La giornata del 25 aprile ha per noi un grande valore evocativo e simbolico. Sessantasei anni fa, dopo cinque anni di una guerra che aveva investito direttamente il territorio d’Italia con grandi lutti e enormi rovine, con centinaia di migliaia di morti civili e militari, stragi e violenze d’ogni genere,  tornava a brillare il sole della libertà.

Una libertà riconquistata a caro prezzo.

Per essa in tanti, donne e uomini di ogni età, diedero vita a una pagina della nostra storia che si collega direttamente all’epopea del Risorgimento, ultima ma non definitiva pagina della lotta del popolo italiano per la libertà e per il diritto.

Nei resistenti era viva l’idea che la libertà e la pace fossero dei valori universali, che nessun essere umano può dirsi libero e sicuro se questi diritti sono negati ad altri esseri umani.

Questa concezione appartiene alla più pura tradizione democratica risorgimentale e si iscrive nella storia del nostro Paese accanto al sacrificio degli eroi che accorsero in difesa della repubblica Romana nel 1849, ai tentativi generosi di sollevare dalle loro miserie le plebi meridionali di cui la spedizione di Sapri è testimonianza e poi ancora nella travolgente avanzata delle camice rosse al seguito di Garibaldi. Non a caso da Garibaldi presero nome le  brigate partigiane che per due anni si batterono contro i nazifascisti in una lotta a volte impari.

La Resistenza è stata lotta di popolo, degli operai, dei contadini, degli intellettuali, dei militari che all’indomani della disfatta non cedettero le armi. Tanti soffrirono la deportazione e molti morirono nei lager di fame e di malattie. Tanti furono uccisi perché ebrei, zingari o omosessuali.

Oggi siamo chiamati a una nuova Resistenza e a portare a compimento il Risorgimento democratico d’Italia nel nome di chi ci ha preceduto nella lotta. Una lotta che fino ai nostri giorni ha richiesto un enorme tributo di sangue: quello dei giudici e degli uomini delle forze dell’ordine caduti nell’adempimento del dovere, dei sindacalisti uccisi dalla mafia insieme a quegli imprenditori che non si sono piegati al racket, delle vittime innocenti delle strategie stragiste e chiaramente neofasciste che hanno insanguinato l’Italia.

Per queste ragioni il prossimo 25 aprile ci vedrà attorno alla lapide dedicata al Comandante Barbato, l’indimenticabile compagno Pompeo Colajanni.

Palermo, 24 aprile 2011

Partito della Rifondazione Comunista

Federazione di Palermo