migranti non possono essere relegati a “questione umanitaria”, poiché la loro cancellazione modifica il concetto stesso di democrazia in cui viviamo.
Ricomporre non significa, dunque, fare la sommatoria.Vuol dire invece produrre nuovi paradigmi attorno ai quali creare un immaginario che descriva la nostra idea di società, contrapposta a quella delle classi dominanti.Solo la forza di questo processo di movimento e in movimento, può rende forti e possibili tutte le battaglie che abbiamo di fronte.
La manifestazione della Fiom il 16 Ottobre scorso a Roma è stata un grande successo di determinazione e consapevolezza.
Anche la nostra citta’ e la nostra provincia,con la partecipazione di centinaia di studenti universitari,precari della conoscenza e dei servizi, attivisti dei centri sociali e dei movimenti in difesa dei beni comuni, cittadini e cittadine, ha dato un contributo come da tempo non accadeva.
La determinazione dei metalmeccanici si è intrecciata con i movimenti e le istanze che hanno animato negli ultimi tempi i conflitti sociali nel nostro paese, componendo un quadro eterogeneo ma comune che va rilanciato con strumenti nuovi e con l’avvio di un nuovo processo. L’energia del 16 Ottobre non va dispersa, al contrario deve costituire un punto di partenza nella convinzione che la crisi, e l’utilizzo politico che il Governo Berlusconi e la Confindustria ne fanno,produce come prima conseguenza fondamentale la divisione e la frammentazione dei soggetti sociali e produttivi.
Individualismo, competizione, paura sono gli effetti piu’ immediati che le strategie economiche e di governo producono e a questa strategia bisogna rispondere unendosi e cercando la via della ricomposizione sociale come condizione necessaria e non rimandabile.
L’esperienza del 16 ottobre ci segnala una grande opportunità per i movimenti, i sindacati e le associazioni: occorre ricomporre, laddove veniamo divisi, immaginare un percorso comune, laddove ci viene proposta la solitudine.
Da tutto ciò nasce la proposta di costituire anche nelle nostre citta’ il comitato UNITI CONTRO LA CRISI, un luogo di discussione e azione aperto, abitabile al di la’ delle appartenenze, che autodetermini percorsi e obiettivi comuni.
UNITI CONTRO LA CRISI significa immaginare un meccanismo di connessione di lotte anche differenti tra loro,è un esperimento di opposizione alla crisi e di determinazione di un nuovo futuro.