Intervista di Stefano Galieni ad Antonio Marotta, su Ombre Rosse, settimanale comunista on line (controlacrisi.org)
Antonio Marotta è il segretario regionale del Prc siciliano. Sono passati pochi giorni dal terremoto elettorale che ha colpito l’isola. A lui chiediamo se si poteva prevedere un risultato così insufficiente per la sinistra di alternativa che si era presentata unita.
No, almeno io non ho avuto una percezione effettiva di quanto accadeva. Eravamo preoccupati per la rimonta di Grillo, con la sua efficacissima campagna elettorale, sentivamo poi che gran parte della popolazione intendeva non votare e che si rimarcava in maniera ancora più forte il distacco fra la politica e le istituzioni. Poi siamo stati sicuramente danneggiati dall’incidente di percorso che ha portato Claudio Fava a non potersi candidare nonostante il suo nome fosse bene evidente sul simbolo con cui ci presentavamo. Ma avevamo una prospettiva, volevamo fare una nostra battaglia, credevamo che comunque il presentarci uniti sarebbe stato riconosciuto come un valore invece è andata in maniera gravissima. Abbiamo capito solo alla fine che il nostro lavoro non ci stava premiando nonostante la generosità estrema con cui si è spesa la compagna Giovanna Marano.
Come valuti il consenso ricevuto da Grillo e dal Movimento 5 stelle?
Io credo che vada riportato su un quadro nazionale sin da adesso con cui ci ritroveremo anche noi a doverci confrontare. In Sicilia la portata del consenso che hanno registrato è inferiore a quella che potrebbe avere a livello nazionale. Grillo ha condotto una campagna elettorale serrata e concentrata in pochi giorni ma ben studiati, anche con colpi di teatro.
Lui non è stato neanche esaltato dalla tv – anche se certamente ha avuto più spazio di noi – ma ha saputo conquistare le piazze con trovate estemporanee, intercettando anche un voto tradizionalmente nostro, soprattutto giovanile. Ma ha preso da tutti, anche dal centro destra. La forza del suo movimento parte da una critica generica al mondo della politica che anche molti di noi condividiamo, ma senza dare prospettive a livello politico.
Paradossalmente questo non lo ha indebolito ma, per immediatezza, è divenuto suo elemento di attrazione.
La sua è una proposta imprecisa, non si schiera da una parte, opera una critica in parte corretta e in parte populista e presentandosi così si è costruito uno spazio di adesione spontanea. Negli ultimi 10 giorni di campagna elettorale ha battuto paesino per paesino recuperando o costruendo consenso ma ripetendo le cose che dice da 10 anni quando le affermava nei teatri durante i suoi spettacoli.
A tuo avviso la sinistra di alternativa non ha avuto difficoltà nell’elaborare e proporre in maniera semplice un proprio programma?
No, non sono d’accordo ma parto da un punto. Il movimento 5 stelle ha eletto una discreta pattuglia di deputati e ha manifestato subito la sua ambiguità. Cancelleri, (il candidato alla presidenza n.d.r.) ha inviato messaggi molto chiari al vincitore Crocetta : “seducici con proposte da condividere” conservando poi il proprio attacco alla politica generale a Lombardo ecc. Da parte di questo movimento non c’ stata la posizione chiara che noi avevamo.
Noi abbiamo invece realizzato una coalizione ampia. A mio avviso Idv ha commesso un errore a non entrare nel simbolo che ci accomunava, forse Orlando era convinto che mantenendo una propria indipendenza avrebbero preso consensi fra le aree moderate. Noi abbiamo insistito, fino alla fine abbiamo provato a giungere ad una sola lista ma credo abbia prevalso una scelta nazionale.
La coalizione aveva un valore forte, rispetto alle elezioni palermitane ha incluso anche Sel. La lista che si è realizzata, con molti candidati indipendenti, ha coinvolto i No Ponte, i No Muos, la Lista Borsellino, settori produttivi del mondo dell’agricoltura, frange minori ma interessanti del Pd che non si riconoscevano nell’alleanza con l’Udc del proprio partito. Ci aspettavamo un forte voto di opinione avendo un simbolo trainante. Come Prc volevamo che nel simbolo emergesse più chiaramente la propria natura di sinistra d’alternativa, c’è stata una mediazione e ne è uscita una lista per Fava presidente come elemento di unità e sotto i nostri simboli.
