Dalla padella alla brace. Se l’ex ministro Paolo Ferrero aveva introdotto dei meccanismi efficaci per contrastare l’emergenza abitativa, ora i piani «creativi» di Giulio Tremonti cancellano il poco di buono fatto finora
di Giacomo Sette
I dati sulla casa sono infatti impietosi: sono già 600 mila le famiglie escluse dal mercato immobiliare che attendono in graduatorie l’assegnazione di un alloggio popolare. L’edilizia pubblica è in ginocchio e nel paese si costruiscono in media solo 1500 case popolari l’anno. Ora anche fasce della popolazione, prima non toccate dal dramma alloggio, non se la passano bene: nel 2007 100 mila sono state le richieste di sfratto (30 mila quelli eseguiti, tra questi l’80% avviene per morosità).
Chi si era comprato casa con un mutuo non sta meglio. L’ammontare delle sofferenze bancarie che fanno capo alle famiglie italiane è cresciuto dell’8,45% e ha sfondato quota 11 miliardi di euro. Una delle cause è l’aumento dei tassi di interesse a livello internazionale. In questo quadro la legge 9 del febbraio 2007 dell’ex ministro Ferrero puntava a tamponare la crisi intervenendo in prima battuta sul blocco degli sfratti (per non buttare per strada migliaia di famiglie) e in seconda rilanciando il ruolo del pubblico. Blocco comunque che finirà il 15 ottobre prossimo per le fasce deboli e il 31 agosto per le altre. E Tremonti non è interessato a rinnovare la proroga. «Nel progetto Ferrero era previsto un passaggio dalla precarietà alla stabilità lavorativa», spiega Massimo Pasquini dell’Unione degli Inquilini, infatti «chi stava sotto sgombero veniva tutelato attraverso il recupero delle case popolari e del demanio statale».
Si scopre infatti che nel paese esistono 20 mila case popolari «murate». Di cui 2500 solo a Milano. Appartamenti, prima occupati e poi sgomberati, a cui è stata murata la porta per il rischio di nuove «visite» abusive. Nella legge 9 era previsto il loro recupero e si investiva sull’edilizia pubblica. Solo in ultima battuta si apriva all’housing sociale (un canone agevolato per le famiglie che pagano l’affitto direttamente al privato). E i costruttori erano comunque vincolati da piani urbanistici: non avevano insomma carta bianca. Invece Tremonti smantella il ruolo del pubblico sposando in toto la causa dei palazzinari. È nelle loro mani adesso la risoluzione dell’emergenza abitativa. «È un classico della destra: usa un problema sociale per foraggiare il privato invece di risolvere il problema», afferma Ferrero che, pur essendo in fase di autocritica sul suo bilancio all’interno dell’esecutivo Prodi, rivendica totalmente il suo piano casa. Al massimo, dice, «era troppo limitato come risorse». Su questo punto replica Angelo Fascetti, dell’Asia Rdb, che vede nei 550 milioni di euro stanziati «una goccia nel mare»: «Fondi – dice il sindacalista – insufficienti alle esigenze del paese. Il governo Berlusconi peggiora però ulteriormente la situazione». Tutte le associazioni del settore sono d’accordo sul respingere «con forza» il piano Tremonti. Pensando, ognuno nelle sue forme, a un autunno caldo.
È sulle case sfitte e la speculazione immobiliare dei costruttori le vere partite da giocare per contrastare il governo. Il movimento di lotta per la casa capitolino Action, ne è conscio. «L’emergenza abitativa ha come responsabile per il 90% i privati e per il 10 chi governa – spiega Fabrizio Nizi, uno dei leader – Dopo la morte dell’ecocanone i furbetti del quartierino hanno solo speculato sul mercato». Avvantaggiati da dieci anni di deregulation e cartolarizzazioni. Tremonti sembra fare loro il favore finale, non vincolando per niente il loro operato. Con il pubblico completamente assente. Le stesse famiglie che usufruiranno dell’housing sociale non verranno stabilite dai comuni in base alle liste ma dai costruttori stessi. «Non contrasto in generale l’housing sociale – aggiunge Nizi – ma non dando ai privati freni nella costruzione, bensì agevolazioni, questo strumento alimenta il rischio speculazione». Intanto senza la proroga del blocco degli sfratti decisa dal governo si intravede sì un autunno caldo, ma anche un inverno freddo per tutte quelle famiglie che rischiano di passarlo per strada.
(il manifesto, 7 Agosto 2008)