ferrero-02Intervista di Ettore Colombo a Paolo Ferrero da Liberazione del 6 agosto 2009
«Siamo alla solita, consueta, operazione di depistaggio messa in atto dalla Lega di Bossi e Calderoli. Prima scagliano – e il più lontano possibile – la pietra, poi nascondono la mano. Nel frattempo, l’effetto domino è assicurato». Non ha dubbi, il segretario del Prc Paolo Ferrero, nel commentare la (finta) retromarcia effettuata nel giro di mezza giornata dall’ineffabile ministro Roberto Calderoli (padre dell’indimenticabile e indimenticato “Porcellum”), che prima ha proposto, sic et simpliciter, le gabbie salariali, per i lavoratori del Sud e poi ha finto la mezza marcia indietro, dicendo però non “mi sono sbagliato”, ma “buste paga diverse parametrate sui diversi costi della vita tra Nord e Sud”. Se non è zuppa, è pan bagnato. Eppure, in diversi ci sono cascati. O, meglio, ci cascano volentieri. A partire dalla Cisl di un altro ineffabile, Raffaele Bonanni. Persino la Uil di Luigi Angeletti non ha avuto il cuore di seguirlo, su questa via. Eppure, «con l’attacco al contratto nazionale che si è aperto “grazie” all’accordo del 22 febbraio scorso da un lato – spiega Ferrero – e con il varo del federalismo fiscale dall’altro, siamo allo smantellamento della validità erga omnes del contratto nazionale di lavoro, come hanno denunciato insieme, e da subito, i segretari della Fiom e della Fp-Cgil Gianni Rinaldini e Carlo Podda. Per via contrattuale di sicuro e magari, prima o poi, per via legislativa. Sintomatico che l’opposizione parlamentare, dall’Udc al Pd, passando per l’Idv di Di Pietro, sia favorevole. Questa è la vera “notizia”. Il resto è solo puro depistaggio».
La battuta di Calderoli sulle gabbie salariali lo possiamo derubricare a “colpo di sole” estivo oppure c’è dietro di molto peggio?
Dietro c’è un attacco in grande stile al contratto nazionale di lavoro, cominciato con gli accordi di palazzo Chigi del 22 febbraio. Né, da parte della Lega, ci sono precisazioni che tengano. La Lega continua a voler provocare la guerra tra i poveri e tra Nord e Sud del Paese, quando invece il problema sempre più grave dell’Italia è “la guerra” vera e propria che i ricchi conducono contro il lavoro dipendente, in nome di profitti personali e speculazioni di ogni tipo. Del resto, qualsiasi politica di differenziazione salariale, e da chiunque proposta, è frutto di una cultura segregazionista, che non può aver altro effetto che quello di cristallizzare le sperequazioni secolari di cui soffre il nostro Paese, a partire da quelle tra Nord e Sud. La sola risposta davvero efficace e credibile è intervenire per aumentare finalmente i salari, che in Italia hanno raggiunto i livelli più bassi d’Europa, e ridurre le tasse sul lavoro dipendente, che sopporta da solo tutto il carico della pressione fiscale. Bisogna invece far pagare le tasse ai ricchi, aumentare stipendi e pensioni.
Passiamo al dramma dei lavoratori della Innse. “Mentre Roma discute, Sagunto viene espugnata”, viene da dire… Le istituzioni dormono?
No, nient’affatto. Le “istituzioni”, come le chiami tu, e cioè il governo, ma anche gli enti locali, a partire dalla Regione Lombardia, adottano molto più semplicemente la loro politica classica: far pagare la crisi ai lavoratori, quando invece la dovrebbero pagare i ricchi. E anche speculatori, evasori fiscali, spacciatori di finanza falsa e fallita, oltre a camorristi e mafiosi veri e propri, tutti grandi beneficiari del decreto anti-crisi, “grazie” allo scudo fiscale. Il caso, altamente drammatico, dell’ Innse di Milano, dove da giorni gli operai proseguono, anche da sopra una gru, una lotta decisiva contro lo smantellamento della loro azienda, però, ci sta insegnando molto, a partire dalla capacità di quegli operai di “sfondare” il buco dei media. Ecco perché bisogna saper generalizzare il conflitto. Ecco perché, a partire da settembre, e cioè da un autunno che sarà drammatico, bisogna costruire e articolare vertenze e conflitti dappertutto, generalizzando le lotte e ponendo a tutto il Paese il “vero” problema, il dramma sociale che vivono migliaia di lavoratori.
“Facile a dirsi, difficile a farsi”, direbbe Brecht. I lavoratori precari, per dirne una, sembrano silenti, ammutoliti e travolti dalla crisi…
Infatti, e proprio per questo, bisogna saper generalizzare le lotte, schierandosi dalla parte della Cgil e del sindacalismo di base, ma anche fornendo loro un supporto diretto e fattivo, come cerchiamo di fare noi di Rifondazione. Lavoratori che stanno perdendo o hanno già perso il posto di lavoro, che sono in cassa integrazione, e lavoratori precari che vengono sbattuti fuori con un semplice cenno della mano, dai loro padroni, devono unirsi nelle lotte e dotarsi di una forza potente, ampia, generalizzata e, come dimostra la Innse, efficace.