Noi avremmo preferito una lista di alternativa per i beni comuni anche nel simbolo depositato lasciando spazio alla nostra pluralità ma c’era chi non voleva neanche la presenza dei simboli di partito. Ma contro centristi e moderati avevamo elaborato una proposta politica precisa e puntuale paragonabile forse solo con i cantieri di Borsellino. Il nostro percorso programmatico era semplice e leggibile, rivolto ai cittadini.
Come Rifondazione abbiamo fatto inserire temi e proposte che andavano ad integrare elementi a quanto diceva Fava che ha assunto ad esempio la necessità del reddito minimo garantito. Anche sulla sanità avevamo elaborato una proposta scritta di riforma su cui lavorare con un nuovo assessore. Poi hanno pesato elementi imponderabili come le dimensioni dell’astensionismo che ha superato quello delle Europee del 2009. Ci sono fette di popolazione che si sono mostrate lontane e rassegnate e hanno elaborato una forma di protesta negativa.
E poi c’è stato il caos derivante dalla mancata possibilità a candidarsi di Fava quando il messaggio era già stato lanciato.
Si alla rimonta di Grillo ha fatto da contralto questo caos. Prima Fava era dato nei sondaggi con un consenso minimo del 16% e anche per la Federazione della sinistra si prospettava un buon risultato.
L’errore tecnico e burocratico relativo alla residenza ha avuto un effetto deleterio e devastante. Anche la gente vicina a noi è stata attraversata da un sentimento di incredulità. Ci dicevano: “Volete andare a governare e non sapete neanche presentare una lista”. Siamo subito sprofondati, le persone ci dicevano “non vi voto più” e lo staff di Fava ha grandi responsabilità. Si è stroncato l’unico spazio di dialogo che ci poteva permettere di parlare a viso aperto perché Fava incarnava l’idea di unità a sinistra.
Giovanna Marano ha, nonostante tutto, anche ampliato la proposta programmatica soprattutto sui temi del lavoro entrando nel merito, dicendo cosa fare, come farlo e con quali risorse. Ma Giovanna Marano si è ritrovata in questo caos, anche a lei veniva chiesto il perché di tanta approssimazione in precedenza, è riuscita, da combattente quale è, a farci risalire, ma poi è arrivato il ciclone Grillo. Tra l’altro mentre alle comunali di Palermo, il voto di lista aveva raggiunto il 50% in questo caso si è scesi al 20%, tenendo conto che la lista è tenuta dai candidati e non ha prodotto purtroppo un effetto moltiplicatore.
In base alle preferenze ottenute posso dire che la FdS è intorno al 2% ,mentre Sel è rimasta ancora più schiacciata. Noi siamo tornati ai risultati del 2009 quindi si è realizzata una sommatoria di debolezze.
E ora cosa accadrà nell’Ars (Assemblea regionale siciliana)?
Crocetta è convinto di avere una maggioranza bulgara, forse ha elementi per affermarlo anche se il suo partito ha preso il 13% del 48% dei votanti. È presidente e io credo che troverà il sostegno centrista, con Micciché. Del resto ha già dichiarato di non essere d’accordo col suo avversario ma che costui è una persona perbene e se condivide il programma il sostegno è ben accetto. A Crocetta mancano 7 deputati per avere la maggioranza.
E poi ci sono i consiglieri di Grillo, che offrono una apertura totale sui singoli provvedimenti e a cui non interessa la distinzione destra /sinistra. Se ottengono ad esempio la riduzione dello stipendio dei parlamentari poi votano qualsiasi cosa, terminano la loro mission ottenendo questi risultati. A me preoccupa l’inesperienza notevole di molti eletti anche se noto un elemento che ci dovrebbe far riflettere. Loro hanno lavorato molto col popolo del web che ha ben indirizzato anche le preferenze, in Sicilia è curioso che uno eletto a Palermo riesca ad ottenere tanti voti anche a Catania o a Caltanisetta.
Sono riusciti a fare un ottimo lavoro in rete concentrando le preferenze e trovo questo interessante, dovremmo imparare. La “maggioranza bulgara” da cui si sente legittimato non è una boutade di Crocetta ma frutto di una relazione con alcuni per garantire risultati di facciata e poi elaborando un rapporto più organico con Centro e autonomisti. Del resto in Sicilia hanno pesato non poco il voto “utile” e “disgiunto”.
Ci sono possibilità che si consolidino i rapporti a sinistra?
Qui in Sicilia si sono costruiti rapporti solidi ma i risultati non sono stati positivi e questo pesa. Noi non abbiamo riproposto la “Sinistra arcobaleno”, abbiamo realizzato una esperienza che potrebbe divenire di esempio anche su scala nazionale soprattutto con IdV e Verdi. Con Sel il problema è diverso. Il giudizio di Sel è legato molto al quadro regionale in cui c’è critica ma andiamo avanti. Però Sel ribadisce che loro stanno affrontando la campagna nazionale per le primarie. Sul quadro nazionale sono alleati col Pd, a livello siciliano non si rompe la coalizione ma questa rischia di non avere un futuro perché il percorso nazionale diverge. Basti pensare ad un elemento, Vendola è venuto in Sicilia durante la campagna a parlare delle sue primarie. Questo crea una confusione, non è forse essenziale ma ha messo in discussione la credibilità della lista.
Sel alla fine quando non aveva più Fava ha lasciato gestire tutto ai locali. C’è stata una fase di stagnazione, nonostante ad esempio ci fosse la raccolta unitaria di firme per la difesa dell’articolo 18 servivano anche altri elementi a stimolare una coerenza con la situazione nazionale. Fava era percepito come guida di una esperienza di esempio di possibilità e lavorava per questo, forse un buon risultato avrebbe avuti effetti interessanti ben oltre lo stretto. Ma non è accaduto, nonostante Fava abbia continuato a spendersi generosamente.
Ma si è tenuto sufficientemente conto di quella disperazione e di quella rassegnazione che si vive tanto in strati sociali della Sicilia e che fa pensare ad una situazione greca?
Si e sappiamo bene che ci sono vaste aree della popolazione, soprattutto giovanile ma non solo, che vive disoccupazione o sotto occupazione. C’ da tempo un allontanamento dalla politica, ci sono forme di rassegnazione e di abbandono di aree vaste che non hanno votato neanche Grillo.
Dovremmo interrogarci sul perché non siamo riusciti a leggere attentamente la loro condizione analitica né ad intercettarne i bisogni , costruirci iniziativa politica. Oltre alla disperazione e al vasto astensionismo ci sono condizioni che ricordano la Grecia ma neanche Grillo è in grado di captare le potenzialità inespresse di costruire una seria critica alla politica e spetterebbe a noi farlo. Dobbiamo, lavorare noi per una Syiriza in chiave nostrana rivolgendosi soprattutto ai giovani e alle masse che si sono auto emarginate dalla battaglia politica, elaborando in maniera partecipata, una proposta utile. Ma si tratta di un tema che riguarda tutto il Paese, la Sicilia è solo la punta dell’iceberg.
Ora cosa pensate di fare?
Ripartiamo dal risultato, da un partito che si è impegnato a fondo e che ha anche lavorato bene e questo è un fatto positivo. Dobbiamo mettere a frutto capacità e competenze che sono emerse, e consolidare questa esperienza per costruire un cartello di opposizione extraparlamentare e per poter elaborare, come partito, una posizione politica gettandoci nelle vertenze territoriali per la difesa dei posti di lavoro, raccogliendo le firme per i referendum Sono passati pochi giorni ma dobbiamo interrogarci per costruire una proposta che abbia un punto di riferimento e che si rapporti con l’emarginazione sociale. Ci sono settori che possono esprimere una forte spinta verso il cambiamento. Noi dobbiamo comprenderne le loro condizioni sociali per costruire una sinistra ampia. A partire da noi, stando dove si esprime lo scontro di classe. Il partito si sente caricato anche dopo questa sconfitta e si vuole rimettere in piedi per andare avanti. Trarremo insegnamento da questa esperienza ma andremo avanti.